Così Marc Stein nella sua newsletter per The New York Times su Giannis Antetokounmpo.
I Milwaukee Bucks hanno tempo fino al 21 dicembre per convincere Antetokounmpo a firmare un’estensione di cinque anni da 230 milioni di dollari. Così fosse, l’incapacità di Milwaukee di acquisire Bogdanovic dopo la convinzione di aver chiuso l’affare diventerà una nota a piè di pagina.
Se Antetokounmpo deciderà di non firmarlo per allora, la sua situazione contrattuale aleggerà sulla franchigia come una nuvola minacciosa per tutta la stagione, specialmente se i Bucks incorreranno in sanzioni a causa delle indagini della NBA per tampering.
Milwaukee ha risposto al fallimento dell’accordo di Bogdanovic concludendo accordi per coinvolgere un gruppo di giocatori di ruolo utili alla necessità: le guardie D.J. Augustin e Bryn Forbes e le ali Bobby Portis e Torrey Craig – ma questo lavoro di assemblamento può essere valutato solo nel contesto dell’unica firma che conta: quella di Antetokounmpo.
Per due settimane, prima che delle vicende Bogdanovic e Holiday, c’erano stati “brontolii” promettenti nei circoli della lega che Antetokounmpo fosse pronto a firmare l’estensione. Si stava formando la convinzione che Antetokounmpo avrebbe probabilmente optato per una sicurezza finanziaria immediata firmando prima della stagione e riservandosi tranquillamente il diritto di provare a forzare uno scambio in seguito in caso di insoddisfazione, come ha fatto George una stagione dopo il rinnovo a a Oklahoma City.
E adesso? Bogdanovic ha firmato con gli Atlanta Hawks e Milwaukee è avvolta da un silenzio inquietante, in attesa del ritorno di Antetokounmpo da un viaggio vacanziero in Grecia.
Se Antetokounmpo rifiutasse di firmare, Milwaukee sarebbe nella stagione più lunga e scomoda da quella di Durant a Oklahoma City nel 2015-16.