L’8 agosto 2019 è un giorno che ha condizionato come pochi altri le prospettive NBA del ‘nostro’ Nico Mannion. Il motivo? L’infortunio al ginocchio di Brandon Williams, playmaker sophomore dei Wildcats e principale alternativa a Nico in regia.
Il piano di coach Sean Miller prevedeva l’utilizzo di Williams – oltre 11 punti e 3 assist di media da freshman– e Mannion insieme nel backcourt, assetto ideale per consentire a Nico di mostrare anche il suo talento in fase di realizzazione.
Non è andata così, i Dei del basket ci hanno messo lo zampino, cambiando ruolo e peso specifico del nostro.
Per diversi motivi i vari Hazzard, Baker Jr e Smith non sono riusciti ad emergere, lasciando così a Mannion tutta la responsabilità di far girare la squadra. Soprattutto a inizio stagione era evidente la differenza tra la combo guard elettrizzante apprezzata durante il periodo nella High school e il giocatore che cercava di mettere ordine nelle trame offensive dei Wildcats.
Impegnato a rifornire di palloni gli altri due prospetti NBA del roster, il 3 and D Josh Green –suo amico e compagno di squadra nei circuiti estivi- e il big man Zeke Nnaji. Due finalizzatori di gioco, che non hanno nelle loro corde ciò che serve per gestire la palla, per creare occasioni favorevoli per i compagni.
Tutto o quasi sulle spalle di Nico quindi, un compito decisamente gravoso per un freshman senza le caratteristiche e gli istinti del playmaker ragionatore.
Compito che ha finito per pagare, soprattutto in termini di efficienza offensiva, con percentuali piuttosto negative.
La sua mappa di tiro:
Guardando più a fondo però scopriamo che si tratta in gran parte canestri costruiti da solo. Ha realizzato su assist di un compagno il 25% dei suoi tiri al ferro, l’11% di quelli dalla media distanza ed il 60% delle triple.
Basta vederlo in una qualsiasi partita per rendersi conto delle tante soluzioni che può creare dal palleggio, sia per sé che per la squadra. Padronanza da veterano nei giochi a due, un floater che cerca spesso e un jumper che funziona molto bene sugli scarichi -1.08 punti per tiro in catch and shoot, ben 1.34 in quelli ‘unguarded’- ci suggeriscono che Mannion non avrà grossi problemi a dare una mano in attacco anche al piano di sopra.
Chiaramente non è un prodotto finito, deve lavorare in palestra per rinforzarsi e sostenere meglio i contatti, in modo da attaccare più spesso l’area. Tiro dal palleggio e decision making sono altri due aspetti in cui può migliorare molto. E poi la difesa, dove Nico non lesina di certo energie, nonostante un’apertura alare decisamente a suo sfavore. Anche qui, il lavoro in palestra non potrà che fargli bene.
Non dimentichiamo un dettaglio fondamentale, Mannion ha 19 anni e mezzo….
Come per il 99% degli atleti scelti al Draft, per la sua crescita sarà decisivo il team che deciderà di puntare su di lui. L’ondata di GM ‘moderni’ che ha invaso la NBA punta molto sullo sviluppo dei propri talenti, anche in sinergia con il team di G League affiliato.
Potrebbe toccare anche a Nico un giro nella lega di sviluppo, specialmente se verrà scelto da una contender, o comunque da una squadra che non avrà come priorità la crescita dei giovani.
I principali mock Draft lo danno tra fine primo giro e inizio/metà del secondo. Un netto calo rispetto all’estate scorsa, quando più o meno tutti lo ritenevano materiale da lottery.
Viene da chiedersi come sarebbe andata senza l’infortunio di Williams…
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