Urania: Jacopo Di Bernardini altra conferma nello staff medico/fisico

Urania: Jacopo Di Bernardini altra conferma nello staff medico/fisico

Di Bernardini è fisioterapista della truppa di coach Davide Villa. 

Continua il viaggio nel Mondo Urania per conoscere meglio i protagonisti che, pur non lavorando sotto i riflettori, contribuiscono a dare energia e contributi importanti ai Wildcats. Oggi è il turno di Jacopo Di Bernardini, (30 anni, romano, da qualche anno milanese di adozione) fisioterapista della truppa di coach Davide Villa.
Il tuo percorso professionale prima di Urania, da dove nasce la passione per il tuo lavoro e per il basket.
“La passione per il basket è da sempre presente nella mia vita ed in quella della mia famiglia. Infatti è stato mio padre il “colpevole” da cui tutto ha avuto inizio, lui ebbe anche il privilegio di allenarsi e giocare con l’allora straordinario Bancoroma che furoreggiava negli anni ‘80. Ho iniziato a giocare sin dalle elementari, militando poi successivamente, per diversi anni, soprattutto nella serie C laziale, mentre ancora gioco nella stessa categoria lombarda. Da giovane giocatore guardavo sempre con grande curiosità al lavoro del fisioterapista della squadra, così una volta concluso il liceo ho deciso  di intraprendere questo percorso, anche se con non poche difficoltà. A Roma i posti per poter studiare fisioterapia sono veramente pochissimi, così iniziai studiando come infermiere (scelta che ancora oggi, specialmente con gli “infortuni in acuto” , mi torna molto estremamente utile). Una volta riuscito ad accedere al corso di laurea finii rapidamente gli studi, con il massimo dei voti, ed iniziai a lavorare come fisioterapista per alcune squadre romane. Nel 2014 mi sono trasferito a Milano, ho lavorato in carcere, collaborando anche con alcuni centri per ragazzi disabili, in cliniche e in studi privati. Il tutto continuando il mio percorso di studi, soprattutto nell’ambito della terapia manuale e della manipolazione, temi che da sempre mi appassionano. Ampliando così il mio bagaglio di conoscenze il più possibile. Ed arriviamo quindi alla chiamata, nell’estate 2019, di Urania. Proposta che ho immediatamente accettato e che mi dato la possibilità di conciliare il lavoro con la mia passione”.
In cosa consiste il tuo lavoro quotidiano con la squadra.
“Il mio lavoro quotidiano generalmente inizia già prima dell’allenamento dalle fasciature preventive, massaggi scaldanti e trattamenti vari. Durante l’allenamento sono a disposizione per “infortuni in acuto” e trattamenti degli infortunati. Cerco anche di organizzare le sedute e le terapie strumentali presso “Azimut”, il nostro centro d’appoggio. Momento che può essere un’opportunità  per confrontarsi con il nostro medico, il Dottor Mario Borroni. Per poi riprendere subito dopo l’allenamento con i vari trattamenti defaticanti o per trattare dolori subentrati dopo lo sforzo fisico. Questo ci porta poi al momento per cui ci si prepara per tutta la settimana, la partita. Sono presente ovviamente anche a tutte le gare, interne ed esterne, dei Wildcats, dove forse si fatica un po’ meno (almeno durante il gioco ) ma c’è tutta una parte di organizzazione che richiede altrettanta concentrazione. Anche in un gesto semplice, come può essere quello di passare una borraccia. Questo è quello che concretamente è il mio lavoro, essendo però poi l’unica figura sanitaria presente sul campo tutti i giorni (oltre a Daniele Gromero), c’è poi tutta una parte che non si vede ma che è comunque importante. A volte indossi i panni” (sorride Jacopo) di uno psicologo, infermiere, magazziniere, segnapunti, taxi. Ci si aiuta l’uno con l’altro, come nelle vere grandi famiglie, anche nelle piccole cose organizzative. Che comunque vanno fatte, per consentire alla squadra di essere messa nelle condizioni migliori e di pensare solo a giocare”.
Interazione con staff medico/sanitario, come funziona questa sinergia.
“E’ vero, si tratta esattamente di una sinergia. Per quanto riguarda lo staff medico abbiamo Mario Borroni (il nostro medico come ho ricordato prima), che è presente a tutte le partite in casa. Generalmente se c’è un infortunio sono il primo a valutare il caso, se lo ritengo opportuno lo invio a Mario per la visita, il quale imposterà già un piano terapeutico, oppure prescriverà prima ulteriori esami. Altrimenti mi confronto direttamente con lui per infortuni meno gravi e decidiamo, consultandoci anche Daniele Gromero (che si occupa della parte atletica), che tipo di strategia mettere in atto. Insieme viene stabilito un piano per tutto il percorso di ritorno all’attività, per le terapie strumentali, i trattamenti riabilitativi specifici o osteopatici, coinvolgendo il centro di riabilitazione “Azimut”. Consentendoci di fatto di assistere a 360 gradi, e costantemente, l’infortunato. Così lavora lo staff sanitario, ma mi piace pensare che tutto lo staff Urania (allenatori compresi) sia parte di questo meccanismo che funziona molto bene. Ci si confronta e si trova il giusto compromesso tra quello che è la rapidità per la ripresa da un infortunio, ed il ritorno all’attività in tutta sicurezza. Ci possono essere sicuramente diversità di vedute, perché non è facile dover decidere se un giocatore può o meno rientrare in campo o se deve saltare un allenamento, ma ascoltandosi e appunto lavorando tutti in sinergia si riesce ad individuare collegialmente la scelta giusta”.
Obbiettivi e progetti legati alla stagione, al tuo lavoro ed a quello di equipe nel seguire la squadra per il 2020/21.
“Il mio obbiettivo per questa stagione penso che sia quello condiviso da tutti: fare bene. Siamo una squadra, si vince e si perde tutti insieme. La scorsa stagione si è interrotta sul più bello lasciandoci tutti un po’ con l’amaro in bocca. Il desiderio è quello di dimostrare di essere in grado di poter fare ancora meglio dello scorso anno. Per quanto riguarda i miei progetti futuri, a breve e medio termine, invece c’è il desiderio di continuare a crescere professionalmente. Studiando ed approfondendo sempre di più le mie conoscenze, di pari passo con il lavoro. Vorrei chiudere con un augurio per il futuro che faccio a me, ma anche a tutti i colleghi. E cioè che questa passione un giorno possa consentirci di fare diventare questa professione come l’unico, nostro, lavoro. Perché dietro ci sono tante componenti: tanta professionalità, tanta preparazione e, sopratutto, tantissimo tempo ed energie”.