Una stagione in 10 atti: da Monaco a Monaco passando per Tel Aviv e la Tempesta Perfetta

Una stagione in 10 atti: da Monaco a Monaco passando per Tel Aviv e la Tempesta Perfetta

La stagione di EuroLeague di Olimpia Milano rivista in dieci atti

L’EuroLeague dell’Olimpia è cominciata a ottobre, a Monaco, quando nessuno avrebbe mai immaginato che le due squadre di fronte quella sera all’Audi Dome, a porte rigorosamente chiuse, sarebbero state protagoniste dei playoff. La mattina della partita, l’Olimpia si recò al palazzo per il consueto allenamento. La porta era chiusa, qualcuno doveva aprirla. Fu Zach LeDay a bussare energicamente presentandosi. Intoppo risolto in un attimo. La porta si aprì. E’ un frammento che identifica la stagione di Milano.

CAPITOLO 1: LA TRIPLA

In una battaglia senza esclusione di colpi, durissima, l’Olimpia ha vinto subito la sua gara d’esordio a Monaco. E’ stata la prima di 10 vittorie esterne, sintomo inequivocabile di una stagione senza fattore campo. Il canestro decisivo l’ha segnato nel supplementare Shavon Shields. L’eroismo di Shields è stato il preludio ad una stagione superba dal punto di vista individuale, ma non ha detto molto di un esordio in cui invece era stato a lungo autore di una prova normale. Il suo jumper è stato preparato dallo scarico di Malcolm Delaney. Poi la difesa ha tenuto sul possesso decisivo. Tiro da tre e difesa. Due delle armi migliori dell’Olimpia lungo tutta la stagione.

CAPITOLO 2: LA RIMONTA

L’Olimpia ha vinto le prime due partite della stagione. La seconda contro l’Asvel Villeurbanne ha lasciato strascichi di paura dentro il gruppo. Nelle ore successive alla partita di Milano, la squadra francese ha denunciato numerosi casi di Covid-19 e per venti giorni non ha più giocato in EuroLeague. L’Olimpia fortunatamente è uscita indenne dallo scontro con l’Asvel, poi ha affrontato il primo doppio turno della stagione. Nessuna squadra di EuroLeague può fare strada se non è in grado di gestire al meglio i doppi turni. L’Olimpia ha finito per giocarne 10 per 20 gare di cui 13 vinte. Nel primo doppio impegno stagionale, ha perso ad Atene con l’Olympiacos e due giorni dopo si è trovata ad affrontare una squadra contro cui aveva perso le 14 gare precedenti, il Real Madrid, in casa. Oggi è difficile ricordarlo, ma l’Olimpia ha affrontato quella partita priva di Kevin Punter e Vlado Micov. Il primo si era infortunato al debutto in Serie A a Reggio Emilia, il secondo durante la finale di Supercoppa. Punter ha giocato la sua prima partita il 18 novembre contro la Stella Rossa, Micov due settimane prima a Valencia. Ma in quella gara con il Real Madrid è successo che Malcolm Delaney dopo neanche cinque minuti di gioco si sia seriamente infortunato alla caviglia cadendo sul piede di un avversario. Senza tre giocatori, considerabili tre starters, l’Olimpia è scivolata sotto di 14 punti in tre diverse occasioni, l’ultima a 24 secondi dalla fine del primo tempo. Il canestro sulla sirena di Sergio Rodriguez ha chiuso il primo tempo, ma anche avviato una rimonta clamorosa. L’Olimpia ha vinto il secondo tempo 47-28. Rodriguez, sei anni al Real Madrid, madrileno di adozione anche se non di nascita, ha segnato 25 punti in quella partita, alcuni canestri sono stati strabilianti.

CAPITOLO 3: KYLE HINES IL PLAYMAKER

Senza Delaney e con la necessità di proteggere le energie di Sergio Rodriguez, già nella partita con il Real Madrid il Coach Ettore Messina non ha esitato ad affidare la palla, in particolari situazioni, a Kyle Hines. Un centro che porta palla è inusuale, ma Hines è un centro inusuale, non solo per la statura, ma anche per il trattamento di palla, l’intelligenza e la capacità appunto di essere un “facilitatore”. Hines lo è stato per tutto l’anno, anche al completo. Quando le difese anticipano i portatori di palla, cercando di forzare la palla in altre mani, Hines non ha esitato a interpretare il ruolo. Ci sono stati momenti, in cui sull’ultimo possesso di un quarto, Hines ha portato palla personalmente per poi scaricarla all’uomo giusto. E’ successo a Monaco all’esordio ed è successo a Mosca contro il Khimki. Ricevitore sempre lo stesso: Gigi Datome.

CAPITOLO 4: THE JUMPER

La seconda vittoria esterna della stagione è arrivata a Tel Aviv. C’era qualcosa di particolare nell’aria quel giorno perché anche sui media locali continuava a circolare questa statistica, questi 33 anni di distanza dall’ultima vittoria su quel campo da parte dell’Olimpia. Anche se alla fine della stagione, il Maccabi non ha raggiunto i playoff, quella gara era considerata ai tempi uno scontro diretto fondamentale tra due squadre di pari rango. La partita è stata una battaglia risoltasi al supplementare. Ci sono stati tanti momenti indimenticabili, ognuno dei quali vale il ricordo: il gioco da quattro punti di Kevin Punter che ha ricucito un disavanzo che sembrava decisivo nel finale; la bomba dall’angolo di Malcolm Delaney nel supplementare, quella di Sergio Rodriguez, ancora nel supplementare, a 31 secondi dalla fine restituendo il vantaggio all’Olimpia, e infine a tre secondi il prodigioso canestro sempre di Delaney per dare la vittoria all’Olimpia. “Avevo un vantaggio di taglia su Scottie Wilbekin e volevo solo portarlo in una delle mie posizioni preferite. E’ quello che ho fatto, ho tirato da una posizione in cui tiro continuamente in allenamento e ho sempre fiducia di segnare”, ha spiegato. Solo che aveva la mano di Wilbekin sul volto e l’obbligo di tirare con una torsione del corpo aerea. Un jumper fantastico.

CAPITOLO 5: IL CAPPOTTO

A metà dicembre l’Olimpia si è imbarcata per una trasferta di cinque giorni a Istanbul a conclusione di una porzione di calendario spietata con tre gare esterne di fila, la prima a Barcellona persa subendo la rimonta dei catalani nel quarto periodo. Ci sono momenti che possono fare o disfare una stagione. L’Olimpia a Istanbul ha giocato due partite di grande cuore. Contro il Fenerbahce doveva essere il giorno di Gigi Datome, indimenticato ex. Ci fosse stato il pubblico sarebbe stata una notte memorabile. L’Olimpia ha dominato quella partita volando a più 20 alla fine del terzo quarto proprio con una tripla di Datome. Alla fine, il divario è stato ridotto a otto punti. Anche questa partita contiene una lezione: in EuroLeague non si concede nulla a nessuna. Il Fenerbahce di dicembre non era la squadra che poi è diventata e nella partita di ritorno a Milano ha restituito gli otto punti di scarto all’Olimpia. Quella sera a Istanbul, il vantaggio avrebbe potuto essere superiore. Due giorni dopo dall’altra parte della città, l’Olimpia ha battuto l’Efes che aveva appena subito 35 punti di scarto a Mosca. “E’ la situazione peggiore perché incontriamo una squadra di grande talento profondamente arrabbiata”, aveva sottolineato alla vigilia Ettore Messina. La partita è stata incredibilmente anomala. L’Olimpia l’ha dominata nel primo tempo, l’ha subita nel terzo quarto in cui ha segnato appena sei punti, poi l’ha vinta rimontando da meno sei nel finale. Con alcune prodezze spettacolari: le due stoppate di Kyle Hines su Moerman e Micic con interventi da “ultimo uomo”, la seconda delle quali ha generato la fuga in contropiede di Sergio Rodriguez firmando il nuovo vantaggio; poco prima Kevin Punter aveva ricucito il disavanzo con un canestro da nove metri e poco dopo ha segnato il jumper dalla media del più quattro. L’Olimpia ha lasciato la Turchia a dicembre con una nuova consapevolezza.

CAPITOLO 6: LA TEMPESTA PERFETTA

“Vedrai che adesso spazzano”. Quando l’Olimpia ha giocato a Madrid la prima gara del girone di ritorno, avrebbe dovuto fermarsi due notti. Il meteo non prometteva nulla di buono e quando la squadra è salita sul pullman per dirigersi al WiZink Center nevicava già copiosamente. Un minimo di preoccupazione ha cominciato a serpeggiare perché in effetti non si scorgevano spazzaneve o spargisale. Madrid stava solo assistendo alla tempesta perfetta. “Vedrai che adesso spazzano”. Invece no, non hanno spazzato e così l’Olimpia si è trovata a rimanere chiusa nel suo hotel per altri due giorni, con una partita in casa con Valencia prevista per il martedì successivo. La domenica sera, senza alternative, la carovana si è spostata faticosamente verso la stazione ferroviaria di Atocha e ha viaggiato per quasi tre ore alla volta di Valencia. Qui si è allenata il lunedì sul campo dei seguenti avversari e con un altro volo è tornata a Milano. I cinque giorni da accampati in Spagna hanno cementato il gruppo, come hanno detto molti. Vero o falso, l’Olimpia ha battuto il Real a casa sua, ed è successo prima che arrivasse la Tempesta Perfetta.

CAPITOLO 7: LA STRISCIA

La vittoria di Madrid ha aperto una striscia di sei successi consecutivi, una striscia interrotta dall’Asvel subito prima di vincere la Coppa Italia, una partita giocata senza Sergio Rodriguez. In EuroLeague strisce come questa lasciano il segno, perché può sempre capitare di incassarne una negativa. Come ha detto fin dal primo giorno Chacho Rodriguez, “quello che conta è come reagisci ai momenti difficili, perché ci sono sempre in una stagione come questa”. L’Olimpia ha risposto vincendo ancora quattro delle successive cinque partite. Il successo di Kaunas è stato quello che ha di fatto “eliminato” lo Zalgiris dalla corsa ai playoff. Quello di Mosca ha avvicinato il traguardo in modo inaspettato.

CAPITOLO 8: LO SHOW

L’Olimpia ha vinto a Mosca per la prima volta dal 2010 giocando un primo quarto sensazionale in cui è andata avanti 30-10. Poi ha difeso il margine da ogni tentativo di rimonta. Le due triple di Kevin Punter alla fine del secondo quarto sono state mortali. Punter in quella gara ha segnato 32 punti, un vero show balistico e atletico. 32 punti in 30 minuti, 9/9 dalla lunetta, una partita stupefacente per un giocatore che fino alla sua stagione da senior al college non era stato considerato da nessuno in termini di prospettive.

CAPITOLO 9: LA QUALIFICAZIONE

A inizio anno si pensava che il traguardo dei playoff fosse collocato a quota 18 vittorie, poi con il tempo l’obiettivo è stato spostato a quota 19 e infine a 20. La ventesima è stata la più sofferta. L’Olimpia l’ha cercata a Vitoria contro una squadra in forma smagliante, poi è rimasta in viaggio – otto giorni totali – per giocare a Venezia e trasferirsi con la pressione del traguardo vicino ma non ancora conquistato a Belgrado e poi Atene. L’Olimpia ha cancellato ogni dubbio vincendo subito nettamente a Belgrado contro la Stella Rossa in una partita affrontata con grande determinazione e coraggio, senza lasciare spazio a nessuno. “Avevano cominciato a dubitare di voi, avete risposto con una partita di grande durezza, complimenti”; ha detto Coach Messina al gruppo nello spogliatoio dell’Asa Nikolic Hall.

CAPITOLO 10: THE PLAY AND THE BLOCK

La rimessa con 1.2 secondi da giocare che ha dato la vittoria all’Olimpia in gara 1 era stata già eseguita con successo contro il CSKA. In quell’occasione, Kyle Hines aveva subito il fallo e l’1/2 dalla lunetta aveva forzato il tempo supplementare. Contro il Bayern, “The Play” ha funzionato alla perfezione. Con così poco tempo da giocare sai di non avere seconde chance, non potrai mai segnare a rimbalzo, non potrai palleggiare, potrai solo ricevere e tirare che comunque è meglio di poter solo segnare su un passaggio alley-oop. Ma il passaggio alley-oop è stato tutto quello di cui l’Olimpia ha avuto bisogno. Osserviamo il gioco: Malcolm Delaney esegue un grandissimo passaggio lungo per Zach LeDay e LeDay è strepitoso nel controllare la palla e reindirizzarla sul tabellone. Questa è la vetrina. Dietro ci sono: il movimento da “decoy” di Sergio Rodriguez, che usa il blocco di Kyle Hines per dare la sensazione di poter ricevere e tirare da fuori, lui che era in quel momento il più “caldo”. Invece Rodriguez non riceve ma si dirige sul lato debole dove è posizionato Zach LeDay. Succede questo: con Hines che con un blocco ferma due avversari, permette a Rodriguez e LeDay di giocare due contro uno. Il difensore del Bayern, Jalen Reynolds, sceglie di restare con Rodriguez e così si espone al taglio backdoor di LeDay. Quante cose sono dovuto andare bene? L’Olimpia aveva un timeout nella faretra; Delaney ha eseguito un passaggio perfetto “sopra” tre difensori, con la freddezza di usare tutto il tempo a disposizione; LeDay ha dovuto tagliare nel modo giusto, ricevere e concludere correttamente; Rodriguez e Punter hanno incrociato per tenere impegnata la difesa e creare due diversivi; Hines ha piazzato un blocco strepitoso per facilitare il lavoro dei compagni. Quel canestro è stato convalidato in termini di importanza dalla vittoria nella serie che è stata resa possibile in Gara 5 dagli ultimi secondi di partita di Kyle Hines. Avanti di due, sulla penetrazione di Wade Baldwin, ha eretto un muro sul quale l’avversario è andato a frantumarsi. Palla a due. La deviazione di Hines per Shields ha completato l’opera.