Una storia di convinzione e coraggio, fiducia e dedizione. Una storia da raccontare. Perché lui era destinato al baseball per tradizione famigliare. Fin quasi all’ultimo anno delle superiori il basket era il divertimento. Ma a Tommy Kuhse il batti e corri piaceva meno. E le sue prestazioni nella Muntain View High School avevano convinto lui e il coach. Da lì la decisione. Che poi lo ha portato a una scelta clamorosa: il college Saint Mary’s Gaels, unico di Division I a offrirgli una visita. E il basket. Ma senza borsa di studio sportiva. Insomma, pur di coltivare il sogno cestistico Tommy s’è pagato il primo anno di università.
Kuhse, lei pensava di diventare un giocatore professionista quando scelse Saint Mary’s Gaels.
“Nè alle superiori, né al college avevo pensato alla mia carriera professionale. Non la vedevo, ma sapevo cosa volevo fare. Giocare a basket, mettere piede all’università, laurearmi, l’accordo era in tre anni per eventualmente poi cambiare college e giocare in un altro. E cogliere comunque l’opportunità. Così ho fatto. Sono stato anche fortunato e ho convinto coach Bennett giocando. Mi piacciono le sfide, volevo competere”.
Così ha fatto 6 anni college. E poi ha provato la Nba.
“Ho fatto un anno in G League con gli Austin Spurs, un bel periodo in cui ho imparato molto e non soltanto del gioco. Poi è si è creata l’opportunità di venire in Europa, 3 mesi a Ludwigsburg. Mi è piaciuto subito tutto, accoglienza, intensità delle partite, tifosi.Il mio modo di giocare poi si adattava a perfezione. E così sono tornato con il Rasta Vechta. Grande stagione”
Tra basket Usa ed Europa?
“Il gioco internazionale è più fisico, più tattico. E il primo anno con un coach europeo è molto interessante. C’è grande bilanciamento in attacco e anche tra attacco e difesa nel gioco”
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