Troy Caupain: Stagione difficile ma siamo riusciti a trovare una soluzione

Credit: Ciamillo & Castoria
Credit: Ciamillo & Castoria

Il numero 10 della Leonessa, col suo rientro, è stato uno dei fattori della nuova striscia di successi biancoblu in campionato

Se la Germani Brescia è riuscita a ottenere cinque successi nelle sei gare di campionato disputate nell’ultimo mese, uno dei motivi è da ricercare nel ritorno all’interno dei ranghi biancoblù di Troy Caupain.

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A lungo fermi ai box per un infortunio (con operazione annessa) alla spalla, il numero 10 della Leonessa, da quando ha ritrovato il parquet, ha contribuito in maniera progressivamente sempre più concreta alla risalita in classifica della sua squadra, attualmente nona e in piena lotta per un posto ai playoff (il sesto posto dista solo due punti) dopo esser stata, a inizio marzo, anche tredicesima.

Intravisto dunque da vicino il baratro delle ultime posizioni, la Germani Brescia è riuscita lentamente ma in maniera inesorabile a risalire la china in Serie A dando dimostrazione corale di carattere e grande forza di volontà. Su questi due aspetti anche Caupain (10.7 punti, 3.5 rimbalzi e 4.3 assist le sue medie nella prima lega nazionale quest’anno) si è soffermato nel canonico appuntamento con le “5 domande a …”, rubrica che, questa settimana, l’ha posto al centro dei riflettori portandolo a raccontare, oltre all’annata vissuta fin qui con la Germani, qualche dettaglio in più circa l’amore per il suo cane, il rapporto con la cucina italiana, il suo ambientamento nel Bel Paese e la sua amicizia con John Petrucelli.

Da quando sei rientrato nelle rotazioni, Brescia ha ottenuto cinque vittorie in sei partite. Cosa hai portato in squadra in questa run e cosa ha significato il tuo ritorno per il team e per il tuo allenatore?

Abbiamo avuto una stagione difficile tutto l’anno, con infortuni e alcuni nuovi innesti, ma nonostante tutto quello che è successo siamo comunque riusciti a trovare una soluzione e a vincere partite importanti, a trionfare in Coppa Italia, a battere Milano e Bologna e a qualificarci per i playoff di Eurocup. Tutto ciò è frutto di come il nostro staff tecnico e i nostri giocatori abbiano tenuto duro, della nostra resilienza, della nostra durezza fisica e mentale. Il fatto di aver resistito tutto l’anno ed esser stato in grado di tornare prima della data preventivata da un punto di vista mentale ha permesso al nostro sistema di integrare un po’ più di potenza di fuoco e leadership vocale perché è diverso quando sei a bordo campo rispetto a quando sei della partita. Poter essere sul parquet e toccare con mano quale sia il ritmo del gioco, la fisicità della partita, l’andamento e poter esprimere tutto verbalmente è stato un qualcosa che ci è mancato durante l’anno ed esser tornato a giocare consente al team di aggiungerlo a ciò che ha già.

In questa stagione sei stato a lungo fuori per infortunio e il ritorno in campo non è stato facile, tu hai cercato di mantenere una mentalità positiva, ma cosa ti ha aiutato nei giorni in cui era a casa?

All’inizio è stata dura perché non ero in grado di partecipare, non ero in grado di fare nulla. Poi, all’inizio di gennaio, mia madre è venuta qui e ha portato la mia cagnolina e lì allora probabilmente, dopo un mese dall’intervento, c’è stato un cambio di mentalità perché la mia testa si è dovuta concentrare su di lei. Come tutti i cani, anche la mia ha bisogno di passeggiare, di essere nutrita e porta un’energia positiva che tu devi ricambiare: tutto ciò ha fatto passare i giorni molto più velocemente. Facevo due o tre passeggiate al giorno, andavo fuori, giocavo con lei: in pratica mi alzavo ed era già notte e, con questi orari e questa routine, le giornate sono trascorse rapidamente.

La tua carriera è sicuramente intrecciata in più punti con quella di John Petrucelli con cui ha giocato ai Lakeland Magic e al Ratiopharm Ulm prima di Brescia: qual è il tuo rapporto con lui?

Io e John ci siamo conosciuti durante quello che era il mio primo anno dopo l’università e lui era già professionista in G-League con i Lakeland Magic. All’inizio eravamo solo compagni di squadra che cercavano di vincere delle partite, io ero nuovo e lui mi ha fatto capire come funzionasse quella lega. Tutto è cambiato prima di una partita contro i Long Island Nets (dove lui vive e io, prima di trasferirmi in Virginia, sono nato) è successo che lui avesse bisogno di alcuni biglietti e che mi rispondesse, dopo avergli chiesto a cosa gli servissero, così chiacchierando abbiamo scoperto che i suoi genitori vivono a tre minuti di distanza da dove vive mio padre. Da quel momento, più o meno ogni estate, quando raggiungo mio papà vado sempre a trovarlo e ci alleniamo. Grazie al basket il nostro rapporto è cresciuto. Una volta diventati molto amici, ci siamo ritrovati a Lakeland e lì abbiamo fatto un altro anno fantastico assieme, da allora formiamo una specie di pacchetto completo. Non siamo mai troppo lontani l’uno dall’altro. Come detto, ci vediamo ogni estate, la sua famiglia con la mia sono molto unite e poi, anche per le cose che facciamo fuori dal campo, reputo sia davvero uno dei miei migliori amici, uno dei più stretti.

Hai giocato in diversi Paesi europei: Israele, Germania, Belgio, Turchia e naturalmente Italia. Qual è stata l’esperienza migliore finora? Cosa è cambiato dalla sua prima avventura italiana a Udine a oggi?

Domanda trabocchetto, direi. Quella in Israele è stata una bella esperienza, ero a Tel Aviv, vicino al mare… In Germania ho vissuto una bella avventura a livello cestistico perché abbiamo giocato bene e abbiamo avuto una grande stagione ma era l’anno del Covid…In Belgio sono stato poco sempre a causa del Covid, mentre quello passato in Turchia l’anno scorso è stato un bel momento: ero in una grande città e in termini di pallacanestro abbiamo avuto una stagione fantastica. Anche quest’anno lo ritengo ottimo finora. Brescia è una città piccola ma molto accogliente e questo mi piace molto. I nostri tifosi poi sono molto attaccati alla squadra. In sostanza quindi non saprei davvero dire quale sia stata l’esperienza più bella. Sono stati tutti anni positivi, tutti passati in bei posti dove vivere. Non voglio sceglierne uno piuttosto che un altro: il mio unico pensiero è divertirmi, poter visitare il Paese in cui sto e giocare a basket.

Quando sono arrivato per la prima volta in Italia, a Udine (per il finale di stagione che ci ha visti arrivare fino al secondo turno di playoff) tutto si è svolto molto velocemente. Era la mia prima volta all’estero, in una città non turistica con italiani autentici dove quindi provare a parlare inglese è più difficile rispetto ad altri posti. La barriera linguistica c’era e per questo ho usato sempre Google Traslate quando mi sono trovato in difficoltà ad ordinare del cibo e a capire dove stessi andando. Qui mi ci sono voluti circa due o tre mesi ma una volta entrato nella routine quotidiana, ascoltando le conversazioni, capendo dove andare e i percorsi per arrivare dove avevo bisogno, ho cominciato ad assorbire tutto. Ora comprendo le conversazioni, capisco un po’ di più l’italiano, so come muovermi, come salutare le persone, come ordinare il cibo, so come dire se non mi sento a mio agio con qualcosa, ho fatto mie un po’ di cose e direi, anche perché ormai sono qui da abbastanza tempo, che mi trovo molto più a mio agio.

Hai avuto la possibilità di giocare in NBA: chi, come compagno di squadra o avversario, ti ha impressionato di più?

Il mio giocatore preferito è Kevin Durant. Lo dico chiaro e tondo. Chi mi ha impressionato di più tra le superstar è LeBron James. È stato capace di arrivare a 20 anni di carriera e continua a fare le cose di sempre. I suoi numeri parlano da soli. Sono poi un gran sostenitore e apprezzo tanto Markelle Fultz. Gioca con i Magic ed era lì anche l’anno in cui c’ero anch’io. La sua storia è incredibile: è stato scelto come numero uno, a Philadelphia ha fatto quel che ha fatto, si è infortunato alla spalla, quindi è finito a Orlando, si è fatto male al ginocchio e ora sta giocando ad alto livello. Questo dimostra che se non ti arrendi, continui a crederci e sai di valere un determinato posto questo arriverà da sé. Perciò sono felice per lui.

Ultima domanda extra. Nel tempo libero quali sono i tuoi hobby? Che musica ascolti? Sei anche molto legato al tuo cane…

Sono un tipo sia introverso che estroverso, dipende dai momenti. Il mio hobby preferito è il bowling perché nei giorni in cui sono giù di morale posso sfogarmi tirando la palla più forte che posso. A livello musicale ascolto molto hip hop, afrobeat. Sono un ragazzo solitario, mi piace stare a casa e fare le mie cose in modo rilassato. E poi se c’è il mio cane, possiamo fare le cose assieme con molta energia. Il mio cane l’ho preso quando ero in Germania ai tempi in cui non ci era permesso interagire con le persone. È un grosso rottweiler, gioioso e con molta energia. Ha portato una scintilla nella mia vita in quel frangente: la Germania era chiusa, non potevamo vedere le persone e dovevamo essere a casa alle 20:00 ed è allora che mi ha dato un entusiasmo nuovo direi, perché dovevo sempre tornare a casa con energia positiva. Era la prima volta che possedevo un cane, quindi era una novità anche per me e all’inizio è stato un processo di apprendimento ma ora abbiamo la nostra routine. Lei ascolta bene, è molto socievole e io pianifico le mie giornate attorno lei. Quando torno a casa dall’allenamento, facciamo una bella passeggiata, giochiamo al riporto. Aiuta a distogliere la mia mente da come sono andati gli allenamenti o da quello che sta succedendo a casa portandomi un’ora o due ore a concentrarmi completamente su di lei e a pensare a cose diverse. La considero la mia più grande fortuna finora.

 

Redazione: Golden Flamingo