I segni sono dappertutto. Inconfondibili. Il nonno e la nonna, entrambi sloveni, lasciarono il Paese dopo la Seconda Guerra Mondiale scegliendo la libertà di separarsi dalle famiglie e dalle radici piuttosto che rimanere dietro la cortina di ferro, nell’allora Jugoslavia. Il nonno, Roman Pangos, si recò in Italia, a Udine, e alla fine fu trasferito a Capua, in un campo profughi dove conobbe la futura moglie. Insieme, a un certo punto, hanno lasciato l’Italia per andare dove alcuni parenti si erano già stabiliti, in Canada.
Ma tutto è iniziato in Italia. Sì, in Italia, lo stesso Paese dove a 15 anni, così vicino a Milano da poterla quasi toccare, Kevin Pangos ha guidato una squadra dell’Ontario alla vittoria nel prestigioso torneo di Rho, determinante nel successo sulla squadra lituana in finale. Per lui è stata una specie di Epifania. Non torni indietro quando realizzi qualcosa del genere. Diventi un nome riconosciuto, anche se vieni dal Canada, un paese in cui qualche volta sembra esistere solo l’hockey, persino a casa dei Pangos: lo zio, Jim Koudys, è stato scelto dai New York Islanders nel 1982 e il cugino Patrick dai Washington Capitals nel 2011.
E ancora, il padre, Bill Pangos, ex giocatore che ha allenato la squadra femminile della York University, a Toronto, per circa trent’anni (la sorella di Kevin, Kayla, ha giocato per lui al college), ha incontrato la sua futura moglie (a sua volta un’altra giocatrice di basket) in un camp di basket della zona, chiamato proprio Olympia. Vedete? I segni sono ovunque.
Altre prove? Quando Kevin stava guadagnando credito nel mondo del basket canadese, ottenendo grande visibilità con le squadre nazionali giovanili, Leo Rautins – uno dei migliori giocatori canadesi di sempre – lo ha selezionato per la squadra maggiore prima di una trasferta in Italia, nel 2009. Kevin all’epoca aveva solo 16 anni. La prima uscita fu a Trento, l’Italia dominò quella partita contro il Canada, Andrea Bargnani fu protagonista con 28 punti, era presente Marco Belinelli, c’erano anche Gigi Datome e Peppe Poeta. A risultato deciso, Rautins scelse di fare del suo playmaker di 16 anni il giocatore più giovane che abbia mai giocato per la nazionale maggiore canadese. Kevin quel giorno ha battuto il record detenuto dallo stesso Rautins. Ma non fu un esordio banale: dopo un paio di possessi, Bargnani ruotò lentamente in difesa, concedendo a Pangos il tempo necessario per tirare da tre. Aveva solo 16 anni, ma non fece una piega. Solo rete. Un’altra tripla l’ha centrata poco dopo. Ha concluso la sua prima partita in assoluto in Nazionale segnando sei punti. L’Italia è dappertutto nella sua storia, non solo cestistica. Ora può persino chiamare Milano la sua casa.
Kevin Pangos voleva diventare un giocatore di basket e l’ha voluto fin dal primo giorno in cui ha toccato palla. Era bravo a giocare a hockey, era bravo a giocare a calcio e decisamente bravo a pallavolo. Seguendo l’esempio dei suoi genitori, era un maniaco della vita all’aria aperta, sempre alla ricerca di una partita o di un’attività fisica per intrattenersi, per divertirsi. Tuttavia, il basket scorreva nel sangue della famiglia. Il padre è stato un eccellente guardia tiratrice e in seguito un allenatore rispettato ovunque. La madre era una giocatrice, e così sua sorella. Pangos è nato e cresciuto a Holland Landing, a nord di Toronto, Ontario, lo stato canadese dove il basket è sempre stato un po’ più di uno sport minore, anche se in Canada l’hockey è tutto e Toronto non fa eccezione: è anche la città in cui ha sede la Hall of Fame dell’hockey. Ma di sicuro, Pangos e la sua generazione di giocatori hanno beneficiato dell’espansione canadese della NBA negli anni Novanta. Mentre Vancouver non è durata molto, Toronto è stata tutta un’altra storia. Vince Carter non è canadese, ma ha reso i Raptors rispettabili e persino di moda per una generazione di giovani giocatori. Steve Nash, un autentico canadese, è stato un’altra figura chiave, il giocatore a cui Pangos è stato sempre inevitabilmente paragonato, vista la taglia fisica simile e il ruolo in campo identico. Carter e i Raptors, Nash, hanno aperto una strada.
La maggior parte dei giovani giocatori canadesi, tuttavia, anche adesso sono costretti a lasciare il paese da adolescenti per andare a studiare negli Stati Uniti, ottenere la visibilità necessaria per diventare nomi noti e magari raggiungere la NBA. Questo tipo di percorso ha funzionato bene per molti giocatori. Anthony Bennett non ha avuto successo nella NBA, ma è stato il giocatore scelto al numero 1 nei draft del 2013. Andrew Wiggins è stato selezionato primo assoluto nel 2014 ed è diventato un grande giocatore prima a Minnesota e ora a Golden State. Molti altri canadesi stanno producendo carriere NBA di successo: Jamal Murray a Denver, Shai Gilgeous-Alexander a Oklahoma City, RJ Barrett a New York e così via. Naz Mitrou-Long, l’altro nativo dell’Ontario che è arrivato quest’estate all’Olimpia, ha percorso la stessa strada, trasferendosi negli States a 15 anni.
Pangos in questo senso è stato diverso. Ha resistito alla tentazione di trasferirsi negli Stati Uniti e ha deciso di finire il liceo alla Dr. Denison High School, proprio a casa. Ha ottenuto lo stesso la visibilità che serviva, perché dopo la vittoria nel torneo di Rho, con la squadra dell’Ontario, è diventato un elemento interessante per le nazionali giovanili canadesi.Nel 2009, infatti, ha portato il Canada alla medaglia di bronzo ai campionati americani FIBA Under 16, segnando una media di 18.4 punti a partita. Grazie a quel risultato, il Canada si è qualificato per i Campionati del Mondo Under 17 del 2010 di Amburgo. Ancora una volta, Kevin ha pilotato il Canada alla conquista della medaglia di bronzo. C’era Anthony Bennett in quella squadra e c’era Andrew Wiggins (che aveva due anni in meno di avversari e compagni in tutta onestà). Kevin ha segnato una media di 15.8 punti e 4.1 assist a partita (ha avuto 13 punti e cinque assist nella vittoria per il bronzo sulla Lituania). L’anno successivo ha guidato il Canada ai Mondiali Under 19 in Lettonia, con una media di 13.5 punti e 3.1 assist per partita.
Rendimento e risultati ottenuti con le nazionali giovanili canadesi gli hanno fruttato numerose offerte di borse di studio dai college americani. Pangos infatti è stato molto vicino a firmare per Michigan. I Wolverines avevano uno slot di playmaker disponibile per Pangos o per Trey Burke, un futuro giocatore NBA. Burke ha detto di sì, Pangos ha chiesto tempo per visitare altre scuole e alla fine ha firmato per Gonzaga, nel nord-ovest del Paese, un college ribattezzato Guard University, perché John Stockton lo rese famoso negli anni Ottanta, quando però Gonzaga era “solo” una scuola situata a Spokane. In seguito, sono arrivati grandi successi e sono emerse tante grandi guardie, sulle orme di Stockton, a cominciare da Matt Santangelo per proseguire con Blake Stepp e David Stockton, il figlio di John che per un po’ è stato compagno di squadra proprio di Pangos. Molti altri giocatori canadesi hanno giocato negli Zags, Kelly Olynik, Robert Sacre solo per citarne alcuni. E altri giocatori stranieri sono andati a Spokane, tra cui Domantas Sabonis, ora una star dell’NBA a Sacramento. Per Kevin Pangos era chiaro che si trattasse del posto giusto.
Nella sua prima partita con la maglia Gonzaga contro Eastern Washington, Kevin è partito dalla panchina. Ha segnato 11 punti, giocando bene, un modo incoraggiante di cominciare una carriera. Ma, sesto uomo, questo non lo è mai stato. Per i successivi quattro anni, non è mai più partito dalla panchina. Nella sua seconda partita, in una partita trasmessa in televisione, contro Washington State, Kevin ha centrato nove triple e segnato 33 punti. Un trionfo. Ha segnato 30 punti anche contro Brigham Young. Ha concluso la stagione con una media di 13.6 punti a partita, è stato nominato rookie dell’anno nella WCC ed è stato incluso nella prima squadra All-WCC. Ma allo stesso modo la stagione non è finita bene per gli Zags. Dopo la sua prova da 30 punti contro la BYU, Gonzaga è stata battuta da St. Mary’s, guidata dall’australiano Matthew Dellavedova. Pangos, che aveva segnato 27 punti nella partita precedente, venne limitato a sette punti. E nel torneo NCAA, la corsa di Gonzaga venne arrestata al secondo turno da Ohio State.
Nella sua seconda stagione, Gonzaga ha perso due volte durante l’intera regular season, a un certo punto, si è trovata al primo posto del ranking nazionale, ha vendicato la sconfitta della stagione precedente sconfiggendo St. Mary’s nella finale della WCC ed è entrata nel torneo NCAA con aspettative altissime. Tuttavia, il secondo round ha rappresentato ancora una volta un ostacolo insormontabile. Colpa stavolta di Wichita State. Pangos però è stato nuovamente incluso nella prima squadra di conference. La stagione 2013/14 è iniziata a Maui, nelle isole Hawaii, Gonzaga ha vinto tre delle prime quattro partite e Pangos si è espresso a livelli altissimi, segnando una media di oltre 27 punti a partita durante la trasferta. Sfortunatamente, in quella stagione è stato afflitto da infortuni di ogni tipo, prima l’alluce, poi il ginocchio. Ha lottato, ha portato la squadra a un record promettente e alla conquista della WCC, oltre ad essere incluso una volta ancora nel primo quintetto della WCC. Nel Torneo NCAA, si è trovato subito costretto ad affrontare un avversario formidabile, Oklahoma State, a San Diego, la squadra guidata da Marcus Smart, una futura scelta di lotteria, adesso nominato difensore dell’anno nella NBA con i Boston Celtics. Kevin ha vinto il duello con Smart segnando 26 punti contro 23 e trascinando Gonzaga a una grande vittoria. Fu però l’ultima della stagione: gli Zags per la terza volta consecutiva furono eliminati al secondo turno del tabellone.
Da senior, Pangos ha toccato i vertici di rendimento più alti, tanto da essere nominato giocatore dell’anno della WCC. Gonzaga ha prodotto un’altra stagione dominante, perdendo una sola volta nella propria conference e due volte in totale. Dopo aver vinto il torneo della WCC per la terza volta consecutiva, tutto quello che Pangos voleva era sopravvivere alla prima settimana del Torneo NCAA. E finalmente ce l’ha fatta. Gonzaga ha sconfitto North Dakota State, Iowa, poi UCLA e ha preparato il terreno per una sfida memorabile contro Duke con le Final Four in palio. In quella partita, Pangos è rimasto in campo 40 minuti filati, senza mai prendersi una pausa. Alla fine, Gonzaga ha perso lo stesso, ma il grande Coach Mike Krzyzewski ha avuto parole spettacolari per Kevin. “Sembra sempre imperturbabile. Ha sempre una bella faccia. Ha una grande faccia da leader”, ha detto Coach K.
Avrebbe dovuto andare NBA. La carriera a Gonzaga parlava per lui. Ma non è stato così, non è stato scelto. I Dallas Mavericks lo hanno ingaggiato per la loro squadra estiva ma dopo avrebbe dovuto prendere la strada della G-League e mettersi alla prova ripartendo da zero. Invece ha deciso diversamente: Pangos voleva giocare al livello più alto possibile, Gran Canaria gli ha offerto una buona opportunità nel campionato spagnolo e in Eurocup, lui ha accettato. I fatti gli hanno dato ragione: la squadra ha raggiunto le semifinali di Eurocup e Pangos è stato nominato nel secondo quintetto della competizione. Il che l’ha portato dritto in EuroLeague, allo Zalgiris Kaunas sotto la guida di Sarunas Jasikevicius. Nella sua seconda stagione in Lituania, giocando accanto a Brandon Davies, Pangos ha portato la squadra a un’inaspettata qualificazione alle Final Four di Belgrado, ed è stato incluso nella seconda squadra All-EuroLeague. Quelle Final Four che non aveva giocato a Gonzaga, le ha giocate a Kaunas.
Da lì è approdato al Barcellona, dove ha ritrovato Davies tra i suoi compagni di squadra. La sua prima stagione è stata eccellente, ma la seconda è stata rovinata, distrutta, dagli infortuni proprio quando Jasikevicius è arrivato al Barcellona per ricreare un pezzo di Lituania in Catalogna. Curiosamente, per rimediare all’infortunio di Pangos, il Barcellona ha ingaggiato Malcolm Delaney. Kevin è tornato per la “Bolla ACB” a Valencia, ma il suo tempo era scaduto. Si è trasferito allo Zenit San Pietroburgo, per disputare un’altra grande stagione, forse ancora migliore dell’ultima di Kaunas. È stato nominato nella prima squadra All-EuroLeague e ha portato lo Zenit per la prima volta ai playoff, ironicamente proprio contro il Barcellona. Ne è venuta fuori una serie memorabile, in cui lo Zenit ha portato il più quotato avversario alla quinta partita dopo aver vinto in trasferta Gara 1 e sfiorato l’impresa anche in Gara 2. Nella serie, Pangos ha segnato 16.2 punti e distribuito 7.2 assist a partita. Ha giocato troppo bene per non avere finalmente una possibilità NBA. Ha accettato meno soldi ed è tornato al di là dell’oceano firmando per i Cleveland Cavaliers.
Non è andata come previsto, in vero. Cleveland era una squadra di alto livello nel suo ruolo, con Collin Sexton, Darius Garland e persino Ricky Rubio. Il suo era un ruolo marginale. È andato in G-League un paio di volte, è apparso in 29 partite e poi alla fine ha ceduto. I segnali sono dappertutto. Udine dove il nonno andò in fuga dalla Jugoslavia, Capua dove il nonno conobbe la nonna, Rho dove divenne un prospetto da seguire, Trento dove divenne il giocatore più giovane in assoluto a vestire la maglia della Nazionale canadese e infine Milano. Un posto che adesso può chiamare casa.
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