Trinchieri: Il razzismo è insopportabile, fa schifo, sta abbattendo lo sviluppo del mondo

Il coach del Bayern ha affrontato diversi argomenti in una lunga intervista

Durante il media day del Bayern Monaco, Begum Unal di trendbasket ha parlato a lungo con coach Andrea Trinchieri.

L’intervista completa:

Dopo due anni di pausa, torni in Germania/Baviera. Quindi vorrei iniziare con questo: come ci si sente a essere tornati? Cosa ti è mancato di più?

Allora, la Germania è un paese molto specifico. È un paese di grandissima disciplina, grande organizzazione: sono tutte cose che piacciono a un allenatore, perché lavorare in un club organizzato è il sogno di ogni allenatore. Non mi piace dire cosa mi è mancato, perché non voglio fare l’errore di pensare che torno in Germania; è come se fossi qui per la prima volta, voglio godermela così. Non mi va di guardarmi troppo indietro. Il mio lavoro è molto veloce, cambia tutto molto molto in fretta. Conosco il paese, Monaco è sempre stato una città fenomenale, è simile a Milano. Io sono di Milano, quindi mi trovo a casa. Ogni giorno mi approccio a questa nuova esperienza come se fosse completamente nuova. E non mi piace portarmi troppi ricordi, perché le cose sono cambiate: io sono diverso, la Germania è diversa, il basket in Germania è diverso.

Come è stata l’esperienza di Belgrado? Perché sei anche croato / jugoslavo…

È stata una delle esperienze più importante della mia carriera sportiva: estremamente piena. È stata una delle scelte più controverse da parte mia, ma tra le più vincenti che abbia mai fatto. È stato tutto, tanto… è stata un’esperienza clamorosa. Sono arrivato in un club in una situazione difficile, ma con l’amore incondizionato dei fans per la squadra, abbiamo realizzato qualcosa di importante. Adesso è un club serio, con dei giocatori forti, che sono diventati forti in questo anno e mezzo che siamo stati insieme. Il Partizan ha anche incassato buyout per alcuni giocatori, come Marinkovic o Landale. Abbiamo vinto tre titoli ed eravamo pronti per molto di più.

[Questo] è un lavoro molto difficile, perché essere l’allenatore del Partizan è una cosa molto speciale. È come essere allenare il Real Madrid o il Bayern Monaco nel calcio: ho lavorato in partite con 20 mila spettatori, è stato bellissimo, indimenticabile e mi ha migliorato moltissimo. Quando ho scelto di andare al Partizan, tutti mi hanno detto “ma tu sei pazzo”, “sei ubriaco”: Io sapevo che era un rischio enorme, ma volevo imparare delle cose diverse. Quindi, è stato indimenticabile e bellissimo.

Il Partizan è un club promettente per il basket Europeo, io la penso così…

Il Partizan è il basket europeo, perché l’Europa non può dire di “no” a un club che ha due milioni di tifosi… però devono anche decidere loro cosa vogliono essere.

Cosa ti ha spinto a trasferirti al Bayern dal Partizan? Forse la sostenibilità della BBL? La mentalità del Bayern?

Tu mi hai posto la domanda come se le due cose stessero assieme. No. Prima ho deciso che non volevo rimanere per una serie di motivi. Dopo più di 25 anni di carriera, credo di avere il diritto di scegliere con chi voglio lavorare. E poi quando ho deciso di chiudere un libro, ne ho voluto aprire un altro e allora, c’è il Bayern. Non è insieme. Sono due tempi diversi.

In un’intervista nel giugno 2014, avevi evidenziato come la BBL fosse il campionato nazionale più promettente in Europa dopo l’ACB. A distanza di qualche anno, la tua opinione è cambiata su questo argomento?

No, la BBL rimane uno dei campionati maggiormente organizzati, con i migliori standard di palestre, di pubblico e di entertainment in Europa. Manca ancora un pezzettino e spero di aiutare a portare questo pezzettino. Secondo me la Germania è un paese di calcio e questo non cambierà mai. Tuttavia, se noi riusciamo a fare una pallacanestro divertente, attraente, possiamo vendere un prodotto migliore. Possiamo avere ancora più successo a livello di pubblico. In Germania manca pochissimo per fare veramente una cosa super, ovvero trovare tifosi più appassionati.

Quali sono i tuoi obiettivi per questa stagione con il Bayern?

Essere una squadra. Quando un tifoso viene a vedere una partita, senza guardare il tabellone, vorrei che dicesse “beh, questi oggi hanno fatto tutto”. Voglio una squadra fully committed, che gioca con grande passione. Però [voglio anche] un basket molto aggressivo di squadra, qualcosa che possa appassionare i tifosi… anche se non mi piace promettere quello che non posso garantire. Non posso garantire che vinceremo tutto, però posso promettere che faremo di tutto per essere la miglior versione di noi stessi.

I giocatori con cui hai lavorato erano generalmente in grado di portare dimensioni diverse ai loro giochi. Brad Wanamaker, Nicolò Melli e Darius Miller sono i migliori esempi di questa tendenza. È difficile gestire tali sviluppi all’interno della struttura del team, quando c’è anche la pressione per portare a casa dei trofei?

È molto difficile… però mi pagano per quello.

Durante la pianificazione, stabilisci tali obiettivi per alcuni giocatori e valuti che direzione potrà prendere il basket che giocherai in termini di possibilità di sviluppo?

Sì. Io ho un’idea generale, poi uso i primi due mesi per vedere cosa sono veramente i giocatori. Perché quando tu fai lo scouting di un giocatore hai un’idea. Ma fin quando non lo vedi in palestra ogni giorno, non sai se è come l’avevi visto. Perché i giocatori sono “sì” loro stessi individualmente, ma ora giocheranno per te e secondo il sistema che gestisci, la cultura, la tua organizzazione ed i valori fondamentali che hai. Quindi adesso sto studiando, sto cercando di capire come far giocare questa squadra: sto parlando con i miei assistenti per delimitare un percorso per alcuni giocatori che devono svilupparsi. Ogni giorno un po’di sale, un po’di pepe, e un po’di peperoncino, così, per capire un po’ cosa fanno e come lo fanno.

Vorrei chiederti di Brad Wanamaker e Nicolò Melli. Tutti e due hanno giocato al Fenerbahce prima di andare in NBA, però noi parliamo sempre di te: “Coach Trinchieri li ha portati a livello NBA.”

Secondo me, lo hanno fatto da soli… io li ho solo accompagnati. Diciamo che il mio lavoro è scegliere il sistema e il modo di utilizzarli più funzionale alla loro crescita. Contemporaneamente, la loro crescita permetteva di vincere le partite.

Hai allenato diverse generazioni -anni ’70, anni ’80, anni ’90 e ora 2000: quali sono le differenze che osservi?

Tu sei giovane e non hai figli. Quando avrai dei figli, capirai che ci sono differenze enormi. Io ti faccio un esempio: quando mio padre o mia madre mi dicevano una cosa importante, non mi concentravo su come me la dicevano, se dicevano “grrr” o se me la dicevano bene. Quando loro aprivano la bocca, era come se aprisse la bocca Dio. Era così. Adesso, quando tu parli con un ragazzo di 17-18 anni (o anche 20), è molto più importante come dici le cose di quello che dici. Se tu non sei capace di farti ascoltare, anche se dici la cosa più giusta, più funzionale, più adatta a quel ragazzo, lui non ti ascolterà. Io ero abituato diversamente: quando parlava un adulto, che meritava il mio rispetto, non mettevo mai in dubbio. È così. Adesso devi trovare un modo di farti ascoltare. E devi imparare a parlare tante lingue diverse: non è il tedesco, il turco, il serbo… ma la lingua che quella persona vuole ascoltare.

Penso che la cosa che più importante con i giovani di oggi è far capire loro che ci tieni. La situazione è molto complicata, perché viviamo una generazione che ha tutto pronto. Il telefono ti dà l’accesso a tutto il mondo: puoi ordinare una pizza, puoi comprare una macchina, puoi comprare un viaggio. Puoi dire a una persona “ti amo”, puoi dire a una persona “ti odio”. Hai tutto qui. Però questo stesso telefono non sostituisce la testa. Far capire questo a chi usa la vita moderna non è facile, è molto complicato. Io non do loro la colpa: bisogna avere molto energia per cercare e trovare il modo di interagire con queste persone.

Il Partizan della scorsa stagione è stata una delle migliori squadre difensive dell’EuroCup. Quanto è adatto il roster del Bayern in questa stagione per replicare quell’impostazione difensiva?

Io non voglio replicare niente: ogni squadra è diversa. Io credo molto che, per una squadra come il Bayern, la difesa sia e sarà fondamentale. Perché in attacco devi seguire un po’ il talento dei giocatori e il talento dei giocatori non lo scegli. In difesa è una questione di sacrificio da voler fare, quindi sarà una difesa diversa rispetto a quella del Partizan. Spero sia egualmente efficace, perché quella del Partizan era eccezionale, anche perché siamo riusciti a mettere insieme tante componenti diverse. Ma non è paragonabile, tutto è diverso. Però sarei molto deluso se la mia squadra, Bayern, non difendesse bene o benissimo. Molto deluso.

Come ti mantieni motivato? Come mantieni motivati i tuoi giocatori? Specie durante periodi “pazzi” come quello che stiamo vivendo…

Come mi mantengo motivato… in due modi. Uno, so che sono una persona fortunata che fa un lavoro bellissimo, dove c’è creatività. Per me è il miglior lavoro del mondo. Quindi so di essere una persona molto fortunata, come direbbero gli americani I’m blessed. I feel blessed. Questo dovrebbe essere sufficiente per essere motivato, per essere il migliore ogni giorno, il meglio di quello che puoi dare. Il tuo meglio ogni giorno. Se non bastasse quello, ho una fortissima motivazione personale: non voglio arrivare alla fine della mia carriera senza aver provato tutto quello che potevo, per diventare la miglior versione di me stesso. Questo vuoi dire guardarsi allo specchio, vedere gli effetti, migliorarsi e aver fame. Stay hungry. Io dico sempre che siamo molto fortunati a fare il lavoro che facciamo.

Dietro ogni successo di un allenatore, di un giocatore, c’è sempre una grande ingiustizia. L’ingiustizia, quella verso stesso, perché per raggiungere il top hai rinunciato alla famiglia, agli amici, al tempo libero a fare delle cose. Quindi siamo molto fortunati, ma facciamo anche noi dei sacrifici, delle rinunce. Senza sacrifici non ci può essere successo, non si può raggiungerlo secondo me. Però bisogna anche ricordarsi che ci sono queste cose. Motivare i miei giocatori non è facile, perché è un periodo di grande incertezza. Non sappiamo cosa succederà domani: possiamo viaggiare? Possiamo giocare? Avremo il pubblico? Quindi cerco di essere molto semplice, lineare: “Avete un talento: non sprecatelo, cercate di lavorare per essere i migliori e farvi trovare pronti quando ci sarà da giocare.”

Vedi gli effetti mentali della pandemia sui giocatori?

Assolutamente, sì. Vedo che c’è chi è negazionista, chi nega il fatto di essere preoccupato ma lo è, poi c’è chi è molto preoccupato, c’è chi spera che questo sia un brutto sogno. È come in tutte le altre cose, no? I giocatori non sono alieni, non vengono da Marte. Sono delle persone prima di essere giocatori. E le persone hanno paure, preoccupazione, felicità, pianti, lacrime… tutto.

Se l’EuroLeague si dovesse giocare in un concetto di bubble…

Io non lo so. Penso che sia necessario avere diversi piani.

Però quali sarebbero i vantaggi e gli svantaggi dal tuo punto di vista?

Allora, se tu guardi la bolla rispetto al normale è uno svantaggio. Ma se guardi la bolla rispetto a marzo, o aprile, dove c’era zero entertainment, è un vantaggio. Tutto dipende dalle aspettative che hai e dal punto di partenza.

Sei un allenatore appassionato e ti piace godere della passione dei fans. Tuttavia, in questa stagione non ci saranno fans o ce ne saranno pochi nelle arene. Pensi che questa situazione avrà un impatto sulla forza delle squadre?

Allora… ho pensato questa cosa. Ti faccio un esempio: l’NBA fatto la bolla. Quando è cominciata, tutti dicevano “non è la stessa cosa”, “giocare senza fan, non va bene”. Tutto vero. Adesso però, ai playoff, ogni partita è migliore di quella precedente. Bisogna sapere che la vita è cambiata. Il COVID-19 ha cambiato l’esistenza di miliardi di persone. Quindi preferisco giocare senza i tifosi che non giocare. Se mi chiedi cosa vorrei, vorrei avere 20 mila tifosi a ogni partita. Posso averli? No. Però dire “no, meglio non fare niente”, vuoi dire “surrender”, vuoi dire “ritirarsi”, vuoi dire “non combattere”. Secondo me, se proviamo a ricominciare, è già una buona cosa. I tifosi ci guarderanno con lo streaming e poi torneremo lentamente alla normalità. La razza umana ha già vissuto momenti così.

Come detto prima, sei un allenatore appassionato. Mostri le tue emozioni le tue reazioni durante le gare. Quali situazioni particolari ti fanno impazzire nel bel mezzo di una partita?

Non sopporto gli errori di concentrazione. Quindi in quello non sono molto bravo. Però ci sto lavorando. Non sopporto quando un giocatore pensa prima a sé stesso che alla squadra. Quelle due cose che mi fanno freak-out.

Parliamo adesso un po’ di te. Chi è stato l’allenatore più stimolante durante la tua carriera?

Ce ne sono stati tantissimi. Dirti: Zeljko Obradovic, lui è stato sicuramente il numero uno, ma si impara da tutti. Ho avuto fortuna di conoscerlo, di essere un amico di Zeljko, ed anche di Jasikevicius. Ci sono tanti buoni allenatori, dirne uno è riduttivo. Per esempio, mi piace moltissimo Guardiola. Non è un allenatore di basket, però mi reputo abbastanza simile: sono livelli diversi, però anche lui è attento a certo cose.

Quindi guardi anche il calcio?

Certo! Guardo tutti gli sport.

Puoi descrivere il tuo stile/approccio di coaching con parole tue?

Esigente, creativo, adattabile. Quelli sono i pregi. E il difetto che mi dà più fastidio è perdere: odio più perdere di quanto sono contento quando vinco. Quindi, credo che questa cosa vada modificata. Mi piace molto la pallacanestro: penso che sia un gioco bellissimo, mi piace vivere e pensare pallacanestro. Così.

Se non fossi un allenatore di basket, quale sarebbe stata la tua professione?

Un serial killer. Gli allenatori tutti sono un po’ pazzi… Scherzo. I would say selezione di personale.

Fa senso… Hai avuto una breve esperienza con la nazionale greca. Lo considereresti di nuovo? Com’è stata l’esperienza con la selezione ellenica?

Non lo so. Perché dipende dalla opportunità. Era un’esperienza molto educativa. Ho capito delle cose, ho visto delle cose, ho imparato tantissimo. È stata breve, ma molto intensa.

È diverso, vero?

È uno sport diverso. Sono due cose differenti. Allenare un club e allenare una nazionale sono due cose completamente differenti. In nazionale sei un manager, nel club sei un coach.

Durante il lockdown, sei stato relatore in un seminario pieno di arbitri. Trovi sufficienti le opportunità offerte agli allenatori e agli arbitri per incontrarsi e comunicare?

No: bisognerebbe averne di più. Credo che sarebbe molto bello avere un livello di comunicazione più profondo, perché ogni volta che parlo con gli arbitri capisco di più del loro lavoro.

In che misura è importante aumentare la comunicazione tra allenatori e arbitri per migliorare la qualità del gioco?

Io non so dirti in che misura, so solo che ci sono cose positive quando c’è una buona comunicazione.  Io credo che bisognerebbe aumentare, to be more proactive. Cosa voglio dire… gli arbitri dovrebbero spiegarti delle cose e tu dovresti spiegare delle cose agli arbitri; come tu insegni questo. Perché molte volte se tu dai della conoscenza degli arbitri, per loro è più facile e per noi allenatori è più facile istruire i nostri giocatori quando gli arbitri ci insegnano e dicono cosa guardano per primo, come agiscono nel loro processo decisionale.

Sei un arbitro?

No.

Ma sei un tifoso degli arbitri?

Sì.

Ho visto! Fanno un lavoro duro e non hanno molti fan.

Mentre allenavi il Bamberga, avevi un’opinione poco positiva sul Bayern…

Come sai le mie opinioni?

L’ho letto nelle tue interviste: li hai definiti “alieni”. Come sono cambiate le tue opinioni negli anni che ti hanno portato ad accettare l’offerta di questo club?

È negativo?

No, ma ho detto “poco positiva”.

Ricordati che io sono italiano, quindi con le parole ci so fare. Allora, attenzione! Quello che delle volte non si capisce è che noi vendiamo un prodotto. Bayern vs Bamberg è stata per tre anni la partita più importante della BBL. Io voglio che la BBL sia la miglior lega dell’Europa. Quindi se io aggiungo dei contenuti, non è detto che io ho delle opinioni poco positive. Io creo una storia, sulla quale tu puoi dopo scriverci sopra. Se io ti dico “partita difficile, loro sono molto bravi. Vincerà il migliore.”, tu cosa scrivi?

Niente.

Niente. Se ti si racconta la favola che “sono degli alieni”, tu scrivi qualcosa. Hai capito?

Sì!! Hai avuto anni di successo a Bamberg con Daniele Baiesi. Tuttavia, hai avuto, diciamo, un disaccordo che lo ha portato a lasciare Bamberg. Pochi anni dopo, dovete lavorare insieme un’altra volta?

Dobbiamo o vogliamo? Io penso che io, Daniele dobbiamo lavorare con nessuno. Chiaramente, uno dei problemi di questo lavoro è che comporta certi livelli di pressione, una dose di stress. E il tempo è moltiplicatore di pressione e di stress. Io voglio lavorare con lui e credo che anche Daniele ti darebbe la stessa risposta. Abbiamo un vantaggio enorme: ci conosciamo molto bene. Io so come lavora lui, lui sa come lavoro io. Questo è un vantaggio.

L’ultima domanda è sul razzismo, però voglio farti questa domanda in inglese per essere più chiara. Il razzismo è ovunque nel mondo e non è limitato alle imposizioni di una particolare comunità. Ci sono sempre vari fattori di pressione su diverse minoranze in Europa. Pensi che una soluzione al problema del razzismo, che si diffonde alla vita sociale e allo sport e che in realtà esprime molto di più dell’anti-nerezza, possa essere trovata con l’attuale livello di istruzione delle società mondiali?

L’educazione è la migliore medicina per le generazioni future. È molto difficile educare qualcuno che ha già un’opinione e dei pensieri. Il razzismo non è la cosa del 2020. Il razzismo è la parte brutta della razza umana. È insopportabile, fa schifo. Fondamentalmente, qualunque cosa determini un’opinione attraverso il colore, la razza e le cose che non possono darti un’opinione, non è accettabile. Sono orgoglioso delle mie radici: mia madre è croata, sua madre era del Montenegro, mio padre è americano, è figlio di un diplomatico italiano che ha sposato una signora americana. Sono nato e cresciuto in Italia e non accetterò mai il razzismo.  il razzismo sta abbattendo lo sviluppo del mondo. La mia educazione mi ha aiutato a capire che essere diversi è solo un bene, non è male. Ma non so se l’educazione ora sia sufficiente per cambiare queste generazioni razziste. Quello che sta succedendo negli Stati Uniti pensavo che non sarebbe peggiorato, ma peggiora ogni giorno. Se mi chiedi se so come migliorare questa situazione, non lo so. Si tratta di valori, quali sono i valori di vita della persona. Questa cosa dovrebbe finire. Non so come. Quando ci sono problemi irrisolti, grossi problemi, l’unica cosa che è possibile, credo, è mettere insieme le persone più intelligenti della terra e provare a chiedere loro un suggerimento. Il razzismo sta entrando nelle nostre vite ogni giorno. Ognuno ha il razzismo nei geni perché giudichi le persone prima di avere i parametri per giudicare e noi dobbiamo combatterlo. E combattere la natura umana è la cosa più difficile in quanto dobbiamo farlo il prima possibile.