Negli ultimi mesi, la NBA ha assistito ad alcuni eventi talmente clamorosi da far vacillare ogni certezza. La trade di Luka Dončić ai Los Angeles Lakers, definita “la più scioccante nella storia della lega”, la vendita dei Boston Celtics a cifre record, e i licenziamenti di due allenatori rispettati come Taylor Jenkins e Michael Malone con meno di dieci partite ancora da giocare.
Secondo John Hollinger, Fred Katz, David Aldridge e Mike Vorkunov de The Athletic, siamo davanti a un fenomeno doppio: da una parte vere e proprie anomalie, dall’altra l’inizio di un trend strutturale. Le superstar, come Dončić, si muovono sempre meno tramite la free agency e sempre più tramite scambi clamorosi a stagione in corso. Il nuovo CBA e i limiti salariali spingono le squadre a muoversi prima e in modo più drastico.
La cessione del fuoriclasse sloveno, appena venticinquenne e MVP delle Western Finals, è stata favorita — secondo Katz — da una nuova mentalità imprenditoriale: “I nuovi proprietari non hanno voluto spendere quasi 70 milioni l’anno per tenerlo. Sembrerà assurdo da fuori, ma da dentro è stato visto come efficiente.” Aldridge aggiunge che dietro molte decisioni radicali si nasconde un’accelerazione dell’impazienza, figlia di proprietà sempre più miliardarie, meno legate alla città e più attente all’ottimizzazione.
Lo stesso discorso vale per i licenziamenti shock di Jenkins e Malone: playoff vicini, buoni risultati, ma fiducia persa e via l’allenatore. “Non è detto che diventi una tendenza,” scrive Vorkunov, “ma di certo, ora che è accaduto, altre dirigenze saranno meno spaventate nel fare lo stesso.”
Infine, il valore delle franchigie. La vendita dei Celtics ha fissato l’asticella a livelli impensabili fino a pochi anni fa. Ballmer ha speso 2 miliardi per i Clippers nel 2014, ora le valutazioni toccano i 6 miliardi. “Le squadre NBA — scrive Hollinger — sono ormai asset da collezione per miliardari, scollegate dal resto del mercato.” E quando anche i Grousbeck decidono di vendere i Celtics, è difficile pensare che la stabilità sia la norma.
Il risultato? Una NBA più impulsiva, sempre più simile a una multinazionale, dove anche un titolo non garantisce il posto. Malone ne sa qualcosa.
Fonte: The Athletic, articolo di John Hollinger, Fred Katz, David Aldridge e Mike Vorkunov
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