Tra i volti NBA di Basketball Without Borders a Milano questa settimana spiccava senza dubbio Taylor Jenkins, coach reduce da una super stagione con i Memphis Grizzlies. A soltanto 37 anni (38 il prossimo settembre), Jenkins può vantare tre stagioni – sempre in crescendo – sulla panchina dei Grizzlies dopo una lunga gavetta come assistente tra G-League e NBA. “Questa è un’esperienza di vita. È la mia seconda volta a Basketball Without Borders e in generale amo opportunità come queste, che mi portano a insegnare la pallacanestro insieme ad allenatori e giocatori di tutto il mondo”, dice in esclusiva a Sportando. “È qualcosa di emozionante, che mi fa sentire così perché amo la pallacanestro e amo allenare. Non c’è luogo migliore di farlo rispetto a un camp dove tutti vogliono migliorare e fare meglio. È quello che mi motiva. A inizio camp ho detto ai giocatori che speravo d’insegnare loro qualcosa in grado di migliorarli, ma che in realtà sarei stato io a imparare di più soltanto vedendoli giocare. È stata un’esperienza arricchente, decisamente speciale, che cercherò di fare ogni volta sarà possibile”.
“Ogni volta dico a giocatori e allenatori che se ami questo sport devi cercare di esserne coinvolto il più possibile”, continua Jenkins. “Non c’è un modo solo per goderti il basket nella tua vita. Molti iniziano giocando da piccoli e crescendo di categoria al diventare più grandi, ma non tutti possono diventare giocatori professionisti. Essere un allenatore e capire questo, comprendere di avere avuto un percorso particolare (Jenkins è entrato nella NBA come stagista delle basketball operations dei San Antonio Spurs, ndr) mi porta ad amare ancora di più questo gioco e a volerlo conoscere di più ogni giorno. Sono stato fortunato ad avere delle grande opportunità, ma più che ispirazione penso sia importante mostrare motivazione. Se davvero vuoi essere nel basket puoi trovare modi diversi per lasciare il tuo contributo non solo per questa generazione, ma anche nella prossima”.
Quello della motivazione è un concetto che Jenkins tende a ribadire come essenziale del suo lavoro come allenatore: “Non ho giocato al college o da professionista, quindi ho sempre saputo che dovevo imparare tanto ogni giorno. Imparare da altri giocatori, da altri allenatori, da altre squadre: dovevo guardare pallacanestro, ogni giorno dell’anno, e facendolo ho imparato di continuo tante cose nuove, anche oltre la NBA. Lavorando a contatto con allenatori europei, anche italiani come in questa settimana, ho imparato tante cose che porterò a casa con me, che proverò ad applicare chiedendomi cosa può avere senso per noi, per i Grizzlies. Ho sempre avuto la voglia di imparare: non credo che userò ogni spunto appreso, ma se anche soltanto un paio di cose immagazzinate questa settimana mi renderanno un allenatore migliore ne sarà valsa la pena. Se non imparo qualcosa di nuovo ogni giorno perché sto facendo questo? Per me il basket non è un lavoro, ma una passione. Il giorno in cui non avrò questa motivazione probabilmente non avrà più senso allenare”.
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