Stone: “Senza il nostro gruppo di lavoro non sarei stato quello che sono”

Stone: “Senza il nostro gruppo di lavoro non sarei stato quello che sono”

Il saluto di Julyan Stone al suo club dove ha vissuto sette anni straordinari: probabilmente uno dei giocatori più altruisti della lega

Julyan Stone saluta la sua Reyer:

“Noi giochiamo un certo tipo di pallacanestro che è da sempre basato sulla difesa, sulla lotta e sull’aiutarci a vicenda. Sicuramente con Tortona ci siamo resi conto che poteva essere una delle ultime partite che giocavamo insieme, quindi ci aspettavamo di più dai noi stessi per come siamo, per quello che abbiamo dimostrato di essere e anche io a livello personale ho finito gara-4 con tanta rabbia”.

“Si chiude un ciclo di una squadra e gruppo di giocatori che hanno scritto la storia si questo club.

“Il livello di unione che c’è tra di noi, il fatto che siamo stati famiglia, che siamo state persone migliori rispetto ai giocatori che siamo stati; è una cosa rara per un gruppo durare per così tanti anni ed è una cosa altrettanto rara vedere atleti, ma anche membri dello staff, che si sacrificano l’uno per l’atro per il bene del gruppo. Questo è stato anche dovuto al fatto che ci siamo frequentati tanto fuori dal campo, con le nostre famiglie siamo stati insieme vivendo tante esperienze extra basket e tutto ciò lo porterò sempre dentro di me, così come i miei compagni. Da quando sono arrivato a Venezia la cosa che avevo in testa e l’aspetto più importante era lasciare un’eredità che andasse oltre anche la mia figura di giocatore. Ho lavorato tanto insieme al nostro gruppo di lavoro per contribuire a costruire alla Reyer le fondamenta per fare in modo che possa diventare un grande club e c’è ancora tanta strada da fare; però se guardo indietro a quanto lavoro, sacrifico e che tragitto abbiamo fatto tutti insieme, anche nei momenti difficili – dallo staff, all’organizzazione e a i giocatori – mi rendo conto che è un’eredità che ho contribuito a lasciare alla città, alla squadra e a tutte le persone che ho conosciuto qui e che continueranno ad avere anche il mio ricordo come uno di quei giocatori che ha fatto parte dell’inizio di questa Reyer. Senza il nostro gruppo di lavoro non sarei stato quello che sono, perché tante persone mi hanno aiutato a diventare quello che sono. Per esempio potrò raccontare di aver fatto parte della leggenda di Michael Bramos che quando arrivò a Venezia non era considerato e nessuno poteva pensare che potesse fare la storia di questa squadra. La cosa a cui tengo di più, ed è la mia speranza, è che la società continui questo percorso di crescita, a puntare in alto a tutti i livelli”.

 Cosa le mancherà di più dell’Italia e della Reyer?  

“Ho vissuto sette anni in questo Club e per un atleta sono tanti. Mi mancheranno le persone con cui ho condiviso tutto. Ho conosciuto persone fantastiche e anche le cose brutte che ho vissuto qui – come la perdita di Cameron Moore per me un fratello e la perdita di mio Papà – sono stati comunque momenti speciali grazie alla vicinanza della famiglia Reyer. Qui ci sono persone uniche e non credo che sarà un salutarsi, ma continueremo ad avere questo legame speciale perché siamo legati da un sentimento particolare”.