Sergio Rodriguez 300/500: Amo il gioco, ho lavorato tanto per diventare il tiratore che sono adesso

Photo: Olimpia Milano
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Il Chacho è uno dei due capitani dell'Olimpia: Avverto una grande responsabilità, come Nik Melli, quella di aiutare gli altri, e soprattutto rendere la gente di Milano, i tifosi, orgogliosi di ciò che siamo, di come ci comportiamo in campo e fuori del campo

“Ricordo la mia prima partita, fuori casa contro l’Efes. Durissima. Non c’era tanta gente a vederci, mi ricordo che ho subito pagato la velocità della partita. Avevo giocato solo poche partite in Spagna, era la mia prima stagione all’Estudiantes. Ho giocato contro Will Solomon. E’ stato difficile ed entusiasmante al tempo stesso, per l’atmosfera e il ritmo della partita”. Trecento partite dopo, Sergio Rodriguez non ha bisogno di guardarsi alle spalle per considerarsi fortunato. Ancora più rilevante è aver tagliato questo traguardo pur avendo trascorso cinque stagioni (358 partite) nella NBA. “Ho giocato in grandi squadre e per tanto tempo. L’opportunità di giocare con Estudiantes, Madrid, CSKA e adesso l’Olimpia mi rende orgoglioso. Ho giocato tanto tempo, ad alto livello, e sempre per vincere. In questo momento della mia carriera e della mia vita sono felice di essere qui e mi diverto ancora come se fossi un esordiente”.

E’ stato un atto di giustizia che la partita numero 300 abbia coinciso con una vittoria, tra l’altro di grande prestigio, contro una sua ex squadra alla quale è rimasto legato (e viceversa), una vittoria in cui lui ha avuto un ruolo decisivo. “Lui e Kyle Hines, entrando, ci hanno trasmesso la sensazione che si potesse fare”, ha detto Coach Ettore Messina dopo la partita. Sergio sapeva ovviamente che sarebbe stata la sua trecentesima gara, ma sapeva anche di essere distante tre triple dalle 500 in carriera. La prima l’ha segnata subito all’ingresso, la seconda è stata quella che probabilmente ha chiuso la partita. La terza ha esteso il margine di vantaggio, a 10 punti, il colpo del killer. Ha reso la serata ancora più memorabile.

E dire che quando ha cominciato a giocare ad alto livello, all’Estudiantes, il Chacho era un giocatore superveloce, creativo, fantasioso, che modellava il suo gioco su quello dei suoi modelli, Jason Williams, White Chocolate, e Allen Iverson, ma se aveva un difetto quello era il tiro da fuori. E la mancanza di tiro da fuori non gli ha impedito, nel 2006, di venire scelto dai Portland Trail Blazers al primo giro dei draft NBA. “Questo è un aspetto della mia carriera che mi rende molto orgoglioso. Ho lavorato tantissimo sul mio tiro. Quando ho cominciato a giocare a basket pensavo a divertirmi e divertirmi mi riusciva facile. Ma serve tanto lavoro per emergere e lavorare sul mio tiro, aggiungere il tiro da tre, ha dato una nuova dimensione al mio gioco, mi ha reso più pericoloso, ha aperto spazi che hanno generato opportunità per i miei compagni e per me stesso”, dice.

Oggi Rodriguez è un uomo di 35 anni, sposato con tre figli. L’Olimpia è la sua quarta squadra di EuroLeague, la terza che ha guidato alle Final Four. Se esiste un segreto, quello del Chacho non lo è: gioca ancora a questi livelli perché si diverte, esprime gioia giocando, amore per il gioco. “Divertirmi rappresenta la parte più ampia del mio gioco. Mi preparo ogni giorno per arrivare al meglio alla partita e vincerla, ma quando si alza la palla a due quello è il massimo del divertimento. Amo questo gioco”, confessa.

In carriera, ha giocato oltre 1.000 partite tra Nazionale, leghe nazionali, EuroLeague e NBA. Ha avuto la fortuna di giocare a New York con Mike D’Antoni, nella squadra che era del suo idolo Iverson, a Philadelphia, ha giocato e vinto con il Real Madrid (“Uno dei ricordi più forti in EuroLeague è stato vincerla a Madrid con il Real”), ha vinto con il CSKA Mosca (“L’altro grande ricordo, l’altra EuroLeague vinta, a Vitoria”), ma in questo momento non vorrebbe essere in nessun altro posto che Milano. Spesso, viene indicato come l’uomo chiave di questa parte di storia. Arrivando nell’estate del 2019 ha conferito credibilità istantanea al progetto. Poi sono arrivati Kyle Hines, Gigi Datome, Nicolò Melli. “Per me, Milano è il posto perfetto per giocare a basket, quando sommi la storia del club, la città, l’Italia. Giocare al Forum, soprattutto quando incontri club come il Real Madrid, il Cska, è speciale. Quindi essere qui, godersi ogni partita, ogni passo in avanti è qualcosa di magico. Vorrei finire il lavoro che abbiamo cominciato e confermarci ai livelli cui ci siamo espressi l’anno passato. Arrivare alle Final Four in quella stagione, con tutte le difficoltà e le restrizioni, senza il pubblico, è stato davvero notevole”, conclude.

Anche per questo essere uno dei due Capitani dell’Olimpia lo rende orgoglioso. “Avverto una grande responsabilità, come Nik Melli, quella di aiutare gli altri, e soprattutto rendere la gente di Milano, i tifosi, orgogliosi di ciò che siamo, di come ci comportiamo in campo e fuori del campo”, dice. Ironicamente, non era mai stato Capitano prima d’ora. “Lo sono stato nelle giovanili a Tenerife, a Bilbao, nelle varie Nazionali Under 16, Under 18, ma mai da professionista”, ricorda il giocatore che ha creato, senza cercarlo, un modo di interpretare il gioco, il Chachismo. Anche di questo deve essere orgoglioso.