Intervista sul QS per Dan Peterson, che fa il punto della situazione difficile del basket italiano ai tempi del Coronavirus, proponendo possibili soluzioni e vie d’uscita.
“Leggo e vedo le difficoltà dei club. Gli introiti sono sempre meno. Si parla sempre di contratti, di incassi, di pubblico e merchandising. Io dico che bisogna tornare all’antico: lo so che adesso diranno che Peterson è pazzo, ma quando sono arrivato a Bologna, per allenare la Virtus, c’erano uno straniero e nove italiani. Il mio ultimo anno a Bologna due stranieri e otto italiani. Oggi solo stranieri o quasi. Con l’idea che solo gli americani possano garantire schiacciate e spettacolo; sono convinto che a Bologna, sponda Virtus, siano molto contenti per la presenza di Alessandro Pajola, che sta crescendo a vista d’occhio. I tifosi amano i giovani. E a tutti dico, guardate anche la serie B. Gli italiani giocano, stanno in campo per tanti minuti, sono decisivi. Avvertiranno il peso della serie A? Forse. Ma migliorano velocemente. (…) Tra un anno speriamo di avere il vaccino. Il Covid sarà un lontano ricordo. Ma oltre a Milano, Sassari, Venezia, Bologna e poche altre chi resisterà? Il Covid sta mettendo in gioco la sopravvivenza del basket. Come uscirne? Il tetto salariale. E se non proprio un tetto almeno un vincolo. Ogni società può spendere per quanto incassa, tra biglietteria, diritti TV, merchandising. Siamo in un periodo di pandemia? Bene, proviamo a rispondere con la creatività. E per un anno tagliamo i costi, utilizzando gli italiani, che non hanno bisogno di auto, di tanti appartamenti, di viaggi di ritorno (…) A una situazione inedita come questa, si risponde con la creatività e la solidarietà tra club. So lo così, amici sportivi, ne verremo fuori”, ha detto Peterson.
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