Olimpia Milano, intervista a Jerian Grant

Olimpia Milano, intervista a Jerian Grant

“Tutto ciò che ricordo ha a che fare con il basket. Sono nato nel basket, crescendo il basket era dappertutto, ho cominciato a frequentare le partite il giorno in cui sono nato e continuo ancora adesso”

“Tutto ciò che ricordo ha a che fare con il basket. Sono nato nel basket, crescendo il basket era dappertutto, ho cominciato a frequentare le partite il giorno in cui sono nato e continuo ancora adesso”. Jerian Grant è cresciuto con un padre giocatore, uno zio che ha vinto tantissimo nella NBA, con un fratello minore che è arrivato nella NBA prima di lui e adesso è in Nazionale, altri fratelli che hanno giocato o stanno giocando. Il basket è nel DNA di Jerian Grant, una delle novità della stagione all’Olimpia.

  • Giocare contro i tuoi fratelli, tutti giocatori, ti ha aiutato?

“E’ stato un grande vantaggio. Siamo tutti competitivi, ma al tempo stesso ci siamo sempre sostenuti a vincenda. Questo ha aiutato la mia conoscenza del gioco, perché ho dovuto combattere quotidianamente contro grandi giocatori, come loro. Mi ha aiutato di sicuro”.

  • Gli anni in una grande scuola come DeMatha High School, nell’area di Washington, sono stati importanti?

“Giocare a DeMatha è stato stato speciale, davvero speciale. Ogni giorno in allenamento ho giocato contro i migliori giocatori della zona, alcuni dei migliori in tutto il paese e questo ha creato il miglior giocatore che potessi diventare. Non potevi far altro che prepararti a giocare contro i migliori”.

  • E’ vero che assieme a qualche compagno avevate fondato il Breakfast Club? Vi ritrovavate ogni mattina alle sei pronti ad allenarvi.

“E’ quello che ha modellato il mio gioco. Io, mio fratello Jerami, un paio di altri giocatori (Victor Oladipo, Josh Shelby) ci trovavamo pronti alle 6 del mattino, la scuola cominciava alle 7.30, ma noi restavamo in palestra fino alle 7.15, avevamo 15 minuti per arrivare in classe, ma volevamo essere sicuri di fare del lavoro extra prima che il giorno cominciasse”.

  • Ha trascorso poi ben cinque anni a Notre Dame.

“Ho imparato tanto attraverso il lavoro duro. Ho aspettato il io turno. Durante la mia prima stagione non giocavo, zero minuti, nessuna partita, ma quando è arrivato il mio momento ero pronto. E durante l’ultima stagione abbiamo battuto Duke, North Carolina, alcuni dei migliori programmi del paese, e abbiamo vinto il Torneo ACC”.

  • Come è stato giocare cinque anni nella NBA?

“Sono stati alcuni dei migliori anni della mia vita. Ho raggiunto il mio obiettivo, ho giocato nella NBA, contro i migliori giocatori del mondo per cinque stagioni, e questo dimostra che il lavoro duro svolto in precedenza è stato ripagato. Per me poi questo ha significato cominciare la carriera a New York, al Madison Square Garden, sotto le luci più brillanti del mondo. E con gli anni il mio gioco è progredito, sono stato a Chicago, a Orlando e ho finito a casa mia, a Washington. E’ stata una grande esperienza”.

  • Ricordi la notte in cui sei stato scelto al primo giro dei draft NBA?

“E’ stato un sogno che si è realizzato, sentire il tuo nome, salire sul palco, stringere la mano del Commissioner, è tutto un sogno che si realizza. Lavori ogni giorno, giochi a basket, anche alle sei del mattino, nel Breakfast Club, fatichi e alla fine sentire il tuo nome. E’ stato il momento più bello della mia carriera”.

  • Avevi una scommessa con Jerami su chi sarebbe stato selezionato più in alto. Ti ha pagato?

“Una scommessa è una scommessa e alla fine si è dovuto arrendere e pagare. Ma ovviamente, la sua carriera è diventata eccezionale. Sono felice per lui. Adesso è nella Nazionale Americana, è incredibile, è speciale”.

  • La tua carriera NBA è stata soddisfacente?

“No, non sono di sicuro soddisfatto. So che ho giocato nella NBA per cinque anni, che è molto più di quanto molti giocatori possano dire. Per questo devi essere riconoscente. Ma ho la sensazione che il mio tempo lì non era terminato, che avevo ancora molto da dire, che avrei potuto fare molto di più. Ma alla fine, puoi solo lavorare duro e credo che le cose stiano andando bene lo stesso”.

  • Il primo anno in Europa l’hai trascorso al Promitheas, in Grecia.

“E’ stata una bella esperienza, era il mio primo anno in Europa e ho giocato con mio fratello. Giocare con il mio fratello maggiore è stato divertente, abbiamo vinto tante partite e abbiamo giocato bene insieme. Dovendomi adeguare ad un diverso stile direi che ho fatto tutto bene”.

  • E’ differente lo stile di gioco europeo?

“Penso sia molto più fisico. Per tutta la partita, ti fanno fallo, ti spongono, ti trattengono molto di più del normale, così adattarsi alla fisicità del gioco è qualcosa che devi fare necessariamente”.

  • Arrivi a giocare in EuroLeague con Milano.

“Trasferendomi in Europa, è esattamente dove volevo arrivare. Giocare al livello più alto. C’è la NBA e poi c’è l’EuroLeague. E’ un passo in avanti, non vedo l’ora di misurarmi con questo tipo di competizione, giocare contro i migliori giocatori del mondo che non siano nella NBA. Sono felice di poterlo fare”.

  • Come descriveresti il tuo stile di gioco?

“Per me la cosa più importante è vincere. Faccio quello che serve alle mie squadre per vincere. Affronto ogni situazione convinto di vincere e convinto di poter aiutare la squadra a vincere, e questo è ciò che prima di ogni altra cosa descrive il mio gioco. Posso fare un po’ di tutto, segnare quando serve, posso dare via dieci assist se serve, fare canestro, difendere ad un livello alto. Penso di essere un vincente e come tale faccio quello che serve per vincere”.

  • Ma quale è il tuo ruolo preferito?

“Ho giocato da 1 e da 2 per tutta la vita. Ma mi piace avere la palla in mano, penso di poter aiutare la squadra molto di più in quel modo, ma se devo giocare senza palla in mano, un modo di far succedere qualcosa di buono lo trovo lo stesso”.