Marco Belinelli, capitano della Virtus Bologna, racconta il “suo tiro” al Corriere di Bologna dopo la grandissima prestazione contro Olimpia Milano di domenica: «Non basta il talento se non lo alleni. Il mio tiro non è sempre stato così, ci ho lavorato tanto non per perfezionarlo ma per renderlo funzionale».
«Il lavoro fatto nei primi due anni, quando giocavo poco e mi sono impegnato ad allenarmi sul mio gioco, ancora me lo porto dietro. In Nba si migliora: Tony Parker non tirava così e Leonard non era quel fenomeno, solo per rimanere a due casi che ho visto da vicino. Il momento più importante è stato a Chicago con Ron Adams, uno degli assistenti. Si è accorto che avrei potuto avere percentuali migliori senza abusare del tiro cadendo all’indietro, abbiamo lavorato tantissimo sul polso per avere un movimento perfetto che si trova solo con la ripetizione».
«A volte mi prendono in giro, provano a imitare il mio tiro in uscita dai blocchi ma non è facile. C’è un lavoro dietro, non mi sveglio la mattina e decido di tirare così perché penso di essere Jordan o Kobe».
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