La scalata del San Pablo Burgos: “Lavoro di squadra, passione dei tifosi. E tanto orgoglio”

SPB/Borja B. Hojas
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Le parole, in esclusiva per Sportando, del GM Albano Martinez: "Abbiamo sempre mostrato la volontà di competere"

Sei anni di esistenza del club. Quattro stagioni in Liga ACB. Due trofei della Basketball Champions League – conquistati nello spazio di 9 mesi – e una Coppa Intercontinentale. Quella del San Pablo Burgos è una scalata con pochi eguali, un progetto che negli anni ha sempre innalzato l’asticella, migliorandosi e puntando sempre più in alto. Alla vigilia dei primi Playoff della storia del club in Liga ACB, un primo bilancio di questa scalata – in esclusiva per Sportando – lo traccia il General Manager della compagine castigliana, Albano Martinez. Un nativo di Burgos, alla guida del club sin dalla sua fondazione nell’Agosto 2015 e dall’incredibile cammino che in sei stagioni è valso tre trofei internazionali partendo dalla LEB Oro.

Photo Credits: SPB/Borja B. Hojas

Come ci si sente a lavorare in un contesto che in cosi poco tempo ha raggiunto questi obiettivi?
Siamo molto soddisfatti, felici e orgogliosi. C’è molto lavoro dietro, quella di questa stagione magnifica è una vittoria di squadra. Giocatori e staff tecnico in primis, ma anche di una tifoseria incredibile e di tutti coloro che lavorano per il club ogni giorno“.

Quali sono stati i tre momenti chiave di queste stagioni?
Il primo è indubbiamente la partenza. Il basket a Burgos prima era rappresentato da un club che per tre volte si era guadagnato la promozione in ACB, ma per diverse ragioni non era riuscito a confermare questo diritto. A un certo punto i responsabili di quella società si sono fatti da parte, e alcuni imprenditori di Burgos ne hanno raccolto il testimone, decidendo di dar luce a questa società nell’agosto 2015. Senza quel momento, ovviamente, nulla di tutto questo sarebbe accaduto. Il secondo momento è la promozione in Liga Endesa, qualcosa che ci ha dato la possibilità di crescere come club e stabilizzarci a un livello più alto. Ad esempio siamo passati da un palazzetto con 2500 tifosi a uno con 10000 in ogni partita, crescendo in visibilità. Il terzo punto lo identificherei in questa stagione, più che nelle altre. Tutte le difficoltà organizzative, il non avere pubblico dal vivo e i conseguenti ricavi mancati, il focolaio di COVID-19 che abbiamo avuto… Ci sono stati tanti momenti difficili, ma ne siamo usciti con il lavoro quotidiano, l’unione del gruppo e l’essere sempre uniti“.

Qualcosa che è molto difficile nello sport è ripetere un successo, la vittoria in una competizione. Il vostro ripetersi è stato particolare, dato che avete vinto le due Champions League nella stessa stagione, quindi con lo stesso gruppo e lo stesso contesto tecnico. Fino a dove si può pianificare, preparare una stagione del genere?
Non c’è un segreto o una formula magica. Andiamo per punti. In primis c’è la motivazione del club e la volontà di crescere, sposata in pieno da giocatori e staff tecnico, i principali protagonisti di una stagione dove hanno dimostrato fame di successi e alimentato una chimica speciale di squadra che ha portato a questi risultati. Tanto in Champions quanto in ACB la squadra ha sempre mostrato la volontà di competere, di alzare l’asticella, di lottare in ogni partita: è qualcosa che ti crea una mentalità utile per affrontare qualsiasi tipo di sfida e continuare a crescere“.

Prima hai detto che il terzo momento chiave è stato in questa stagione. In questi anni voi siete sempre cresciuti di livello e risultati, affermandovi sempre come una sorpresa. Quest’anno, invece, eravate in una condizione diversa: vi aspettavano tutti, eravate campioni in carica. Quanto condiziona la sfida di essere “attesi”?
Questo rende più meritata, forse, la nostra seconda Champions. Lo scorso anno, fino alla serie con Sassari, vivevamo la competizione con una grande felicità e la volontà – anche il sogno – di sorprendere, di stupire, di arrivare più lontano possibile senza avere paura di nessuno. Abbiamo sempre puntato al massimo. Con il rinvio a settembre della Final Eight abbiamo sfruttato la preseason e l’inizio del campionato come preparazione per la fase finale di Atene, dove abbiamo giocato una pallacanestro sensazionale. È stato tutto vissuto in “due parti”. In questa seconda vittoria ci guardavano tutti con occhi diversi, ma coach Peñarroya ha dato una mentalità incredibile alla squadra, una chimica e un livello di gioco super. Questa seconda Final Eight è stata molto diversa a livello di gioco, più dura, abbiamo imposto di meno il nostro gioco ma difensivamente siamo stati sempre sul pezzo. Credo che in questa seconda Final Eight si sia vista l’importanza di continuare a crescere e di essere sempre ambiziosi“.

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Che ruolo, se ne ha avuto uno, ha ricoperto l’esperienza della Fase Finale di Valencia dello scorso giugno in questa stagione?
È stata molto importante, innanzitutto perché è stata l’occasione di tornare in campo dopo molto tempo. Siamo arrivati li senza nessuna pressione e anzi con la volontà di regalarci un bel finale di stagione. Era un contesto difficile, ma la quotidianità a Valencia fu fantastica, un altro momento chiave. Ci ha aiutato a fare un passetto in più nella crescita del club: sia per la semifinale in campionato e il quarto posto finale, un risultato meritato e fantastico per noi e il nostro lavoro, sia per l’avere aumentato la fiducia nei nostri mezzi e nelle possibilità della squadra“.

I due successi in Champions sono stati molto importanti anche a livello economico, con 2 milioni di euro di soli premi come conseguenza. Quanto questa stagione vi permette di guardare con maggiore fiducia al futuro dal punto di vista economico?
È un aiuto incredibile. Molti sponsor non hanno potuto continuare a sostenerci come prima, una parte rilevante del nostro bilancio è composta da abbonamenti e biglietti, è una grandissima mano. In condizioni normali sarebbe stato un grande impulso per la nostra crescita, in un contesto come quello odierno è un aiuto, che ci permette di guardare al futuro con una prospettiva positiva“.

Ha citato la vostra tifoseria, conosciuta per essere molto calorosa. Come si fa a tenere “vivo” l’affetto dei tifosi in un periodo in cui le partite si giocano senza di loro?
Dopo la fase finale di Valencia e la Final Eight di Atene ci siamo detti, scherzando, che forse raggiungevamo risultati migliori a porte chiuse. Stiamo vivendo un momento molto bello dal punto di vista sportivo, ma qualcosa che ci motiva sempre e ci rende orgogliosi è mantenere vivo l’affetto dei tifosi e degli appassionati. Cerchiamo di creare attorno a noi una cultura cestistica: siamo orgogliosi di avere un 44% di abbonati donne, una grande percentuale di bambini e di famiglie, ci aiuta nell’obiettivo di rendere il basket uno sport familiare. Un obiettivo, per noi molto importante, che è quello di mantenere tutto questo nel tempo. Ci sono giocatori che sono venuti quest’anno sperando di giocare circondati dal calore dei nostri tifosi, perché in tanti hanno raccontato loro dell’atmosfera quasi magica che si respira dentro il palazzetto. E ciò che ci rende felici è che i nostri tifosi ci hanno sempre appoggiato, nei momenti migliori ma anche in quelli peggiori. La squadra esce sempre applaudita dal campo, e anche le squadre che vengono a vincere qui sono applaudite a fine partita. Mi ricordo un paio di anni fa una partita contro Badalona, con loro che stavano vivendo un brutto momento e vinsero con un canestro allo scadere: tutto il palasport a fine partita tributò loro un coro di sostegno. Senza la gente è stato difficile, abbiamo provato ad abituarci, ma non vediamo l’ora del loro ritorno e di ritrovare la magia di un palazzetto sempre pieno: è il nostro patrimonio più grande, la nostra ragione d’essere“.

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Cosa significa per te, nato a Burgos e già giocatore di Burgos, lavorare a questo progetto?
È incredibile. Innanzitutto perché faccio un lavoro che mi appassiona, mi riempie d’orgoglio e di soddisfazione. Qui non è tanto merito di una persona, c’è tanta gente che lavora dietro le quinte: come club cerchiamo di differenziarci, di fare cose divertenti e che appassionano e che diano visibilità al basket oltre la singola partita. Il nostro presidente è un entusiasta, iperattiva, sempre vicina a noi tutti. Cerchiamo di essere una piccola famiglia, a volte non ci rendiamo nemmeno conto di quello che stiamo vivendo perché non avremmo mai potuto immaginare di vivere certi risultati e certe esperienze. Probabilmente ce ne renderemo conto nei prossimi anni, guardando tutto questo anche da una diversa prospettiva“.

Quando si chiede di pensare al futuro a volte si dice “in x anni mi piacerebbe vincere questo” o frasi simili. Ma quale sarebbe il livello a cui vuole stabilirsi il San Pablo Burgos nei prossimi 2-3 anni?
In Russia, dopo avere vinto la Final Eight, dissi scherzando al Presidente che era il momento di lasciare, perché era un momento troppo alto. Dobbiamo essere coscienti che non vivremo sempre stagioni vittoriose come questa, che magari l’anno prossimo ci ritroveremo senza trofei e fuori dai Playoff in campionato. Questo non deve essere necessariamente visto come un passo indietro, dobbiamo ragionare per step. Consolidare la tifoseria, far sì che continui ad essere sempre parte di noi. Prepararsi a momenti in cui i bilanci sportivi non saranno come quelli di oggi, qualcosa che può succedere per diversi motivi, e non analizzare la situazione soltanto con i risultati ma guardando all’immagine completa. Per noi è difficile competere con Malaga o Valencia, soprattutto dal punto di vista economico, adesso lo stiamo facendo ma potrebbe arrivare una stagione in cui questo non accadrà. Mi piacerebbe continuare a crescere, ma la crescita può arrivare sotto molti aspetti. I risultati sono molto importanti e ti danno visibilità, ma non sono tutto. Continuare a lavorare sarà fondamentale, accettando la possibilità di risultati peggiori, e cercando di essere sufficientemente intelligenti da accettare quei momenti e non vedere un risultato inferiore come un fallimento. Quello che vogliamo avere sempre con noi, come club nel suo totale, è il massimo impegno. Che sia vincendo la Champions o uscendo nella fase a gironi: saremo orgogliosi di noi stessi se daremo sempre il massimo“.

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