Intervistato da Francesco Pioppi su “il Resto del Carlino – Reggio Emilia”, Kenneth Faried ha raccontato di come si trova in Serie A e alla UNAHOTELS: “Sicuramente ho dovuto imparare di più sulle regole europee, come ad esempio evitare di prendere tecnico perché ho applaudito (sorride e il riferimento è alla sfida con Trento, ndr) ma da quando sono qui ho cercato di adattarmi di essere il miglior giocatore e la miglior persona possibile. Fuori dal campo sono semplicemente un padre di famiglia: finché i miei figli sono qui, mi tengono occupato e felice”.
Faried è il leader emotivo del gruppo: “Cerco semplicemente di dire ai ragazzi quello in cui credo. Non sai mai se quella partita potrebbe essere l’ultima, quindi gioca sempre duro, con tutto il cuore e la passione. Non importa che siano playoff Nba, Team Usa per portare a casa l’oro, oppure qui in Italia o, diciamo, in posti meno prestigiosi come la G-League: porto sempre la stessa intensità. Nessuno potrà mai dire: “Oh, Kenneth era nella media’ o ‘Era fuori forma”. No, io rimango sempre pronto ed è questo che dico a Momo: sii sempre pronto, lavora sempre sodo, dai sempre il massimo. Quando arriverà il momento di dare tutto, il tuo corpo e la tua mente non conosceranno altro”.
Tra una settimana inizierà il Ramadan e questo cambierà la sua routine: “Penso che sia un’opportunità per concentrarmi ancora di più su me stesso, sul mio percorso e sulle mie convinzioni in Allah e Dio. Ho la forza e la volontà di svegliarmi prima della maggior parte delle persone, di mangiare prima di quanto normalmente farei e di pregare quattro volte per poi riprendere a mangiare. Lo scorso anno ho vissuto un Ramadan fantastico e, allo stesso tempo, stavo giocando davvero bene con la mia squadra di G-League, quindi non mi ha influenzato in modo negativo. Anzi, credo mi abbia dato ancora più determinazione e forza interiore”.
Anche i cari di Faried si stanno trovando molto bene a Reggio Emilia: “La mia famiglia, in particolare i miei figli, la stanno vivendo pienamente. Frequentano la scuola e hanno l’opportunità di ricevere un’ottima istruzione. Stanno imparando anche italiano ed è fantastico. Metà della mia famiglia è marocchina e qui c’è una grande comunità, possiamo farne parte anche andando al mercato per comprare cibo e altre cose. È bello vedere come si sono integrati e come adesso ci siano le seconde generazioni di figli di immigrati che sono a tutti gli effetti inseriti. Ciò mi rende ancora più felice, perché i miei figli stanno arricchendo la loro cultura e la loro fede. Inoltre hanno l’opportunità di fare ciò che amano: giocare a basket e divertirsi”
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