Gugliemo Caruso è a Milano: “Per imparare dai migliori”

Gugliemo Caruso è a Milano: “Per imparare dai migliori”

Il nuovo acquisto di Olimpia Milano si presenta sul sito ufficiale del club

Ci vuole passione e un pizzico di fantasia per lasciare i confini amichevoli della propria vita in provincia di Napoli, a Cercola, enclave provvisto di grande passione persino nel territorio di Diego Maradona, per trasferirsi a Torino.

A 13 anni.

Guglielmo Caruso l’ha fatto e adesso che approda all’Olimpia a 24 anni può dire di avercela fatta anche se questo arrivo a Milano dovrà essere un trampolino di lancio non un traguardo. “Negli ultimi anni sono sicuramente migliorato sotto l’aspetto fisico ma sono anche cosciente di dover migliorare molto soprattutto perché, quando il livello si alza si alza anche la fisicità. Sono venuto a Milano proprio perché ci sono le condizioni e anche i compagni da studiare per arrivare al mio massimo. Per il momento sono in grado di fare qualcosa usando la tecnica e la mia agilità nel finire vicino a canestro ma i margini sono ampi”, spiega.

Come tutti i bambini anche lui aveva cominciato a giocare a calcio solo che non vedi in giro tanti calciatori di 2.08. Un centimetro alla volta stava diventando troppo alto per giocare a centrocampo, sulla fascia o anche da difensore centrale. La mamma gli propose di provare con il basket. Era agile, atletico e molto alto. Era perfetto. “Ho provato, forse anche in ritardo rispetto alla normalità, a 10-11 anni, mi è piaciuto e mi sono innamorato di questo sport in modo viscerale. Bellissimo. Ho capito che era la strada giusta per me, sotto la guida di Coach Virgilio Esposito. Da quel momento è diventato la mia vita, un amore incondizionato”, racconta.

Per fortuna a casa aveva anche due sorelline altrimenti come avrebbero fatto i genitori di Willie a lasciarlo andare? Prima a Torino poi addirittura in California. “Moncalieri mi ha seguito nei tornei giovanili, soprattutto al Trofeo delle Regioni con la Campania. Mi ha proposto di trasferirmi nella loro foresteria a Torino, e l’ho fatto supportato dalla mia famiglia. Non è stato facile. Ero un bambino, molte cose non le capivo, ero immaturo. Ero lontano da casa, in una città diversa da Napoli. Gradualmente, con l’aiuto di tutti mi sono ambientato. Superati i primi tempi, tutto è stato in discesa”. Cinque anni a Moncalieri, sotto Coach Vincenzo di Meglio, napoletano come lui, e Andrea Bausano, le nazionali di categoria, il bronzo Under 18 in Turchia che significava la qualificazione ai Mondiali Under 19 in Egitto. È stata una grande soddisfazione: quando vesti la maglia della Nazionale senti sempre un po’ di orgoglio e vincere una medaglia inattesa di grande valore è un’esperienza che ti segna. Non parlo solo del risultato, parlo del gruppo costruito, dei trenta giorni passati insieme. Ed era un gruppo che aveva conquistato il bronzo agli Europei. Resta solo il rammarico per la finale persa con il Canada”. Il Canada, che era guidato da RJ Barrett, ora stella dei Knicks, in un Mondiale in cui c’era anche Rui Hachimura, il giapponese dei Lakers.

Le nazionali giovanili le ha fatte tutte. Nel 2015 era agli Europei Under 16, nel 2016 a quelli Under 18 pur essendo sotto età come si dice in gergo, lui unico azzurro tale insieme ad Alessandro Pajola, quindi i Mondiali Under 19, infine gli Europei Under 20 nel 2019 dove è stato al top, 13.4 punti e 7.1 rimbalzi di media.

Fu in quel periodo che cominciò ad attirare l’interesse dei college americani. “Hanno cominciato a cercarmi che ero minorenne quindi attraverso i miei genitori. Poi dopo i Mondiali Under 19, Santa Clara mi ha chiamato. Sono andato a visitare il campus ed è stato amore a prima vista, per capire come funzionava. Per i miei genitori è stato un altro sacrificio. Un conto è vivere a un’ora e mezzo di volo da casa, un altro trovarsi dall’altra parte del mondo. Sono stati tre anni bellissimi. Sono grato a Santa Clara. Mi ha fatto crescere come giocatore e come persona. Ero vicino a San Francisco, nella Silicon Valley, un clima invidiabile. Da buon napoletano sono condizionato dal meteo. In California non pioveva mai. Perfetto. Ho vissuto dentro un film, in uno degli stati più belli che esistano. È stata un’esperienza impagabile che consiglio a tutti”.

Tre anni ai Broncos, con alcune perle, i 25 punti segnati contro San Josè State, i 19 firmati contro Gonzaga quando era numero 1 del ranking nazionale. In tutto, 68 partite, 9.4 punti e 4.8 rimbalzi di media nell’ultima stagione, quinto per stoppate nella West Coast Conference. Quell’anno Santa Clara è arrivata al terzo turno del torneo di conference e lui fu il migliore della sua squadra, 14 punti contro Portland, 14 contro Pacific, 16 e otto rimbalzi contro Pepperdine, guidata da Colbey Ross che poi avrebbe ritrovato come compagno di squadra a Varese. Il migliore dei suoi compagni era Jalen Williams, quest’anno secondo nella classifica del rookie dell’anno nella NBA, a Oklahoma City. “Si vedeva che aveva struttura, mano e tecnica per giocare ad alto livello. Era concentrato sul basket. 24 ore al giorno in palestra, ha fatto sacrifici che hanno ripagato. Sono contento che stia dimostrando di poter giocare al più livello che esista”, racconta.

Due anni fa c’è stato il ritorno in Italia. A Varese. “Quando vai via al college è come se venissi dimenticato. Quando torni devi ricominciare da zero, ricostruirti tutto. Poi c’è anche il riadattamento al basket europeo diverso da quello americano. Il primo anno a Varese è stato complicato. Ho avuto anche problemi fisici. Il secondo è stato diverso, sono rimasto concentrato e con l’aiuto di Luis Scola a Varese ho avuto la fiducia e la possibilità di dimostrare che stavo lavorando. I risultati sono arrivati. Ci siamo divertiti e tolti delle soddisfazioni”, dice. Soddisfazioni anche individuali. Caruso è diventato un giocatore della Nazionale. In Spagna a febbraio ha segnato 18 punti ne successo esterno sulla Spagna. Una sorta di battesimo del fuoco per lui. “E’ stata una delle prestazioni di cui sono più fiero. In Nazionale senti sempre qualcosa in più. Non mi aspettavo quella partita, vivo giorno per giorno, ed ero felice solo di esserci. Non solo ho giocato bene ma abbiamo vinto, quindi tutto vale di più quando vinci”.

E adesso l’Olimpia: “Sono contento, sono entusiasta. Non è una squadra qualunque, pochi club vantano una storia come questa. Non vedo l’ora di iniziare, sarà una bella sfida, avrò tanto da imparare, ma credo sia il posto giusto per tentare di fare un salto di qualità”.