Ettore Messina è stato protagonista del prodotto video di Gianluca Basile per LBA. Tra le dichiarazioni, anche questa sulla sua gestione del gruppo.
Basile fa notare a Messina come oggi sia più tranquillo rispetto al passato: «I giocatori mi rendono più tranquillo. Perché quando tu vai in campo, è come quello che guida la macchina in Formula 1. Se tu dalla macchina senti qualche rumorino, e senti che c’è qualcosa che non va, hai paura di andare a sbattere. Ecco, allenare è la stessa roba. Quando capisci che la squadra non c’è, che ci sono dei problemi, che ci sono dei limiti, che ci sono delle carenze, hai paura».
E qui entrano in gioco le differenze: «Poi c’erano quelli più bravi di me che riescono a dissimulare. A me purtroppo lo leggono in faccia e questo molte volte è un problema. Molte volte è un problema perché poi il giocatore anche lui si prende paura, c’è una crisi di fiducia. Ci sono molti eccellenti allenatori invece che dissimulano benissimo le loro preoccupazioni, le loro paure, le loro mancanze di fiducia nella squadra.
E invece con Messina è diverso: «E questo è il problema. Infatti io mi rendo conto che ho bisogno di avere nella squadra giocatori che abbiano una personalità abbastanza forte per non farsi condizionare dei miei umori. Purtroppo è così. E me ne dispiace, credimi. Per fortuna ne ho avuti tanti».
Ma non è sempre stato così: «E qualche giocatore sicuramente non l’ho aiutato nella mia carriera. Lo so perfettamente e me ne dispiaccio, credimi, quotidianamente».
Basile osserva come, a volte, sia importante che anche i giocatori capiscano i loro allenatori: «Se si arriva a questo arrivi a un livello che, indipendentemente dal livello della squadra, ti dà grandi opportunità di avere risultati. Anzi, risultati migliori di quelli che forse la squadra potrebbe teoricamente raggiungere. È una forma di accettazione, diciamo, continua»
Il coach, un mestiere solitario: «L’allenatore è solo per definizione. Ma non è una manifestazione di vittimismo, è una realtà. Chiunque ha responsabilità nella gestione delle opportunità delle persone che sono con lui in qualsiasi lavoro. Quindi se io do più opportunità a te, la tolgo a lui e viceversa. Puoi sperare di trovare la disponibilità a comprendere che anche il tuo lavoro non è facilissimo in quelli di cui decidi le opportunità».
Non sempre gli è riuscito: «L’unica volta che mi sono trovato in una situazione del genere è stato a Madrid, quando a un certo punto ho preso l’atto e me ne sono andato a casa. Anche se eravamo in un buon momento, tanto è vero che dieci giorni dopo con Molin sono andati alla Final Four. Se fossi stato un po’ più, diciamo, paziente con me stesso, a quest’ora avrei fatto una final four in più. E mi è costato».
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