«Dove eravamo rimasti»: Attilio Caja e il ritorno alla Fortitudo Bologna

«Dove eravamo rimasti»: Attilio Caja e il ritorno alla Fortitudo Bologna

Attilio Caja si è presentato oggi ai suoi tifosi al ritorno da allenatore della Flats Service Fortitudo Bologna.

Le parole di Attilio Caja nel giorno del suo ritorno in Fortitudo“Intanto un pensiero a Cagnardi, che mi ha mandato un messaggio di benvenuto: la sua è stata una situazione sfortunata, come diceva Boskov gli allenatori si dividono in due categoria, quelli esonerati e quelli che lo saranno. Anche a me è successo e sono ancora qua, e chi è giovane avrà ancora tante occasioni. Confermo le cose dette da Tedeschi riguardo il modo in cui è stata vissuta questa situazione, ringrazio i soci per avermi richiamato e pensato di nuovo a me. Quando ci siamo ritrovati ho pensato a tutto il contorno, ai tifosi che con me sono stati sempre super, e per me era impossibile dire di no. Eccomi qua di nuovo. Faccio mia la frase di Enzo Tortora, ‘dove eravamo rimasti’, è quello che ho detto alla squadra: sono forti, dobbiamo lavorare partita per partita e cercare di tornare nella posizione in cui eravamo. Spero ci si possa arrivare quest’anno, eravamo rimasti ad una finale vinta meritatamente da Trapani, ma dico che avremmo meritato di giocarcela al completo. L’anno scorso avevamo lavorato forte per arrivarci, ora partiamo da un po’ più indietro ma sappiamo quanto è bello arrivare a giocarcela. Alla squadra ho detto che il mio arrivo non è la medicina, dato che sono poi i giocatori ad andare in campo: io cerco di dare aiuto, metterci le mie conoscenze, ma è l’impegno e il modo di allenarsi dei ragazzi che porta a vincere le partite. C’è bisogno di loro, e li ho già trovati molto disponibili, con Aradori ho detto che io do tante regole e sistemi, ma più che al 18 di agosto mi sembra di essere già a fine di settembre, quindi a buon punto. Siamo al 50%, serve un altro 50% per crescere e migliorare, e da questo dipenderanno i risultati. Poi se sapessi dove arriveremo farei un altro lavoro e farei più soldi, ma ho grande fiducia. La società ha detto di essere a disposizione, nella vita tutto è migliorabile, i giocatori sono disponibili e io sono pronto a farmi il mazzo. E davanti a questi tifosi abbiamo tutte le condizioni per fare bene, serve solo un briciolo di fortuna: non voglio pensare troppo avanti, ma se saremo di nuovo sfigati in finale quest’anno e pure il prossimo allora sarà giusto che io me ne vada”

Hai posto condizioni? “Nessuna condizione. Ci sono stati errori, anche miei, magari involontari ma comunque sempre errori, e anche le cose semplici a volte possono diventare slavine. Ma anche ripartire è stato semplice, non ho messo condizioni ma è stato come tornare al luglio 2023. Solo che quella volta c’era da fare tutto, qui una ossatura di squadra c’è e mi piace: alcuni c’erano già l’anno scorso, altri li conosco, e non c’è stato nulla di insormontabile perché le cose leggeri sono cose da mettere a posto. Avevo dei mal di pancia, ma sono influenze facili da curare senza andare a tranciare”

Come migliorare la squadra, diversa da quella dell’anno scorso? “Non ci crederà nessuno, ma io non ho visto nessuna partita di quest’anno della Fortitudo. Sono mentalmente libero, non mi piace andare a vedere il passato perché io scrivo un libro nuovo, non mi metto a fare correzioni: fosse stato a febbraio-marzo sarebbe stata un’altra cosa, perché ci sarebbe stato meno tempo. Ma abbiamo ancora tempo per scrivere un nuovo tema. Il primo posto è lontano, ma pensiamo che l’anno scorso c’erano comunque i playoff”.

Capita spesso che tu torni dove sei già stato. “Anche un altro dirigente che mi aveva già conosciuto mi voleva riprendere. Fa piacere: io sono come sono, conosco i miei errori, e da allenatore devo rispondere con i risultati senza dover essere simpatico o fare il piacione o cercare voti. Sei sempre al limite, ti prendi simpatie o antipatie e non penso a quel che dice la gente. Sarei stato felice, l’anno scorso, se avessi portato la squadra in A1 e ora ci riproverò a modo mio. Chi la prende bene, chi la prende male, ma gli allenatori non vengono giudicati per la simpatia quanto piuttosto per i risultati”

Lo scorso anno hai detto che ti aspettavi certe cose da Aradori. Ora, da Gabriel? “Pietro lo conoscevo, Kenny no. Ma la sua storia parla per lui, nessuno ti regala niente e se giochi te lo sei meritato. E non lo disimpari: con il tempo puoi cambiare la tua velocità, ma lui rimane un giocatore importante, con salario e responsabilità importanti e sono molto contento che ci sia. Ho visto come si applica, bisogna fargli richieste precise ma è un ragazzo intelligente. E quando uno è intelligente sa quello che può fare e chi ha davanti. Farà un ottimo campionato, non buono ma ottimo”