Dino Meneghin: Messina all’inizio non mi piaceva. Poi l’ho capito. Oggi è un gigante

Luca Chiabotti ha intervistato ieri il grande Dino Meneghin per la Repubblica-Milano nella sua rubrica «Uomini e Canestri»

Luca Chiabotti ha intervistato ieri il grande Dino Meneghin per la Repubblica-Milano nella sua rubrica «Uomini e Canestri». Ecco alcuni passaggi.

SUI LUNGHI DI OGGI

«Oggi i lunghi sono carne da cannone: nella stessa azione, devono marcare l’avversario anche oltre la linea da tre punti venendo esposti a molti falli, aiutare sui pick and roll, recuperare, tagliare fuori, prendere i rimbalzi e, in attacco, non vedono una palla. Io penso che coinvolgerli e servirli vicino a canestro sia ancora fondamentale per sviluppare un gioco bilanciato e pericoloso ma la pallacanestro oggi è un tiro a segno e vive solo di tiro da tre»

SU ETTORE MESSINA

«Ettore l’ho conosciuto quando ero team manager azzurro all’Europeo del 1997: all’inizio non mi piaceva perché, abituato a tecnici come Peterson e Tanjevic, non condividevo il fatto che interrompesse spesso l’allenamento per spiegare le cose. Poi ho capito il suo modo per ottenere il meglio dai giocatori, coi quali è molto esigente. Oggi è un gigante, mi piace la sua grinta, certe volte si arrabbia un po’ troppo in panchina e rivedo la scala di colori di Fantozzi: rosso, rosso pompeiano, arancio aragosta… Per questo ha preso con sé Pozzecco che è divino nei rapporti coi giocatori e pronto a sdrammatizzare con una battuta»

SUL PUBBLICO DI MILANO

 «Sempre più esigente perché le aspettative dei tifosi, già alte, sono alimentate dagli ingaggi di grandi giocatori. Ma sempre appassionata: è stato faticoso seguirci ai miei tempi per il continuo cambio di impianti di gioco, ma oggi il Forum, servito dalla metropolitana, è diventato una vera casa»