Dimitris Itoudis ad Area52: Giocavo a calcio, ma l’allenatore non apprezzava i miei capelli lunghi

Dimitris Itoudis ad Area52: Giocavo a calcio, ma l’allenatore non apprezzava i miei capelli lunghi

Dimitris Itoudis ospite di Area 52. Ecco alcune delle sue dichiarazioni riportate da Eurodevotion

Dimitris Itoudis ospite di Area 52. Ecco alcune delle sue dichiarazioni riportate da Eurodevotion.

SUGLI INFORTUNI

«Quando arrivano infortuni ripetuti è frustrante ed il peggio è per il giocatore. A Milano abbiamo perso Nikola ed anche Marius (Grigonis). Ce ne sono stati altri ed abbiamo fatto fatica, ma siamo cresciuti come consapevolezza. La cosa più incoraggiante è che oggi la squadra pare sana e possiamo lavorare per capire cosa potremo essere»

SUL CSKA

«La pallacanestro è basata sulle sinergie. Collaborare coi compagni sul campo è importante come farlo con gli assistenti allenatori, con il presidente e tutta l’organizzazione. Con Andrey Vatutin stiamo collaborando da tempo per fare bene: sbagliamo qualcosa? Certo. Qualunque cosa faccia, cerco di prendere nuove conoscenze da tutto e da tutti. Ci vuole impegno, professionalità: siamo fortunati ad avere questa collaborazione, a poter lavorare in questo ambiente, con questi giocatori, con questa stabilità finanziaria. I giocatori? Non basta firmare 12 MVP, ci vuole chimica ed ognuno deve avere il suo ruolo. Abbiamo molta pressione, ma la maggior parte deve venire da noi stessi, ce la mettiamo noi, tuttavia è una fortuna parlare un linguaggio unico come facciamo al Cska. Una delle cose di cui vado più fiero è che siamo alla terza generazione di giocatori del Cska dal 2014: non è facile ed automatico, dobbiamo conoscerci, soffrire insieme, gestire W ed L ma siamo molto orgogliosi di avere avuto 22 o 23 nuovi campioni di Eurolega».

SULLA SUA STORIA

«Ho parlato spesso della mia storia. Ho iniziato a giocare a calcio come faceva mio padre, ma l’allenatore non mi amava perchè avevo i capelli lunghi ed allora si è chiusa una porta ma si è aperto un portone, come si dice. Mi sono appassionato attraverso la grande generazione di campioni greci che vinse Eurobasket negli anni ’80, i vari Fassoulas, Galis, Yannakis… Decisi di andare in Yugoslavia, a Zagabria, nel 1987/88: in quelli anni non c’era internet quindi tutte le info andavano ricercate con un grande lavoro. Volevo imparare dai migliori ed era necessario fare 4 anni di università prima di poter accedere ad una specializzazione nella pallacanestro. Zagabria era ed è tutt’ora un’eccellenza come università di educazione fisica. Costruirono impianti importanti per le Universiadi del 1987, manifestazione con Toni Kukoc MVP e Duda Ivkovic era il Coach. Fu eccezionale essere lì, tutto era organizzato al meglio. Il primo anno ometti imparare la lingua, poiché senza un certificato linguistico non potevo proseguire».

SULL’ESSERE COACH

«Quando fai questo lavoro devi essere pronto ad essere licenziato il mattino dopo. Con Andrey ci conosciamo da una vita, non saremmo stati insieme 8 anni senza parlare la stessa lingua. Non parlo di lui, ma quando un dirigente licenzia un allenatore in realtà va contro se stesso e la sua scelta. Un altro momento durissimo fu in Madrid nel 2015, quando dominammo per 30 minuti e poi Spanoulis confezionò il miracolo. Da lì nacque la storia dell’Olympiacos che vince sempre ed il Cska che perde, ma per me è tutta narrativa, non è vero. E’ come si vuole vendere quella narrativa. Non ho nulla in contrario, ma la realtà è diversa. Noi siamo stati anche quelli che da meno 21 sono arrivati ad un tiro dal battere l’Efes a Colonia… Tutto si può dire, anche che io sia biondo… La narrativa è una cosa, la realtà è un’altra. Siamo un club dove c’è un Presidente che vive la squadra e l’ambiente al 100%, non è uno di quelli che segue un giorno sì e tanti altri no. E’ un lavoro di sinergie».