“Chairman Maodo”: la storia del Campione del Mondo dell’Olimpia

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Un focus sull'ex Bayern e ALBA Berlino, pronto a iniziare la sua prima esperienza al di fuori della Germania

Alla Columbia University lo chiamavano “Chairman Maodo”. Nessuno sa come sia nato il soprannome. Il primo a usarlo fu il “Columbia Spectator”, il sito degli studenti dell’Università. Piacque a venne riproposto in seguito, nell’arco della carriera di Maodo ai Lions. Poi è stato rinfrescato in altri momenti anche dopo il suo ritorno in Europa. Così abbiamo “Chairman Maodo” un chiaro riferimento dialettico a “Chairman Mao Zedong”, l’influente presidente della Repubblica Popolare Cinese. Nonostante il suo innegabile ruolo nella storia del mondo non solo cinese, solo in un’istituzione accademicamente elevata come Columbia potevano pensare a un riferimento così culturalmente importante.

Il nome Maodo in realtà lo deve al padre senegalese nel cui dialetto “Maodo” significa “Grande” ed è riferito ad una divinità religiosa. La madre tedesca invece è una grande artista, Elvira Bach i cui dipinti post-moderni sono mostrati in tutte le migliori gallerie d’arte al mondo, incluso il MOMA e il Guggenheim di New York. Lo è nato con la passione per il basket ma a Berlino stranamente non è stato reclutato dall’Alba e alla fine per tentare di dare una svolta alle sue prospettive decise di trasferirsi negli Stati Uniti, prima in un liceo di Springfield, la patria della Hall of Fame, vicino Boston, uno shock culturale per un ragazzo proveniente da una città multiculturale come Berlino. Coach Kyle Smith lo volle a Columbia, su suggerimento di un osservatore che l’aveva visto in Germania durante un viaggio di scouting. Columbia è nel cuore di New York. Fa parte della Ivy League, la Lega dei college accademicamente più prestigiosi come Harvard, Yale, Princeton e appunto Columbia con il suo meraviglioso campus situato nella parte alta di Manhattan, sulla Broadway a 10 minuti a piedi da Central Park North.

La Columbia è stata fondata nel 1754 e non ha mai smarrito la sua identità. Ma nello sport non è mai stata il massimo. L’albo d’oro parla di tre titoli nazionali all’inizio del 900, assegnati retroattivamente, ma parliamo di un’altra era. L’unica vera fiammata la ebbe alla fine degli anni ‘60 quando il coach Jack Rohan si affidò al grande Jim McMillian, futura stella dei Lakers, protagonista anche in Italia, per arrivare tra le prime 10 del ranking e disputare il Torneo NCAA. Ma dal 1968 a quei livelli non è mai più tornata.

Ma l’allenatore, Kyle Smith, aveva grandi idee. Fu lui a reclutare Maodo Lo e portarlo a Manhattan insegnandogli il gioco che l’avrebbe completato. Lo è veloce, portato a correre, ma Columbia giocava il “Princeton Offense”, un sistema basato su taglia, passaggi e tiri da fuori, che mangiava spesso almeno 30 dei 35 secondi concessi a livello NCAA per andare al tiro. In allenamento, Coach Smith prestava grande attenzione agli esercizi di tiro. Maodo Lo in quegli anni è diventato un grande tiratore. Dopo il secondo anno nei Lions, con le cifre in costante crescita, tutti i club tedeschi gli proposero di tornare a casa. Ma lui restò. Voleva giocare il Torneo NCAA. Per farlo avrebbe dovuto vincere la Ivy League. Nel 2015, segnò 37 punti contro Princeton, ma perse. Non ce la fece nemmeno nel 2016 quando però “Chairman Maodo” guidò Columbia al successo nel CIT, uno dei tornei post-stagionali che potrebbe sembrare consolatorio ma per un college ha il suo peso.

Maodo Lo in quattro anni è diventato il terzo realizzatore di sempre nella storia dell’ateneo oltre che primo nei palloni rubati e nei canestri da tre punti. Si è tolto tante soddisfazioni, ad esempio, quando ha segnato 16 punti in trasferta, a Kentucky, che allora era numero 1 del ranking. I 24 punti segnati a Connecticut, che difendeva il titolo vinto l’anno prima. È stato due volte primo quintetto della Ivy League e una volta secondo quintetto. La sua carriera ai Lions è finita con 12 gare consecutive in doppia cifra e al CIT è stato nominato MVP. Ma emergere a Columbia ti può dare una marcia in più nella vita professionale solo a patto che non contempli lo sport. Maodo Lo non è stato scelto nei draft NBA anche se i Philadelphia 76ers lo portarono alla summer league. Avrebbe potuto tentare la carta NBA con un contratto parzialmente garantito, ma optò per tornare a casa.

Scelse Bamberg dove comunque facevano l’EuroLeague, a quei tempi, e tra i suoi compagni di squadra trovò anche Nicolò Melli (oltre a Daniel Theis, un altro campione del mondo, Fabien Causeur e il futuro giocatore NBA, Darius Miller). “Avevo un ruolo minore, soprattutto difensivo”, ha spiegato lui. Nelle stagioni seguenti il suo ruolo si è ampliato soprattutto quando è arrivato a Berlino, la sua città. Maodo ha giocato in tutte e tre le squadre tedesche di punta dell’ultimo decennio passando da Bamberg a Monaco e da Monaco a Berlino dove ha vinto due titoli della Bundesliga, ma quattro in totali. Ha vinto il campionato a Bamberg nel 2017, a Monaco nel 2018 e a Berlino nel 2021 e 2022. Nel 2022 quando ha vinto anche la Coppa di Germania è stato MVP della competizione. Nel frattempo, è stato una colonna portante della Nazionale. Nel 2021 nel Preolimpico, assente Denis Schroder, fu lui a ferire la Croazia per conquistare l’accesso ai Giochi di Tokyo dove ebbe 14.3 punti per gara, segnandone 24 contro l’Italia in una partita vinta dagli azzurri. Lo scorso anno ha vinto il bronzo europeo e quest’anno è diventato Campione del Mondo, il punto più alto e appagante della sua carriera.

Da professionista ha sempre e solo giocato in Germania, vincendo tanto. Avrebbe potuto partire altre volte, ma c’è sempre stato un motivo per non farlo, incluso il fatto che l’Alba era casa sua. “L’avremmo voluto da noi già in passato, ma non se la sentiva di andare via”, ha ammesso Coach Ettore Messina durante la presentazione della squadra. Quest’anno ha pensato fosse arrivato il momento giusto. Ha giocato solo in Germania da professionista, ma è stato cinque anni negli Stati Uniti. Ora tutto il suo talento atletico e realizzativo (ricordare la partita da 6/6 da tre al Mondiale) sarà al servizio dell’Olimpia.

 

Fonte: Ufficio Stampa Olimpia Milano.