Brandon Davies, la storia del nuovo centro di Olimpia Milano

Brandon Davies, la storia del nuovo centro di Olimpia Milano

La vita di Brandon Davies è stata un’avventura fin dal primo giorno

La vita di Brandon Davies è stata un’avventura fin dal primo giorno. Il luogo di nascita è Philadelphia, ma Brandon aveva appena due giorni quando si trasferì a Provo nello Utah, assieme alla mamma adottiva Linda. La madre biologica aveva solo 16 anni quando nacque; Linda aveva già due figli adottivi, di origini indiane, ma un anno prima aveva adottato un terzo bambino che purtroppo morì presto lasciando un vuoto terribile nella sua esistenza. Decise di colmarlo adottandone un altro, Brandon appunto. È così che un ragazzo di colore nato sulla costa orientale si ritrovò nello stato mormone dello Utah, nella città universitaria che ospita la Brigham Young University. I fratelli Davies sono sempre stati un mix interessante: il più grande Shawn è alto 1.70, Heather è più piccola e poi c’è Brandon, che è alto 2.08.

Il primo amore non si scorda mai, ma a ben vedere era un segno del destino. Quando cominciò a fare sport sul serio, Brandon optò per il calcio. Era un attaccante, una punta, e faceva gol spesso. Ma continuava a crescere, soffriva gli spazi stretti e andò in porta. Era anche un buon portiere per lo Utah Rangers Football Club. Ma non durò molto (“Stavo lì tra quei pali, senza fare nulla, non era divertente”) e alla fine decise di dedicarsi al basket. In breve, diventò una piccola celebrità locale giocando per la Provo High School con la quale vinse il titolo dello stato da sophomore e da junior, finendo secondo da senior nonostante il record della squadra in quell’anno fu 17-1. Venne convocato per lo Utah Valley All-Star Classic e fu nominato MVP. I due quotidiani di Salt Lake City, il Tribune e il Deseret News, lo inclusero nel quintetto dei migliori giocatori dello Utah. Brandon poteva scegliere qualsiasi scuola nella parte occidentale del paese, ma alla fine decise di restare a casa. Non si spostò nemmeno di qualche chilometro, accettò la proposta di BYU, che ha comunque eccellente tradizione cestistica. “Avevo amici che andavano lì, potevo restare vicino a mia madre, aiutarla”, ha spiegato.

Con i Cougars, avrebbe giocato 135 partite, con 12.4 punti e 6.2 rimbalzi di media in carriera, durante un periodo di grandi risultati per BYU. Nel 2009/10, quando era al primo anno, i Cougars vinsero 30 partite su 36 qualificandosi per il Torneo NCAA. Erano la squadra del fantasioso Jimmer Fredette – in seguito nella NBA ma anche in EuroLeague al Panathinaikos -, la squadra che l’anno successivo arrivò fino al numero 3 del ranking, vinse 27 partite delle prime 29, imbattuta in casa, quando Davies, che completava il gioco di Fredette, venne sospeso per futili motivi (in altre parole, violò il cosiddetto e rigoroso codice d’onore imposto dalla religione mormone: “La considero una lezione, avevo preso un impegno e avevo mancato di rispettarlo”). L’anno seguente, Fredette era nella NBA: Davies venne riabilitato ma ovviamente la squadra non era più così forte, anche se riuscì comunque a giocare due partite nel Torneo NCAA. Alla fine, segnò 15.2 punti per gara con 7.7 rimbalzi da junior, 17.8 e 8.0 da senior. In ambedue le annate, fu incluso nel miglior quintetto di conference. BYU nel suo ultimo anno fu relegata al NIT, il torneo di consolazione, comunque prestigioso, in cui arrivò fino alla semifinale.

Nei draft NBA del 2013 non venne selezionato: era troppo leggero per giocare centro come al college e il suo tiro da fuori non era abbastanza efficace per permettergli di giocare da ala grande. Una diagnosi sintetica ma abbastanza realistica. Pronto a mettersi in discussione, andò a giocare il camp di Portsmouth dove venne scelto come MVP. Le sue prove attirarono l’interesse dei Clippers e successivamente ha giocato anche a Philadelphia e Phoenix, in tutto 78 presenze, 286 punti e 192 rimbalzi nella NBA. Con questo pedigree, si spostò in Europa: le tappe si chiamano Chalon, Varese, Monaco, ma la svolta arrivò a Kaunas con il conseguente debutto in EuroLeague. Dopo una prima stagione di apprendistato, l’esplosione nel suo secondo anno lituano quando lo Zalgiris arrivò alle Final Four e lui fu incluso nel primo quintetto della competizione dopo aver segnato 14.2 punti per gara con 5.5 rimbalzi. Lo Zalgiris conquistò i playoff nell’ultima notte della regular season vincendo a Madrid. Davies in quella partita segnò 27 punti. Ma soprattutto ne segnò 12 negli ultimi cinque minuti quando venne rispedito in campo da Sarunas Jasikevicius per l’ultimo assalto. Brandon segnò quattro jumper di fila dalla media, poi ne sbagliò uno, centrò il sesto tiro e infine realizzò due tiri liberi lanciando la squadra verso il trionfo. Una prestazione stratosferica. A fine stagione, venne reclutato dal Barcellona dove un anno dopo venne a sua volta raggiunto da Jasikevicius.

A Barcellona, è rimasto tre stagioni. Ha vinto il titolo spagnolo nel 2021, ha vinto due volte la Coppa del Re, ha giocato due volte le Final Four, a Colonia affrontando l’Olimpia in semifinale. Nel 2021 è stato incluso nel secondo quintetto di EuroLeague accanto a Shavon Shields, quattro volte in carriera è stato MVP della settimana. Quella di Davies è dunque la storia di un giocatore vincente, che in cinque stagioni di EuroLeague, mentre avvicina i 2.000 punti e 1.000 rimbalzi in carriera, ha raggiunto le Final Four tre volte (un anno non si sono disputate) e vinto 112 partite su 169. Non resta che continuare con le buone abitudini.