Intervistato dal settimanale “Sportweek” di “Gazzetta dello Sport”, Marco Spissu si è raccontato partendo dalla sua scelta da bambino piccolo di giocare a calcio: “Punta centrale, segnavo tanti gol. Mio fratello più grande giocava a basket, l’altro a calcio, mio padre allenava sia a basket che a calcio, io mi dividevo tra i due. Pallone al Latte Dolce e alla Sacra Famiglia, pallacanestro alla Virtus prima e allo Sportissimo poi. Sono andato avanti così fino alla terza media, quando ho dovuto scegliere perché i miei genitori non potevano più portarmi da una parte all’altra di Sassari, la mia città. Ho scelto il basket perché mi divertiva di più”.
Un giorno a scuola Spissu prese una nota a causa del basket: “Succede un giorno in cui avremmo avuto una partita importante. Ero in seconda superiore, avrò avuto 15 anni. Sedevo in un banco vicino alla finestra, la prof di italiano e storia mi becca che guardo fuori mentre lei spiega. Si avvicina e fa: ‘Marco, cosa ho detto?’. ‘Non lo so, prof’. ‘A cosa pensavi?’. ‘Alla partita di stasera’. ‘Portami il quaderno’ e ha messo la nota, indirizzata a mia madre: ‘Suo figlio non segue la lezione perché pensa al basket’. Mamma ha firmato, poi si è messa a ridere. Il bello è che oggi quella prof è una grande tifosa di basket e della Dinamo Sassari”.
Venezia può puntare allo Scudetto e combattere con Milano e Bologna? “Loro hanno un roster più profondo, ma noi siamo lassù e vogliamo restare aggrappati. Poi nei playoff si giocano tante partite ravvicinate e i rapporti di forza possono cambiare. L’impatto con Venezia città? È unica. Quelle case nell’acqua… Mi piace prendere il taxi e passare sui canali. Mi dicevano che il segreto per godersi Venezia è perdersi per le vie del centro. È vero, sembra un labirinto. Un affascinante labirinto”.
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