In esclusiva per l’Italia, Sportando ha avuto la possibilità di partecipare a una conference call con John McCullogh, ex assistente di Terry Stotts ai Portland Trail Blazers e attualmente uno degli allenatori coinvolti nel programma Jr. NBA Coaches, programma lanciato nel 2020 e che rappresenta una piattaforma virtuale di contenuti comprendente esercitazioni, video istruttivi e clinic. McCullogh, da giocatore protagonista anche in Francia al Pau-Orthez con cui ha vinto la Coppa Korac nel 1984, ha risposto a diverse domande sulla sua vita da assistente allenatore.
Sul rapporto con Terry Stotts, con cui ha lavorato per oltre 10 anni dopo averci giocato insieme al college: “Siamo molto amici, e quando giocavo in Francia veniva spesso a trovarmi. Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, prima come scout e poi come suo assistente, ho visto da subito che rispettava la mia conoscenza del gioco. Avevamo idee diverse, ma ha valorizzato alcuni miei concetti portandoli dal College alla NBA. Anche se pensavo fuori dagli schemi lui non esitava a prendere ciò che reputava una buona idea”.
Sulla “numerosità” dei Coaching Staff NBA rispetto a quelli europei o del college: “Al College non avevo il lusso di poter contare su tanti assistenti quanti ce ne sono in NBA. A Portland eravamo cinque, e Terry faceva la migliore sintesi possibile dell’opinione di tutti. Lui cercava di avere professionisti dal background diverso, anche giovani da fare crescere professionalmente come allenatori. Non mi piace pensare nel basket ad allenatori dediti a una sola caratteristica, ci possono essere interessi maggiori ma penso sia meglio essere in grado di fare un po’ tutto. E tutti avevamo più responsabilità”.
Sulle responsabilità come scouting (McCullogh è stato advance scout per quattro stagioni a Portland): “Mi occupavo delle statistiche avanzate, condividendo quelli che erano i miei risultati con gli scout della squadra, ma analizzando le prossime avversarie NBA. Basket che guardavo al di fuori del lavoro, NCAA o Europa, era per ‘aggiornamento professionale’ e puro interesse personale. Quel mio lavoro era focalizzato alla preparazione della partita, non all’analisi dei futuri prospetti”.
Sul valore aggiunto portato in NBA dalla sua esperienza al College: “Ho sempre incontrato molto rispetto da parte dei giocatori, anche perché c’era una buona cultura di squadra. A volte, davanti a giocatori NBA, ti senti in soggezione, come se tu non fossi in grado di poter insegnare loro qualcosa di nuovo. La cosa che mi ha aiutato di più nel superare questa sensazione è stata il cercare di sviluppare un rapporto personale con il giocatore, nel rispetto dei rispettivi ruoli, basato sulla fiducia. È stata una grande esperienza per me, avevo qualcosa da offrire loro e loro erano disponibili ad ascoltare per diventare giocatori migliori”.
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