In una lunga intervista concessa a “la Tribuna di Treviso”, D’Angelo Harrison ha parlato dei ricordi che ha della sua terra natìa, l’Alaska: “Non molti a dire il vero. Sono rimasto lì fino ai 3-4 anni, ma vivevo una situazione familiare difficile. Ho un fratello più grande, DeAndre, che ha 3 anni più di me. Purtroppo i nostri genitori non erano in grado di occuparsi di noi, mia madre ha avuto dei problemi con la giustizia, mio padre in pratica non l’ho mai conosciuto. Così siamo andati in Texas dai miei nonni, siamo cresciuti con loro”.
E invece gli anni del college negli USA come lo hanno formato? “Molto stimolanti, come giocatore ho stabilito diversi record, ma avevo un carattere come dire… fumantino. Ero molto competitivo di mio, e poi c’era questa cosa dei tifosi che in ogni posto dove andavo non perdevano l’occasione per beccarmi. Mi urlavano di tutto, mi rinfacciavano la mia situazione familiare, prendevano in giro mio fratello. E io mi infiammavo, la prendevo sul personale, forse troppo”.
Dopo l’Università Harrison ha iniziato la sua carriera da professionista: “Ho fatto un provino con gli Houston Rockets, ma non è andata come speravo. Così ho esplorato le possibilità che c’erano in Europa. Come rookie sono finito in Turchia in un paese molto solitario, quasi in mezzo al nulla. Per fortuna la mia carriera mi ha portato in Italia, un paese che amo e dove vorrei restare a lungo”.
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