La storia di Fabrizio Pugliatti è l’esempio eclatante che l’amore autentico e la passione senza tempo possano portare alla realizzazione dei propri sogni. Ultimo di quattro figli, Fabrizio nasce il 10 febbraio del 2004.
Fin dalla tenera età di 5 anni, mostra un’attitudine e un feeling speciale con la palla a spicchi:
“𝘌𝘳𝘰 𝘪𝘯𝘴𝘵𝘢𝘯𝘤𝘢𝘣𝘪𝘭𝘦, 𝘯𝘰𝘯 𝘳𝘪𝘶𝘴𝘤𝘪𝘷𝘰 𝘢 𝘴𝘵𝘢𝘳 𝘧𝘦𝘳𝘮𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘱𝘪𝘶’ 𝘥𝘪 𝘤𝘪𝘯𝘲𝘶𝘦 𝘮𝘪𝘯𝘶𝘵𝘪. 𝘖𝘨𝘯𝘪 𝘴𝘦𝘵𝘵𝘪𝘮𝘢𝘯𝘢 𝘢𝘴𝘴𝘪𝘴𝘵𝘦𝘷𝘰 𝘢𝘨𝘭𝘪 𝘢𝘭𝘭𝘦𝘯𝘢𝘮𝘦𝘯𝘵𝘪 𝘥𝘦𝘪 𝘮𝘪𝘦𝘪 𝘧𝘳𝘢𝘵𝘦𝘭𝘭𝘪 𝘱𝘪𝘶’ 𝘨𝘳𝘢𝘯𝘥𝘪.”.
Se la maggior parte dei giocatori scopre la pallacanestro nel corso della propria adolescenza, Fabrizio appare quasi un predestinato, nato e cresciuto con quell’amore trasmesso, quasi per osmosi, da suo padre.
“𝘔𝘪𝘰 𝘱𝘢𝘥𝘳𝘦 𝘩𝘢 𝘴𝘦𝘮𝘱𝘳𝘦 𝘭𝘢𝘷𝘰𝘳𝘢𝘵𝘰, 𝘯𝘰𝘯 𝘮𝘪 𝘩𝘢 𝘧𝘢𝘵𝘵𝘰 𝘮𝘢𝘯𝘤𝘢𝘳𝘦 𝘮𝘢𝘪 𝘯𝘶𝘭𝘭𝘢”.
Fabrizio ha cominciato la sua carriera a soli 7 anni nelle fila dei “Gladiadores De San Diego”, squadra locale con la quale ha disputato ben quattro partite a settimana:
“𝘚𝘰𝘯𝘰 𝘴𝘦𝘮𝘱𝘳𝘦 𝘴𝘵𝘢𝘵𝘰 𝘢𝘣𝘪𝘵𝘶𝘢𝘵𝘰 𝘢 𝘨𝘪𝘰𝘤𝘢𝘳𝘦 𝘤𝘰𝘯 𝘳𝘢𝘨𝘢𝘻𝘻𝘪 𝘱𝘪𝘶’ 𝘨𝘳𝘢𝘯𝘥𝘪 𝘥𝘪 𝘮𝘦”.
Ma giocare a pallacanestro in un Paese così in difficoltà è complicatissimo, e lo è ancor di più concentrarsi sulla programmazione e lo sviluppo dei settori giovanili. Per non parlare della ricerca di strutture idonee, una vera utopia quando a mancare è il cibo. Per questo motivo la migrazione viene spesso vista come unica opportunità per migliorare la propria esistenza e, chissà mai, realizzare il proprio destino. Ecco che talenti promettenti, già a quattordici/quindici anni, si vedono costretti a lasciare il Venezuela alla ricerca di un lavoro dignitoso.
È stato così così anche per Fabrizio. La ruota della fortuna ha segnato la sua destinazione: Roma e la foresteria della Stella Azzurra.
“𝘚𝘰𝘯𝘰 𝘨𝘳𝘢𝘵𝘰 𝘢𝘪 𝘮𝘪𝘦𝘪 𝘨𝘦𝘯𝘪𝘵𝘰𝘳𝘪. 𝘓𝘢 𝘮𝘪𝘢 𝘧𝘢𝘮𝘪𝘨𝘭𝘪𝘢 è 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘮𝘦. 𝘚𝘰𝘯𝘰 𝘢𝘭𝘭𝘢 𝘚𝘵𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘱𝘦𝘳 𝘥𝘪𝘷𝘦𝘯𝘵𝘢𝘳𝘦 𝘶𝘯 𝘨𝘪𝘰𝘤𝘢𝘵𝘰𝘳𝘦 𝘮𝘪𝘨𝘭𝘪𝘰𝘳𝘦. 𝘚𝘰𝘨𝘯𝘰 𝘭’𝘕𝘉𝘈.”
Fabrizio è ben consapevole dei propri obiettivi, ma non dimentica chi, in questo percorso ancora tutto da scrivere, gli è stato sempre vicino, insegnandogli i valori dello sport e della vita:
“𝘋𝘦𝘷𝘰 𝘵𝘢𝘯𝘵𝘰 𝘢𝘭 𝘤𝘰𝘢𝘤𝘩 𝘔𝘢𝘶𝘳𝘪𝘤𝘪𝘰 𝘊𝘳𝘦𝘴𝘱𝘰, 𝘤𝘩𝘦 𝘰𝘳𝘢 𝘮𝘪 𝘨𝘶𝘢𝘳𝘥𝘢 𝘥𝘢 𝘭𝘢𝘴𝘴𝘶’. 𝘓𝘶𝘪 𝘦’𝘴𝘵𝘢𝘵𝘰 𝘪𝘭 𝘮𝘪𝘰 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘰 𝘮𝘦𝘯𝘵𝘰𝘳𝘦, 𝘭𝘢 𝘮𝘪𝘢 𝘨𝘶𝘪𝘥𝘢, 𝘪𝘭 𝘮𝘪𝘰 𝘢𝘭𝘭𝘦𝘯𝘢𝘵𝘰𝘳𝘦 𝘢𝘪 𝘵𝘦𝘮𝘱𝘪 𝘥𝘦𝘪 𝘎𝘭𝘢𝘥𝘪𝘢𝘵𝘰𝘳𝘦𝘴. 𝘊𝘪 𝘴𝘢𝘳𝘢’ 𝘴𝘦𝘮𝘱𝘳𝘦 𝘴𝘱𝘢𝘻𝘪𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘭𝘶𝘪 𝘯𝘦𝘭 𝘮𝘪𝘰 𝘤𝘶𝘰𝘳𝘦”.
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