Stefano Rusconi, primo atleta italiano a scendere in campo in NBA nella stagione 1995-96, di recente è stato ospite di Boomerball, Podcast condotto da Alessandro Toso e Massimo Iacopini.
Inevitabile il confronto tra il basket di una volta e quello di oggi.
“Le società all’epoca avevano la pazienza di far crescere un giovane. Poi con quello che mi avevano pagato….
Altri tempi il nostro basket: se noi giovani alzavamo la cresta, i veterani di davano due schiaffoni. Ma ci proteggevano anche, la pressione era più goliardica. Oggi coi social tutti si sentono in diritto di criticare. L’esempio è Bargnani: come si fa a prendersela con
una prima scelta che faceva 20 punti di media in Nba?”.
Il suo approdo in NBA.
“L’anno precedente ero stato nominato miglior giocatore del campionato italiano. Mi cercarono i Suns, ma non ero così convinto di accettare. Ero fisicamente più piccolo della media dei centri Nba e non avevo tiro da fuori. Mi fecero un triennale garantito da 400.000 dollari a stagione. La Virtus mi offrì un miliardo abbondante, quasi il doppio. Alla fine mi dissi che dovevo provarci, quando mai mi sarebbe ricapitato?”.
L’esperienza alla fine durò per 7 partite, con 8 punti totali in 30 minuti, ma nessun rimpianto.
“Coach Westphal mi disse che il mio momento sarebbe arrivato, fatto sta che giocai solo spezzoni di 7 partite grazie al vice Silas. Mi proposero anche uno scambio con Cleveland, ma a quel punto capii che l’Nba non faceva per me. Non volevo essere un comprimario né snaturare il mio gioco e il mio modo di essere, e poi il legame che c’era con i compagni laggiù non era lontanamente paragonabile a
quello che c’era qui. Era un mondo a parte, dove volavi con l’aereo privato e non facevi neanche il checkin: potevamo fare anche i narcotrafficanti…”.
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