E’ il giorno di Sandro Gamba, e la leggenda è ospite di Roberto De Ponti sul Corriere della Sera. Ecco alcune delle sue risposte.
SUL GAMBA DAY
«Più che il Gamba Day, direi il Gambadilegno… Non sono più agile come una volta, mi tocca avere le vene varicose e le ginocchiere. Però sono ancora sveglio. Sono già emozionato adesso. Penso che sugli schermi faranno vedere qualche immagine del sottoscritto, mi vedrò giovane e bello, quando giocavo, allenavo e vincevo per la squadra della mia città».
SU VARESE
«Mi si stringeva il cuore, quando presi quella decisione. Mi avevano detto “emigra, che è meglio”. Non volevo rimanere assistente a vita, così me ne andai. Varese era una squadra vincente, ma tutti dicevano che era ormai al tramonto. Io ho riempito di nuovo il serbatoio».
SUL TIFO PER MILANO
«Ma certo! Io ho il cuore biancorosso. Sono nato qui, ho cominciato a giocare sul campetto interra battuta di via Washington 33, al campo sportivo Borletti che è ancora così. Ho imparato a giocare dai militari americani, cercando di imitarli. Sono stato junior, sono arrivato alla prima squadra, poi in Nazionale, ho disputato Europei e Olimpiadi. Tutto grazie a Milano»,
SU MILANO
«Milano è sempre stata la guida del movimento. Ha fatto la storia del basket italiano. Anzi, dello sport. Ha presente il Simmenthal? Con quel nome abbiamo cambiato lo sport, anche il calcio, indicando la strada delle sponsorizzazioni per portare soldi nel movimento sportivo».
SU ETTORE MESSINA
«Potrebbe non piacermi? È stato mio collaboratore per molti anni, nei club e in Nazionale».
SU CHI VORREBBE ALLENARE
«Un giocatore? Preferisco parlare di quintetti, perché il basket è uno sport di squadra. E mi piacerebbe allenare questo quintetto dell’Olimpia. Perché è forte, ha valori ed è ben allenato».
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