Lunga intervista con il Corriere della Sera per il CT azzurro Gianmarco Pozzecco, diversi i temi trattati
Sul livello del Mondiale: “La realtà rimane immutata. Se mi svegliassi e scoprissi che, per dire, ha vinto la Germania, non mi stupirei; ma non mi stupirei nemmeno se la Germania finisse 12esima. Ho contato almeno 12 squadre in grado di imporsi: sarà un Mondiale equilibrato. L’Italia è cresciuta, anche per il legame che i ragazzi hanno con la maglia azzurra”.
Sull’Italia e il gioco azzurro: “Ho aggiunto giovani di talento, anche se la squadra ha le stesse caratteristiche. Palleggiamo il meno possibile, l’altruismo è la cifra comune e puntiamo sulla collaborazione. Giocare con il cuore? Significa esplorare il talento e la personalità: da qui nasce il sentimento di prendere le cose a cuore, anche fuori dalla palestra. Ci sono vari modi per gestire un gruppo: assieme ai giocatori ho deciso questo schema, anche perché mi sento protetto da loro. Ho scelto un gruppo che lavorasse per un’identità in vista del Mondiale. C’era il rischio che qualcuno ne approfittasse, sentendosi sicuro del posto? No, il giocatore italia no è responsabile”.
Su Melli: “Nicolò è quello che si avvicina di più a Dino Meneghin, il vincente per antonomasia. Pressione in più? Non so. Anzi, rispondo così: un padre vede suo figlio bello o brutto?”.
Su Banchero: “Ha fatto la sua scelta, legittima: giocare per gli USA. Abbiamo fatto di tutto per averlo, siamo stati anche sfortunati: senza il Covid avrebbe vestito l’azzurro. Paolo si sarebbe inserito bene, ma non avrei potuto chiedergli di avere il legame con la maglia che hanno gli altri”.
Su Thompson e il no ai naturalizzati di Petrucci: “D’accordissimo con lui: è il dirigente numero uno dello sport italiano. È la favoletta della volpe e dell’uva? Per i naturalizzati la Nazionale è un’opportunità. Ma quando lo diventa di meno, cambia tutto. Thompson, brava persona, non può avere lo stesso sentimento di Spissu, che rappresenta la Sardegna”.
Commenta
Visualizza commenti