“Sarà complicato per me parlare” – inizia così un Gianmarco Pozzecco visibilmente emozionato nel dopogara – “sono diventato più emotivo e quindi certe cose preferirei evitarle, ma non ci riesco, è più forte di me e quindi spero questa volta di essere più audace e non farmi travolgere dalle emozioni. Un caso della vita ha voluto che due giorni fa è scomparso Dado Lombardi, che figo che era! La mia vicina di casa mi ha scritto un messaggio ieri: ha letto il mio libro e pensava che Dado Lombardi rappresentava quello che rappresenta per tutti noi a Trieste nei fantastici anni dell’Hurlingam, dove tra l’altro mio padre gli faceva da vice. Era una leggenda in casa Pozzecco, poi io ho avuto la grandissima fortuna di incrociarlo nella mia carriera ed è quello che mi ha portato a giocare dalla Serie B alla Serie A1 a Livorno. Poi le nostre strade si sono incrociate di nuovo quando a Varese in un’annata complicata hanno chiamato lui in panchina. Adesso dirò una cosa impopolare: personalmente è stato l’anno più bello della mia vita. E’ vero che i giocatori di pallacanestro vengono pagati per vincere, è vero che ho sempre fatto di tutto per vincere – come mi ha insegnato Tullio Micol – però fare quasi 30 di media (da quando è arrivato lui) e giocare in una squadra dove il tuo allenatore prepara uno schema per far si che gli altri si passino la palla per poi fare in modo che ti ritorni e poi alla domanda “Dado cosa devo fare?” la risposta è sempre stata “Come al solito quello che ti pare!”. Sono stati due giorni veramente tristi perché è morta una parte di me; Tullio Micol mi ha già lasciato, ora mi ha lasciato anche lui. Dedico la vittoria alla figlia e a Dado, che ora sicuramente starà ridendo. Racconto un aneddoto: al giovedì sera a Varese andavamo a giocare alla vecchia “Prima cappella”, per fare team building, per fare squadra. Una decisione societaria che lui condivideva. Io mi mettevo vicino a lui, perché era interessante, non smettevo di ridere. Faceva sempre dei casini con gli ordini e non si capiva mai perché. Alla terza volta riuscirono a capire che Dado non ordinava, ma quando gli passava davanti un piatto che gli piaceva diceva “Mio!” e lui sostanzialmente mangiava quello che avevano ordinato gli altri. Un vero personaggio! Purtroppo in questo maledetto weekend è morta anche Teresa, la moglie di Virginio Bernardi, un po’ il nostro angelo custode: lo era prima e lo sarà ancora di più oggi. La nostra vocina, sia mia che di Virginio, persona a cui io voglio veramente bene perché non si scinde il rapporto umano da quello professionale nel momento in cui tu scegli il tuo agente. Mando alla famiglia un grosso abbraccio. Mando un grosso abbraccio anche al mio amico Marco Varesano, figlio e nipote di due grandi ex giocatori di pallacanestro: Alessia Varesano, che ha fatto la storia della pallacanestro femminile qui a Trieste e di Luca, che è un mio amico e ci ha guardato, facendo anche il tifo per noi. Tutto il resto non conta, se volete parlo della partita, sono un professionista e vengo pagato per questo. La prima cosa che devo dire è che i ragazzi che ho sono straordinari, mi sento un uomo fortunato per quello che in questi tre anni a Sassari abbiamo avuto la fortuna di trovare, certamente per la sapienza del nostro General Manager e di tutto il mio staff. La società stessa è formata da grandi persone; prima della partita ho fatto uno speech in cui ricordavo quanto fosse stato importante e bello per me giocare per Dado Lombardi e quanto fosse bello per me giocare con confidenza. Ho chiesto semplicemente a loro di onorare il nome di un grande tecnico e di un grande giocatore che mi ha regalato grande gioia di giocare a pallacanestro e grande fiducia. Ringrazio i miei giocatori che in una giornata così complicata per me, mi hanno regalato questa gioia da poter dedicare a queste persone che non ci sono più.”
“Siamo partiti forte, 11-2, ma ho visto giocare Trieste contro Cremona, che si era trovata nella medesima situazione, contro la Fortitudo se non erro sono partiti con un 6-20. Sapevamo quindi che Trieste non molla mai: l’ha dimostrato soprattutto nel secondo quarto, in cui ha aumentato l’aggressività in difesa in modo esponenziale e ha iniziato a giocare di conseguenza anche in attacco con grande energia e con grande sapienza. Ribadisco gli stessi concetti che ho detto prima di questa gara: Trieste è una realtà solida e anche oggi ha giocato una partita solida. Mi fa sempre piacere rivedere Tommy Laquintana, che gioca sempre con grandissimo spirito agonistico e Daniele Cavaliero. Trieste ha questa grande virtù che secondo me nel mondo dello sport oggi è indispensabile, che è l’attaccamento non solo alla maglia, ma a quello che uno fa. Daniele da questo punto di vista è un esempio, Dalmasson è qui da 11 anni e sono cose che funzionano. Quindi sapevamo chi avevamo di fronte e siamo stati bravi a non disunirci ed a giocare con confidenza.”
“Soffro di più quando la mia squadra non difende di quando attacca male, però è anche vero che come diceva Jack Devecchi – che ci manca molto e siamo contenti del successo dell’operazione e non vedo l’ora di riaverlo in squadra, di riabbracciarlo, di rigodermelo e di approffitare della sua saggezza – <<Gianmarco forse parli troppo del fatto che giochiamo talmente bene in attacco che forse i ragazzi si focalizzano troppo sull’attacco e poco sulla difesa>>. Da quel giorno ho smesso di parlare di quanto siamo bravi in attacco e ho detto loro di quanto bravi potevamo diventare in difesa. In particolare c’è un giocatore che ci ha dato grande aggressività nell’ultimo periodo, che è Stefano Gentile: anche oggi è partito in difesa in modo pazzesco e ha aumentato l’aggressività di tutti gli altri. Questa è una squadra in cui i ragazzi si copiano, si guardano. Miro Bilan oggi ha messo un tripla importante perché vede Spissu e Bendzius tirare con confidenza e quindi c’è grande spirito di emulazione, in una squadra di pallacanestro è una virtù estremamente importante.”
Commenta
Visualizza commenti