Phoenix Suns, perché Mike Budenholzer è stato cacciato dopo una sola stagione?

Phoenix Suns, perché Mike Budenholzer è stato cacciato dopo una sola stagione?

L’esonero era nell’aria, la notizia ufficiale è arrivata ieri. Oggi, però, l’attenzione si sposta sui motivi e su cosa abbia davvero incrinato il rapporto

L’esonero era nell’aria, la notizia ufficiale è arrivata ieri. Oggi, però, l’attenzione si sposta sui motivi e su cosa abbia davvero incrinato il rapporto tra Mike Budenholzer e i Phoenix Suns. Il tecnico dell’anello 2021 con i Bucks è stato sollevato dall’incarico dopo appena un anno, al termine di una stagione fallimentare sotto ogni aspetto. Non solo risultati: a pesare, secondo The Athletic, sarebbero state dinamiche interne allo spogliatoio difficili da gestire e un rapporto ormai logoro con Devin Booker.

Una decisione che brucia anche a livello economico: Budenholzer aveva firmato un quinquennale da oltre 50 milioni di dollari, interrotto dopo appena 82 partite. Una parabola amarissima, soprattutto per un coach cresciuto in Arizona, che aveva definito “incredibile” la possibilità di guidare la squadra della sua infanzia.

I numeri di una stagione disastrosa

Con 214 milioni di dollari in salari e altri 152 in luxury tax, i Suns erano il roster più costoso della NBA. Il risultato? Un record di 36-46, l’11° posto a Ovest, fuori dal Play-In, con nove sconfitte nelle ultime dieci gare. Mai così male dal 2020. Ma il fallimento sportivo è solo la punta dell’iceberg.

Il nodo: la rottura con Booker

Le tensioni tra Budenholzer e Devin Booker sarebbero state decisive. Il coach, noto per la sua rigidità e per chiedere responsabilità ai giocatori, avrebbe accusato il leader dei Suns di essere troppo “presente” in campo e nei timeout. Una riunione a porte chiuse, riportata da Chris Haynes e mai smentita, avrebbe incrinato il rapporto. Anche Kevin Durant ha vissuto momenti di frizione, come quel timeout contro i Clippers in cui si è visibilmente irritato dopo un contatto con l’allenatore.

A tutto questo si aggiungono scelte tecniche poco chiare: 35 quintetti titolari diversi, Ryan Dunn sparito nel finale di stagione, Bol Bol utilizzato a intermittenza e, soprattutto, un sistema di gioco che non ha mai dato identità né solidità difensiva a una squadra costruita per vincere subito.

Il lento logoramento

Il tono emotivo dell’esordio in conferenza stampa ha lasciato spazio a un Budenholzer distaccato. Poche parole coi media, conferenze lampo, nessun feeling con l’ambiente. I tifosi hanno cominciato a mal digerire le sue risposte standard: “Dobbiamo essere migliori”. Lo stesso spogliatoio, raccontano fonti interne, si sarebbe “spento” man mano che la stagione affondava.

Il finale: gelo e consapevolezza

Mercoledì scorso, durante la sconfitta che ha sancito l’eliminazione matematica dai Play-In, Budenholzer si è seduto in panchina tra Fizdale e Forcier. Alla sirena, è andato via in silenzio, con lo sguardo basso. Il giorno dopo, a domanda diretta sul futuro, ha risposto: “È ancora troppo fresco per parlarne. È stata dura, senza dubbio”.

Cosa succede ora?

Per ora nessun cambio nella dirigenza, ma il contratto del presidente James Jones scade a giugno e Mat Ishbia (proprietario dal 2023) potrebbe valutare nuovi profili. La priorità, comunque, è ricostruire attorno a Devin Booker, mentre Kevin Durant potrebbe essere messo sul mercato già nelle prossime settimane.

Phoenix è passata in tre stagioni da Monty Williams a Frank Vogel, fino a Budenholzer. Tre allenatori in tre anni. E il progetto da contender, per ora, resta solo sulla carta.