Mattinata libera, palestra vuota, i giocatori arrivano un po’ alla volta per allenarsi individualmente. Mentre lo staff tecnico si confronta sul lavoro da svolgere, uno di loro viene richiamato per iniziare una sessione di tiro: “I want Nick! I want Nick!”. Nick Schlitzer è il terzo assistente di Coach Christian, ufficialmente “Player Development Coach”, che si occupa in particolare di seguire i giocatori per aiutarli a lavorare in modo costruttivo e propedeutico a quello che viene loro richiesto in campo.
“Sono arrivato qui la scorsa stagione, perché conoscevo Jamion e sapevo di unirmi a una squadra di alto livello: per la mia carriera era un’ottima opportunità di crescita” racconta Coach Schlitzer, che prima di sedersi in panchina aveva già giocato a livello professionistico in Europa. “Quando sono arrivato ero l’unico nel mio ruolo in tutta la Serie A2, ma non ci ho dato peso. Vogliamo fare le cose a modo nostro qui e c’era la volontà di avviare un programma di player development: il mio unico pensiero era dedicarmi alla crescita dei nostri ragazzi al meglio delle mie possibilità”.
Il campo ha dimostrato che la sfida è stata ampiamente vinta da Nick, nonostante fosse arrivato in un campionato complicato, in una stagione da montagne russe e in una squadra quasi interamente composta da giocatori italiani e quindi con una cultura e abitudini di lavoro diverse dalle sue.
“Molto di quello che facevo era una novità per gli italiani lo scorso anno, mentre quest’anno le cose sono un po’ diverse: i giocatori hanno imparato a conoscere e apprezzare le sessioni di lavoro mirato, in più i nuovi arrivati hanno tanta esperienza internazionale e quindi hanno familiarità con questo tipo di approccio”.
”Si tratta sempre di collaborare e mantenere un rapporto basato sul dialogo: bisogna trovare il giusto compromesso tra quello che i giocatori vedono dal campo e quello che vedo io guardandoli da fuori, solo così si migliora” spiega Coach Schlitzer, che aggiunge: “Essere stato giocatore aiuta molto perché ho vissuto tante sensazioni e momenti che i miei ragazzi vivono ogni giorno, così posso creare un rapporto e aiutarli ad affrontare ogni situazione, positiva o negativa che sia.”
Tornando al presente, non si può non parlare delle due vittoriose trasferte vissute dai biancorossi e di come sono trascorse queste settimane lontano dalle mura amiche. I lunghi viaggi possono essere un’opportunità per stare insieme e concentrarsi sulla pallacanestro, nonostante il tifo ostile e il disagio di dover adattare la propria routine alla tabella di marcia della squadra.
“In trasferta si lavora tanto, sia sulla partita imminente che sulla successiva; delle volte c’è un po’ di tempo da passare in hotel ed è una buona opportunità per mettersi avanti con il lavoro. Tutti dobbiamo seguire gli stessi orari in trasferta: è bello poter mangiare tutti insieme per esempio, io poi sono straniero quindi mi piace assaggiare nuove pietanze locali e farlo in compagnia.”
“Di norma siamo sempre in hotel o partiamo immediatamente dopo la partita, ma per esempio a Napoli abbiamo passato una bella serata insieme noi dello staff tecnico. Fare una passeggiata, mangiare la pizza in città, bere una birra con i colleghi: quando succede è sempre piacevole e aiuta a ricaricare le batterie.”
Ripresentarsi al PalaTrieste con quattro punti in più in classifica è una sensazione altrettanto positiva, che può dare la spinta per dare seguito agli ottimi risultati dell’inizio di stagione: “Due trasferte così ostiche a questo punto del calendario possono finire in due modi opposti; noi siamo stati molto solidi nel portare a casa i risultati in condizioni difficili, che è quello che fanno le grandi squadre.”
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