Bandiera del basket canturino dove ha vinto il suo unico ma prestigioso alloro europeo (una coppa Korac nel 1991 battendo in finale il Real Madrid) di una lunga carriera italiana che l’ha portato anche a vestire le maglie di Treviso, Caserta, Reggio Emilia (con lui promossa in A1), Fabriano, Roseto e Siena, Pace Mannion ha trasmesso a suo figlio Nicolò (per tutti Nico) la freddezza che lo aveva contraddistinto nella sua carriera di cecchino silenzioso (nella foto è con la moglie Gaia a Belgrado durante le gare di qualificazione).
Nico però lo ha fatto a soli 20 anni, nella gara decisiva contro la Serbia che ha regalato all’Italia una storica qualificazione alla Olimpiade di Tokyo. Con una decisione, una faccia tosta che Pace, lo ammette candidamente, non aveva a quella età:
“Già, io a quella età andavo ancora alla Università – ricorda Pace – mi allenavo con altri giocatori del college mentre lui ha fatto solo un anno di college prima di scegliere la Nba, chiamato non da una squadra qualsiasi ma dai Golden State Warriors. Qualcuno forse è rimasto stupito da questa prova ma io me l’aspettavo che giocasse così. L’ho capito subito da quel sorriso con cui è entrato in campo sotto i fischi degli spettatori di Belgrado. E’ sempre stato così, in ogni campo lo hanno sempre fischiato, perché sanno che lui è l’uomo da battere, quello che fa paura. La gara? Pensavo l’Italia potesse farcela ma non dominando così: avevo pronosticato una lotta punto a punto e invece è stato un dominio completo con tutti i ragazzi protagonisti a partire da Nico, Polonara, tutti hanno dato qualcosa. Alla fine mi sono sentito orgoglioso non solo per lui ma per tutta la squadra perché stato un successo voluto e meritato”.
Pace è sposato con Gaia Bianchi, ex pallavolista romana conosciuta nell’anno in cui ha giocato a Caserta: e proprio nel suo ultimo anno da giocatore a Siena nella Virtus è nato Nico il 14 marzo del 2001. Una mamma da cui – ricorda Pace – Nico ha preso l’esplosività delle gambe mentre da lui ha preso un’altra dote destinata a costituire una miscela esplosiva.
“Da me ha preso sicuramente la testa, tutta dedicata al basket: sin da piccolo abbiamo guardato insieme le partite, abbiamo cercato di capire insieme cosa servisse per diventare un vero playmaker e credo che sia cresciuto bene. Lo si vede in campo, da come a 20 anni ha saputo gestire la squadra in maniera intelligente e sicura, senza paura.”
Una carriera quella di Nico, che si snoda attraverso alcune tappe fondamentali: in Arizona alla Pinnacle High School dove conquista la prima pagina di “Sport Illustrated” come un predestinato poi la chiamata degli Arizona Wildcats. Nel mezzo, la prima convocazione con la prima squadra azzurra, il 1 luglio 2018, a Groningen contro l’Olanda nell’ultima partita della prima fase delle qualificazioni al Mondiale 2019: quel giorno Nico è diventato azzurro per sempre: aveva 17 anni, 3 mesi e 17 giorni, il quarto più giovane della storia azzurra al debutto in prima squadra.
“Nel 2016 – ricorda Pace – Nico era stato l’ultimo taglio della Nazionale statunitense Under 16; mi chiamò Pino Sacripanti, che avevo avuto come viceallenatore a Cantù, un tecnico che io stimo molto e mi parlò della possibilità per Nico di far parte della Nazionale italiana Under 17. Dopo un anno optammo per la Nazionale Italiana ma nessuno credo a quel tempo sognava che sarebbe stato decisivo già in una gara come quella che ha portato l’Italia alle Olimpiadi.”
Arriva un altro appuntamento storico: la chiamata nel 2020 da parte dei Golden State Warriors guidati da Steve Kerr. Un destino di famiglia, visto che anche Pace era stato chiamato in Nba dai Golden State Warriors con il numero 48. Un primo anno di ambientamento finito in prestito in G-League ai Santa Cruz Warriors prima di sbarcare definitivamente nel pianeta Nba. L’esordio nella più grande lega del mondo, la prima gara da titolare, la prima in doppia cifra e – soprattutto – i 19 punti contro i Sacramento (‘career high’ in Nba, sino ad ora) a suggello di una crescita continua che ha trovato una tappa storica per lui e per il nostro basket domenica sera contro la Serbia: 24 punti, una regia senza pecche, veloce, moderna e dinamica che vale il pass olimpico in tasca.
“Certo, fare allenamento ogni giorno con fuoriclasse come Curry aiuta – ammette Pace – vedi e giochi contro i migliori del mondo e acquisti la consapevolezza di essere forte, di poter giocare a quel livello. Tutto questo ha dato a Nico quella sicurezza che certo non è comune per la sua età e che gli ha permesso di giocare la gara con la Serbia stupendo solo che non lo conosce bene In prospettiva penso possa diventare un buon giocatore da Nba, da quintetto: è bravo in attacco, segna ma sa anche mettersi al servizio dei compagni, può difendere bene, ma soprattutto non ha mai paura di prendersi i tiri che scottano.
”Un solo tatuaggio (sul polso sinistro in omaggio alla madre Gaia), Nico è un ragazzo umile “una bella persona – dice papà Pace -con cui non è possibile non andare d’accordo: è bravo, simpatico, da lui non potrai mai sentire una brutta parola.”
Ora le Olimpiadi, con la addizione di Danilo Gallinari che lascerà fuori uno dei cavalieri azzurri che hanno fatto l’impresa. Scelta difficile che Pace Mannion lascia a coach Meo Sacchetti:
“Gallinari può certo dare qualcosa in più, ha tanti punti nelle mani ma non solo. Come ha detto Nico, non è che abbia rifiutato l’azzurro per questo Preolimpico, semplicemente era impegnato con la Nba. Certo, la sua disponibilità rende il compito di Sacchetti difficile, per inserirlo dovrà tagliare uno di questo splendido gruppo che ha faticato tanto per arrivarci,. Ma è la legge dello sport”.
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