Outside the lines: Coach Francesco Nanni

Outside the lines: Coach Francesco Nanni

La barba lunga e i modi pacati possono trarre in inganno, ma l’Assistant Coach Francesco Nanni, classe ‘94, è uno dei giovani allenatori più promettenti della Serie A Unipol

La barba lunga e i modi pacati possono trarre in inganno, ma l’Assistant Coach Francesco Nanni, classe ‘94, è uno dei giovani allenatori più promettenti della Serie A Unipol. Arrivato a Trieste un anno fa e già con la reputazione di “uomo-da-promozione”, è un fondamentale punto di raccordo tra le due anime cestistiche – italiana e americana – che convivono, in questo momento con grande profitto, nel capoluogo giuliano.

Prima di sedere al fianco di Coach Christian sulla panchina biancorossa aveva centrato la promozione in dalla Serie A2 anche con Scafati, dopodiché ha scelto di lasciare la squadra a stagione in corso a seguito dell’esonero di Coach Rossi, per occuparsi di player development negli Stati Uniti e nel Nord Europa.

Secondo me per un allenatore il contesto in cui si lavora e le opportunità che offre sono molto più importanti della categoria. Fin dalle prime conversazioni che ho avuto con Michael e Jamion ho capito che avrei potuto crescere tanto a livello personale e professionale, in una società che a sua volta si preparava a fare un salto di qualità. Ovviamente quando si accetta una sfida non ci sono certezze: gli obiettivi miei e di Pallacanestro Trieste non sono limitati alla promozione ottenuta, ma sicuramente quello è stato un bel coronamento alla prima stagione di questo percorso” esordisce Coach Nanni.

Se per il trentenne originario di Forlì la scelta di spostarsi a Trieste è stata una scommessa ed un investimento su sé stesso, lo stesso si può dire della società: con l’esordiente Coach Christian al timone tutti si aspettavano una coppia di veterani al suo fianco, mentre invece la prima scelta per supportarlo è ricaduta proprio su Francesco.

Forse le mie esperienze all’estero hanno avuto un peso nella decisione della società. Per quanto mi riguarda posso dire di essere molto aperto: mi piace guardare basket da tutto il mondo – NBA, Eurolega, Australia ecc. – e cercare non tanto di copiare passivamente quanto di capire se c’è qualcosa di buono che posso applicare.

Un approccio che si è sposato a meraviglia con il modo di operare che ha trovato dentro la società: “Qui nessuno fa una cosa in un determinato modo solo perché è sempre stata fatta così; noi cerchiamo sempre di chiederci perché facciamo determinate scelte e se c’è un modo di migliorare. Ovviamente questo porta dei rischi e non siamo infallibili, ma non abbiamo paura di essere non convenzionali e ci interroghiamo di continuo su quello che facciamo. Non parlo solo di campo, dove spero che si sia visto già dalla scorsa stagione, ma anche della vita e delle relazioni in palestra ed in spogliatoio che sono una parte stimolante del nostro lavoro.

Una delle differenze a livello di usi e costumi della panchina, se così vogliamo definirli, è la suddivisione del lavoro tra gli assistenti: di norma, si hanno un primo ed un secondo assistente che si spartiscono le incombenze di preparazione e di campo come se fosse una catena di montaggio in cui, alla fine, si arrivano a portare al coach gli elementi pronti per essere assemblati.

Lo staff di Jamion Christian ha, invece, un’organizzazione di stampo americano in cui Nanni e Taccetti si occupano uno dell’attacco e l’altro della difesa, mentre Nick Schlitzer si dedica al player development.

Io sono Offensive Coordinator, mi occupo principalmente dell’attacco” spiega Francesco, “e questo è un modello di lavoro che personalmente apprezzo: elimina la gerarchia tra primo e secondo assistente responsabilizzando entrambi. Durante la settimana il nostro lavoro è svolto in sinergia, c’è un confronto continuo tra tutto lo staff perché le due fasi di gioco sono estremamente legate tra loro e dipendenti l’una dall’altra; il vantaggio, a mio avviso, è la chiarezza che hanno i giocatori nel sapere a chi rivolgersi per eventuali dubbi o consigli.

Avendo per le mani colui che si occupa della fase offensiva, ci si poteva esimere dal parlare della prestazione da 30 punti di Colbey Ross nel derby di Treviso e della prossima partita contro Varese, la squadra che a livello quantitativo ha il migliore attacco del campionato? Forse sì, visto che Coach Nanni era già sotto torchio da oltre dieci minuti, ma non avendo avanzato obiezioni lo abbiamo trattenuto ancora per un po’.

In Serie A tutti sono grandi giocatori, la differenza sta nel riuscire a metterli negli spazi e nelle situazioni dove rendono meglio, ed a volte si tratta di dettagli come l’angolo o i tempi di un pick’n’roll. Noi abbiamo tanta qualità nel reparto guardie, tanti giocatori capaci di creare opportunità per sé stessi e per gli altri: dobbiamo essere bravi a trovare equilibrio senza perdere aggressività, sapendo che a questo livello è importante cercare il bersaglio più attaccabile tra i difensori e avversari e l’uomo più caldo in attacco.

Uno dei problemi principali nell’affrontare una squadra dal ritmo estremamente alto come Varese è simulare il loro attacco durante il lavoro in settimana: noi abbiamo la necessità di sapere cosa ci troveremo ad affrontare; è chiaro che rallentarli è difficile, prenderanno tanti tiri nei primi otto secondi dell’azione e quello in cui dovremo essere bravi è influenzare questi tiri togliendo le soluzioni più facili. D’altro canto non bisogna snaturarsi, perché anche noi abbiamo un ritmo a cui vogliamo giocare e un certo tipo di tiri che ricerchiamo.