Certi amori non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano. La strofa appartiene ad Antonello Venditti e invece il cantautore preferito di Nicolò Melli è il compianto Lucio Dalla, ma il concetto è il migliore. Nick torna a Milano sei anni dopo averla lasciata, nell’estate del 2015, al termine di una stagione stranissima, in cui l’Olimpia vinse tantissimo (26-4 in regular season), ma perse le partite che non doveva perdere, la finale di Supercoppa, la finale di Coppa Italia, una rocambolesca Gara 7 di semifinale al Mediolanum Forum. A fine stagione ci fu una specie di rivoluzione. Melli si trovò a lasciare Milano e ripartire da Bamberg. Alzi la mano chi, all’interno del popolo biancorosso, non ha continuato a sentire Melli come un altro giocatore dell’Olimpia. E’ stato così quando è tornato da avversario, prima con il Bamberg e dopo con il Fenerbahce, sempre vincente. E alzi la mano chi non ha continuato a tifare per lui, ad esempio in quella finale di EuroLeague a Belgrado in cui segnò 28 punti, ma non riuscì a portare a casa la vittoria sul Real Madrid. La miglior partita della sua vita, nel giorno più importante, anche senza la soddisfazione della vittoria. E naturalmente nei due anni di NBA, prima a New Orleans poi a Dallas dove ha debuttato anche nei playoff. Ma la verità è che tutti hanno sempre e solo desiderato che Nicolò Melli un giorno potesse tornare a Milano. Quel giorno è oggi.
Nicolò Melli da Reggio Emilia è il figlio di Leopoldo, ex giocatore nelle serie minori emiliani e il suo primo tifoso. Quando il 27 giugno del 2014 l’Olimpia vinse lo scudetto dopo 18 anni, al Mediolanum Forum, Nicolò giocò una partita grandiosa, realizzando una doppia doppia che incluse il rimbalzo della staffa. Dopo quell’ultima prodezza, Melli si voltò verso la zona della tribuna in cui era seduta la sua famiglia, alla ricerca del padre, senza accorgersi che Leopoldo era già lì, accanto a lui, ad abbracciarlo, respinto via dal figlio che nella concitazione del momento, nella calca, non aveva potuto riconoscerlo! Leopoldo Melli sposò Julie Vollertsen, giocatrice americana di pallavolo, in Italia per proseguire la sua attività dopo la medaglia d’argento vinta alle Olimpiadi di Los Angeles. Dalla loro unione, nel 1991, è nato Nicolò, metà reggiano e metà americano, per la precisione di Lincoln, Nebraska. Tra pochi giorni, Melli giocherà un’Olimpiade, 37 anni dopo la mamma, in un altro sport, per un altro paese.
Prima delle Olimpiadi di Los Angeles, Julie era stata in ritiro con la sua Nazionale nello stesso posto dove svolgeva il training camp la Nazionale di basket statunitense. Di quella squadra faceva parte, tra gli altri, Michael Jordan. Molti anni dopo, Nicolò venne convocato ad un camp riservato ai migliori teenagers italiani. Quel camp si svolse al Palalido. Non immaginava che di lì a poco sarebbe diventato la sua casa, la palestra occupata ogni giorno per allenarsi con l’Olimpia. Quel giorno però non immaginava neppure di essere nominato MVP del camp. A premiarlo fu proprio lui, Michael Jordan. I soliti intrecci del destino.
Nicolò era nato sotto il segno del basket. Ha una foto, in culla, dove una miniball dorme assieme a lui. Quando cominciò a giocare a basket, a Reggio Emilia, in pieno boom della pallacanestro locale, il suo sogno era arrivare in Serie A con la Reggiana. Nella sua prima squadra di minibasket aveva tra i compagni di squadra addirittura Alessandro Gentile, perché il padre Nando giocava proprio a Reggio. Melli era un anno più grande, più alto, più grosso. “Immarcabile”, è la definizione di Gentile. Eppure, al primo tentativo di giocare, Nicolò si presentò alla palla a due per colpirla con il pugno. Ma il sogno di giocare a Reggio Emilia è stato facilmente raggiunto e poi nel 2010, a 19 anni, è arrivata anche la chiamata di Milano.
Melli sarà sempre un prodotto delle giovanili di Reggio, ma è a Milano che è diventato grande. Il primo anno, fu costretto a finire la stagione a Pesaro per avere un po’ di spazio, dopo aver sperimentato l’esperienza di essere allenato da Dan Peterson per qualche settimana. Ma nel 2011 è tornato ed è rimasto. Quello è stato l’anno in cui ha giocato per un po’ con Danilo Gallinari, in cui ha avuto un po’ di spazio in EuroLeague e segnato 11 punti nella vittoria in Gara 4 della finale persa con Siena. I primi bagliori di protagonismo. L’anno successivo ha giocato otto partite in quintetto e sfoderato una prova da 15 punti in 18 minuti con 6/6 dal campo e otto rimbalzi contro Brindisi. Non fu però una grande stagione, Milano venne eliminata al primo turno dei playoff e seguì una nuova rivoluzione. Ma quella fu anche l’ultima stagione di Nicolò Melli come giocatore “giovane”, nel senso che dopo è diventato un giocatore importante.
Nel 2013/14 l’allenatore era Luca Banchi. L’Olimpia scelse CJ Wallace come 4 titolare, ma Wallace dovette operarsi subito in preseason. Per rafforzare il reparto venne firmato Kristjan Kangur, ma di fatto fu Melli a giocare da titolare del ruolo, a 22 anni. In campionato, l’Olimpia giocò 47 partite in 32 delle quali Nicolò partì in quintetto, incluse 16 su 18 nei playoff, con l’11+13 di Gara 7, quella dello scudetto, della gioia, dell’abbraccio mancato con Leopoldo. Quella fu anche la stagione dei playoff di EuroLeague: Melli era un membro della squadra che vinse otto gare europee consecutive ed ebbe anche una prova da 20 punti con 9/10 dal campo contro lo Zalgiris. L’anno successivo, era Linas Kleiza l’ala forte titolare, ma anche allora fu poi Melli di fatto a prendere possesso del ruolo, con 34 presenze su 39 nei primi cinque in Serie A, 17 su 24 in EuroLeague, una prestazione da 5/5 da tre a Varese.
La dolorosissima sconfitta con Sassari in Gara 7 della semifinale fu l’ultima gara della prima parte milanese della sua carriera. E probabilmente è stata l’ultima di un ciclo, perché sei anni dopo a Milano tornerà un giocatore diverso, come ha detto lui, una star del basket europeo, famoso in tutto il continente, con due anni di esperienza NBA alle spalle. E anche un uomo, perché Melli nel frattempo si è sposato, è diventato padre, ha superato i 30 anni, insomma il tempo l’ha trasformato in un uomo adulto.
Lo scudetto vinto a Milano nel 2014 è stato il primo di quattro, due conquistati in Germania con il Bamberg, uno in Turchia con il Fenerbahce. La seconda stagione di Bamberg è stata quella della consacrazione, 11.5 punti di media oltre sette rimbalzi a partita, oltre il 53% da due, oltre il 43% da tre. Da lì, la chiamata del Fenerbahce, con l’obiettivo di vincere l’EuroLeague. Curiosamente, la sua prima partita esterna con la squadra turca la giocò proprio a Milano. Fu la partita in cui Vlado Micov con un missile sulla sirena forzò il tempo supplementare. Il Fenerbahce vinse lo stesso, Melli ebbe 15 punti e 11 rimbalzi. In seguito, avrebbe prodotto 23 punti con il Barcellona e 21 contro Baskonia nella gara che qualificò il Fenerbahce alle Final Four. Infine, la prova mostruosa da 28 punti in finale contro il Real Madrid, segnati in realtà negli ultimi tre periodi.
Melli avrebbe potuto andare nella NBA già nel 2018, dopo quella partita. Ma rinunciò per tentare di vincere l’EuroLeague l’anno dopo. Il Fenerbahce è tornato alle Final Four, a Vitoria, ma in condizioni non ottimali. Gigi Datome, ad esempio, era infortunato e inutilizzabile. La semifinale con l’Efes non ebbe storia. Rinfoderato il sogno nel cassetto, Melli ha fatto davvero il salto nella NBA, a New Orleans. Ha giocato 60 partite da rookie in una squadra che, ceduto Anthony Davis ai Lakers, è stata progressivamente ricostruita attorno a Zion Williamson. A Dallas, è passato a metà della stagione scorsa all’interno di uno scambio più complesso che ha portato ai Mavericks anche il tiratore JJ Redick. Ha giocato in totale 105 partite, 1.608 minuti. Una parabola simile a quella che ha avuto Datome.
Avrebbe potuto attendere una nuova chance NBA: avrebbe l’età per provarci ancora. Oppure avrebbe potuto scegliere una delle tante squadre di EuroLeague pronte ad accoglierlo. Ma certi amori non finiscono, certi amori tornano. C’è una maglia dell’Olimpia ad aspettare Nicolò Melli. Alzi la mano chi non aspettava il momento di rivedergliela addosso da sei anni esatti. Quel giorno è arrivato. Melli is Back.
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