Milano, Napier all’Olimpia per scrivere una nuova storia

Credits Ciamillo-Castoria
Credits Ciamillo-Castoria

L'ex NBA atteso dal derby lombardo con Varese, alla vigilia della Final Eight di Torino

Tutto cominciò dopo una sconfitta a Louisville nell’ultimo impegno della stagione regolare, stagione 2013/14. Shabazz Napier segnò appena nove punti quella sera. Sarebbe stata la sua ultima prova in singola cifra della sua esperienza di quattro anni all’università del Connecticut. La settimana successiva fu quella del torneo di conference in cui gli Huskies vinsero due partite e persero la terza sempre contro Louisville. Dopo una stagione da otto sconfitte in 32 gare, UConn venne ammessa al Torneo NCAA come una delle teste di serie numero 7 del tabellone. Di norma significa che se si bravo arrivi al secondo weekend di marzo con poche chance di valicare il primo ostacolo.

UConn venne spedita a Buffalo per il primo concentramento e liquidò subito St. Joseph’s. Napier segnò 24 punti con otto rimbalzi in quella partita. Due giorni dopo, una terribile avversaria di fronte, Villanova, una delle superpotenze del college basketball. Di quella squadra facevano parte giocatori NBA come Josh Hart e Ryan Arcidiacono, un veterano di EuroLeague quale Darrun Hilliard. Non importa: Napier segnò 25 punti con cinque rimbalzi, quattro triple, 9/13 dal campo. Quel weekend a Buffalo, Shabazz fu il miglior giocatore in campo. L’accesso al secondo weekend della March Madness era garantito.

Shabazz Napier viene da Roxbury che è una cittadina praticamente attaccata a Boston. Chi viene da Roxbury sostanzialmente è un bostoniano. A scuola andava a Charlestown, una località “blue collar” immortalata in diversi film da Ben Affleck, che è originario di quella zona, ad esempio “Will Hunting” con Matt Damon o la serie televisiva “City on a Hill”. Napier imparò a giocare a basket nel programma “No Books No Ball”, niente libri niente sport di Roxbury. Dopo due anni a Charlestown andò a giocare alla Lawrence Academy per mettere a posto i voti e guadagnarsi il diritto di ricevere una borsa di studio da un college importante. Considerate le caratteristiche fisiche, Napier era scarsamente considerato dalle grandi università fino a quando Jim Calhoun, uno degli allenatori più importanti degli ultimi trent’anni non cambiò tutto. I suoi assistenti lo portarono a vedere altri giocatori, ma lui venne attratto dallo spirito e la velocità di Napier. Gli ricordava la sua stella Kemba Walker. Così decise di portarlo a UConn e farlo diventare il suo nuovo grande point-man.

Giocare una partita del Torneo NCAA al Madison Square Garden di New York è speciale. E’ come correre il finale di una maratona nello stadio olimpico di Atene, come correre in auto a Indianapolis o giocare a calcio a Wembley. Per gli Huskies di UConn però il terzo turno del Torneo NCAA del 2014 sembrava somigliare ad un’ascesa impervia. Davanti avevano Iowa State, una squadra da Top 10 del ranking, una testa di serie numero 3, con il playmaker attualmente dei Washington Wizards, Monte Morris, e giocatori di EuroLeague quali Matt Thomas e il nostro Naz Mitrou-Long (oltre a Dustin Hogue e Melvin Ejim). Ma UConn, nonostante il pronostico sfavorevole, dominò quella partita costruendo anche 16 punti di vantaggio nel secondo tempo prima di vincere di cinque. Napier ebbe 19 punti, cinque assist, 4/6 nel tiro da tre. Battendo Iowa State, UConn approdò alla cosiddetta finale regionale, ovvero i quarti di finale, quindi ad una vittoria dalle Final Four.

Nella sua prima stagione a Connecticut, Napier era stato l’eccellente riserva di Kemba Walker. UConn arrivò al titolo NCAA, il terzo per Coach Calhoun, battendo in finale Butler University, guidata da Shelvin Mack. Walker fu l’MVP, la grande star di quelle Final Four, disputate a Houston, Napier ebbe il consueto spazio in finale, 27 minuti, con quattro punti. Ma due sere prima, per battere Kentucky e avanzare alla gara per il titolo, UConn aveva dovuto soffrire fino alla fine, fino a quando a otto secondi dal termine, Napier, con due tiri liberi su due e gli occhi degli Stati Uniti addosso, aveva aperto quattro punti di margine rendendo vano l’ultimo possesso dei Wildcats, forti di ben quattro futuri giocatori NBA. Era il 2011. Il primo momento di gloria nazionale per il giovanissimo Shabazz.

Per raggiungere le Final Four del 2014 serviva un’ultima vittoria al Madison Square Garden in una situazione di obiettivo vantaggio del fattore campo, perché UConn è molto più vicina a New York di quanto lo sia Michigan State, l’avversaria, guidata da Gary Harris, attualmente agli Orlando Magic. Gli Spartans guidarono nel punteggio per tutto il primo tempo, ma a inizio riprese Shabazz prese fuoco. Un jumper dopo l’altro (17 punti nel secondo tempo) portò gli Huskies avanti e poi persino in fuga. Michigan State rispose. A 50 secondi dalla fine, ritornarono a meno due. Palla a UConn. Usando un blocco alto, Napier sprintò verso il gomito destro della lunetta per alzarsi in sospensione e segnare il canestro del più quattro. Michigan Sttae rispose ancora. A 30 secondi dopo aver congelato la palla, Napier si alzò in sospensione attirando il contatto di Keith Appling, eccellente playmaker degli Spartans. Fallo. Tre su tre dalla lunetta, 25 punti a fine gara e trionfo degli Huskies. Tre anni dopo il primo viaggio alle Final Four da riserva, Napier tornava sul palcoscenico più prestigioso del college basketball da star.

Con Kemba Walker nella NBA, Napier venne promosso titolare da Calhoun dopo il primo titolo NCAA. Aveva una squadra fortissima, con Jeremy Lamb e il centro Andre Drummond, due giocatori NBA, l’ultimo uno dei migliori rimbalzisti dell’ultimo decennio. Ma la stagione da sophomore di Napier fu complicata. Non rispose alle aspettative. Le cifre (13.0 punti per gara, 5.8 assist) non erano male, ma il rendimento della squadra fu pessimo, perse ben 14 partite e finì addirittura nona nella propria conference. Nel frattempo, successero due cose tremende. Il coach che lo aveva reclutato, Jim Calhoun, decise di ritirarsi e il programma venne squalificato per un anno dai Tornei post-stagionali. Napier e i suoi compagni erano condannati ad una stagione di secondo piano. La squadra venne ereditata da Kevin Ollie, ex playmaker di discreto livello, ma al primo anno da capo allenatore, finì 20-10, non poteva comunque partecipare al Torneo NCAA e Napier segnò 17.1 punti e 4.6 assist di media. Le condizioni erano perfette per lasciare il college con un anno di anticipo.

Le Final Four del 2014 si svolsero a Dallas. UConn in semifinale era accoppiata a Florida. I Gators avevano in squadra Dorian Finney-Smith, ora a Brooklyn, Scottie Wilbekin, ora al Fenerbahce, Patric Young tra gli altri. A quella gara arrivarono con un record di 36 vittorie e due sconfitte, soprattutto con una striscia aperta di 30 vittorie consecutive. In più, partirono 16-4. Sembrava il preludio ad una gara a senso unico, invece Connecticut rispose con un parziale di 11-0 in meno di tre minuti e quella sera per vincere non ebbe bisogno di eroismi. Neppure di Shabazz, che segnò 12 punti, in 38 minuti, con sei assist e ben quattro palle rubate. La difesa degli Huskies fece la differenza e Connecticut vinse di dieci. Tre anni dopo il titolo era in finale.

Napier pensò seriamente di tentare la strada della NBA dopo la stagione da junior. Ma il nuovo coach degli Huskies, Kevin Ollie, si assicurò di stabilire un rapporto stretto con Shabazz. E inoltre, lui si sentiva in debito con Connecticut. Era la scuola che l’aveva voluto, permettendogli una via di fuga per lui e la famiglia (la mamma single ha cresciuto tre figli, Shabazz è il più giovane), che gli aveva permesso di vincere da freshman un titolo NCAA e non aveva esitato a rinnovargli la fiducia dopo un secondo anno zoppicante. In quel momento, con un allenatore semi debuttante, dopo una squalifica, UConn aveva bisogno di Napier più di quanto Napier aveva bisogno di UConn. E così restò.

Ventidue punti. Quattro triple su sei. Sei rimbalzi. Tre assist. Tre palle rubate. Trentanove minuti in campo. Shabazz Napier lunedì aprile 2014, in Texas, aveva deciso che quella sarebbe stata la più grande serata della sua carriera. Come aveva fatto il suo maestro Kemba Walker tre anni prima, con la stessa maglia, aveva soverchiato i limiti di statura per dominare la partita più importante del palcoscenico universitario. Era già stato nominato giocatore dell’anno di conference, primo quintetto All-America e aveva vinto il Premio intitolato a Bob Cousy ovvero miglior point-man del paese. Ma mancava il trofeo più grande e se lo andò a prendere contro Kentucky, la stessa avversaria contro cui tre anni prima aveva segnato i tiri liberi della vittoria in semifinale. Kentucky era costruita attorno a Julius Randle, un All-Star nella NBA attuale. Quella sera UConn comandò nel punteggio per tutti i 40 minuti. Nel secondo tempo quando Kentucky tornò a meno uno, Napier con una tripla avviò l’allungo conclusivo.

Nel 2014 UConn diventò la squadra con la peggiore collocazione nel tabellone a vincere il titolo NCAA dal 1985 (Villanova). Napier usò la platea mondiale per un appello che poi avrebbe avuto un peso decisivo nel cambiare le cose. Shabazz fece notare come la sua presenza, e quella di altri giocatori, per quattro anni avesse fruttato alla NCAA e all’università milioni di dollari in diritti televisivi, biglietti, pubblicità, merchandising. A lui non era andato neppure un dollaro. Fin qui un concetto noto, per nulla nuovo. Ma Napier aveva aggiunto che in quelle condizioni c’erano studenti-atleti secondo la dicitura della NCAA che non sapevano come nutrirsi al di fuori dei pasti scolastici. E non parlava per metafora. Intendeva letteralmente. Si scatenò un vespaio di polemiche. Perché questa volta – e Napier ne era la prova – la situazione dimostrata andava ben oltre i limiti delle decenza (adesso esiste un programma in cui gli atleti del college possono guadagnare attraverso lo sfruttamento personale del proprio nome e della propria immagine).

Dopo aver vinto il titolo NCAA, esaurita la propria eleggibilità universitaria, Napier entrò nei draft NBA. A sceglierlo fu Charlotte ma per conto di Miami. Quella sera LeBron James lo accolse tra i compagni di squadra indicandolo come il suo point-man preferito del draft e poi aggiungendo che nessun pari ruolo poteva essere scelto prima di lui. Tuto documentato su Twitter. Nella NBA, Napier ha giocato per cinque anni, a Miami, Orlando, Portland, Brooklyn, Minnesota. 345 partite, 2433 punti segnati. Nel suo ultimo anno NBA ha segnato 10.3 punti per gara, aggiungendo 3.8 assist di media. Ha avuto una media di 17.4 minuti di utilizzo in carriera. Solo un anno, il primo a Portland, ha giocato meno di dieci minuti di media. Ha anche debuttato con la Nazionale portoricana (la mamma Carmen è portoricana) con 35 punti in due presenze, 12 assist e sei triple. Avversarie Bahamas e Messico alle qualificazioni di Americup nel 2021. A San Pietroburgo, dove aveva ritrovato Alex Poythress, uno dei membri della squadra di Kentucky battuta nella finale NCAA del 2014, segnò 33 punti nella semifinale della Supercoppa VTB prima di infortunarsi il giorno successivo e rimanere fermo per mesi senza riuscire a debuttare in EuroLeague (quando era pronto il conflitto russo-ucraino ha fermato la squadra di San Pietroburgo). Era in Messico, ma nella G-League, quando è arrivata la chiamata dell’Olimpia.

Fonte: Ufficio Stampa Olimpia Milano.