Ettore Messina, coach dell’Olimpia Milano, ha parlato con Elisa Chiari di Famiglia Cristiana della decisione di scrivere l’ormai famosa lettera di lunedì scorso, e delle successive reazioni.
“Non lo ritengo un atto di coraggio, credo che ci si debba assumere la responsabilità di dire la propria. il mio dispiacere è nel fatto che, nel rispondere, tutti si sono concentrati su un aspetto secondario della mia lettera che era la mia proposta di che cosa si può fare per finire campionato ed Eurolega, per me invece l’importante era che coloro che sono a capo delle diverse organizzazioni sportive, Lega, organizzazione delle Leghe europee, Federazione internazionale, si sedessero attorno a un tavolo e cercassero una soluzione comune, che ora è molto lontana”.
“Siamo in un momento storico in cui non si riesce a discutere senza litigare, ho letto qualche reazione scomposta alla mia lettera che mi ha fatto più ridere che arrabbiare: anno dopo anno noto che discutere è sempre più sinonimo di rissa, sta venendo meno la cultura che serve a condividere una diversità di opinioni per provare a risolverla, sono concetti che ormai non fanno più parte della società civile. In un momento così difficile questo a me sembra un enorme problema”
Sui rischi nel giocare in altre nazioni
“Serve una soluzione condivisa per evitare che non sia la sfortuna di contagiarsi a determinare l’esito sportivo di una stagione. Purtroppo però, come accade anche a livello di Paese, quando si discute di pandemia, chi si è agitato dopo la mia lettera si è preoccupato solo del fatto che se si modifica la competizione sarà difficile rispettare gli accordi economici. Sarò fuori dal coro, ma io dico: speriamo di vivere abbastanza, da poter avere degli accordi economici da rispettare”
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