Massimo Cancellieri: A Salonicco nessuno si sente straniero

Massimo Cancellieri: A Salonicco nessuno si sente straniero

Massimo Cancellieri racconta come l’incontro con il PAOK sia nato per caso, trasformandosi in un legame profondo

Dalla firma con Strasburgo al richiamo del PAOK nel giro di 72 ore. Dal Teramo alla finale di FIBA Europe Cup. E una certezza: “A Salonicco nessuno si sente straniero”.

“Chiamatela come volete: destino, coincidenza… ma era scritto che ci saremmo incontrati.”
Così Massimo Cancellieri descrive il suo approdo sulla panchina del PAOK Salonicco, a dieci mesi da quella chiamata inaspettata che gli ha cambiato la vita. È il giugno del 2024: firma con Strasburgo e, nello stesso giorno, i greci cercano un allenatore italiano. Un contatto, un video-call, e in tre giorni arriva l’annuncio ufficiale.

“Quando ho detto a mia moglie che mi aveva chiamato il PAOK, mi ha risposto: ‘Mi stai prendendo in giro?’”

La Grecia, il basket e una connessione istintiva

“In Francia mi consideravano troppo esuberante. Qui a Salonicco, invece, sono io. Non devo adattarmi, sono accettato per come sono. Anzi, piaccio proprio perché sono così.”

Cancellieri si definisce un allenatore passionale, “rock”, come l’ha soprannominato una rivista francese. In Grecia, invece, lo chiamano “maestro”. Se il PAOK fosse uno strumento musicale, dice, sarebbe una chitarra distorta, non metal, ma hard rock.

Il viaggio, la crescita, il metodo

“Mi ha formato il confronto quotidiano con grandi giocatori. A Milano, a contatto con Mike James e altri campioni, ho capito cosa serve per reggere l’Eurolega. Devi dire sempre la cosa giusta, o smettono di crederti.”

Partito dalle serie minori in Italia, Cancellieri ha fatto tutta la gavetta, dal femminile alla panchina dell’Olimpia Milano. E oggi, dopo il lungo giro d’Europa, sente che il PAOK rappresenta la sintesi del suo percorso umano e tecnico.

L’impatto con Salonicco

“Quando siamo tornati da Cholet, c’erano tifosi ad accoglierci alle 7 del mattino all’aeroporto. L’avevo visto solo in tv per il calcio.”

Cancellieri è rimasto colpito dall’amore del pubblico e dall’accoglienza “viscerale ma mai invadente” della città. Lo fermano per una foto, lo chiamano “coach” con rispetto, ma non con idolatria.

“Qui nessuno ti fa sentire straniero. Ti accolgono, se dai tutto, ti restituiscono tutto.”

Sulla storia del PAOK e sul presente

“Non seguivo il PAOK negli anni ’90, ma ora ne conosco ogni dettaglio. Ho dovuto studiare la storia del club. Ma è il presente quello che conta.”

Citazioni, aneddoti, memoria. Ma per Cancellieri il vero obiettivo è scrivere una nuova pagina, non restare fermi al passato.

“Il passato è come una foresta di pietre: lo vedi, ma non si muove. Oggi stiamo costruendo qualcosa che vive, e che può restare.”

Senza pressione, con ambizione

“Siamo in finale di FIBA Europe Cup, ma nessuno si aspettava che arrivassimo fin qui. Non abbiamo pressioni, solo il desiderio di dare tutto. E magari vincere.”

Contro Bilbao, in finale, il PAOK gioca il sogno. Ma per il coach italiano non è una questione di trofei.

“Mi chiedono se sacrifico la barba per la coppa. No. Non credo nei riti. Credo nel lavoro, nel 101% da dare ogni giorno.”

Sul futuro e l’Eurolega

“Voglio allenare in Eurolega, ma senza l’ossessione. Ci arriverò solo se sarò pronto. Non sono ancora un bravo allenatore in tutte le condizioni. Devo dimostrarlo.”

E l’NBA?

“Troppo lontana. Come pensare la mattina di pettinarmi. Non fa per me.”

La Grecia e il basket come cultura popolare

“Qui anche i tassisti sanno chi era Frédéric Forte. Due generazioni che parlano di basket con la stessa competenza. In Italia, al massimo si parla di calcio.”

E conclude con un sorriso:

“A Salonicco ogni angolo è una sorpresa. Come il PAOK. Un posto dove, se dai passione, ti aprono il cuore.”