Marino e la rivelazione Brindisi: Ricetta vincente tra chi gestisce il club e l’area tecnica

Marino: Ora ci piacerebbe raccogliere qualcosa di concreto al termine di una stagione comunque memorabile: confido che la squadra riesca a tenere l'asticella alta il più a lungo possibile, facendo in modo che non resti una comunque memorabile incompiuta

E’ un momento storico per Fernando Marino e la sua New Basket Brindisi targata Happy Casa: ieri la firma della convenzione con il Comune di Brindisi per la gestione del nuovo palasport, il più importante del Mezzogiorno, domenica gara 1 di semifinale contro la Virtus Segafredo Bologna. Marino parla di questa stagione in questa intervista con Giuseppe Sciascia pubblicata sul periodo Superbasket in edicola: lo stesso Marino è stato giudicato da Superbasket l’executive della stagione 2020-21 (nella foto è con il coach Frank Vitucci).

La Stella del Sud abbaglia con la sua luminosità tutte le avversarie. Comprese le big più conclamate della serie A che si battono ai vertici dell’Europa. Nel rapporto tra budget e rendimento sul campo, Brindisi si era già distinta nelle due stagioni precedenti (due finali di Coppa Italia, il quinto posto del 2018/19 e del campionato passato neutralizzato). Ma nel 2020/21 non c’è nessun dubbio nell’assegnare al club pugliese il titolo “virtuale” di rivelazione dell’anno. Nonostante la perdita estiva della stella Adrian Banks, l’asse tra la proprietà e l’area tecnica ha costruito una squadra perfetta nella chimica tecnica ed umana, valorizzando la scoperta Darius Thompson e pescando nel sommerso tra stranieri (da Harrison a Willis passando per Perkins) ed italiani (Udom e Visconti gli ultimi arrivati dopo Gaspardo e Zanelli), ha costruito un’Happy Casa capace di competere per lo Scudetto. Una regular season strepitosa che nonostante la frenata forzata delle ultime settima- ne a causa del focolaio di Covid costato il primo posto ha regala- to il miglior risultato di sempre alla società di Fernando Marino: il massimo dirigente di Brindisi racconta a Superbasket i segreti del successo del suo club. «Abbiamo navigato tra il primo e il secondo posto dall’inizio della stagione: se ce l’avesse detto qualcuno a settembre lo avremmo preso per matto… invece l’equipe ha funzionato al meglio: da coach Vitucci a Simone Giofrè, passando per mio figlio Tullio e per quello che riesco a fare anch’io come coordinamento, abbiamo reso la società solida e forte sotto ogni aspetto. Compreso quello decisionale, che ci ha portato ad intervenire rapidamente con l’arrivo di Bostic dopo l’infortunio di Harrison».

– Doppio 2-0 su Milano e Virtus Bologna e un primato in classifica storico per un club il cui miglior risultato era stato il quinto posto del 2018/19:
«Siamo su scherzi a parte? Battute a parte abbiamo compiuto tante grandi imprese, ma sappiamo bene che durante i playoff tutto si rimette in gioco, e le big con roster profondissimi saranno più libere dagli impegni delle competizioni europee. L’unico rimpianto è la qualificazione fallita di un soffio alle Final Eight di Champions League: la vittoria con Milano in condizioni rimaneggiate è stata una grande emozione, però nei playoff ci eravamo già, al contrario invece chissà quando potrà ricapitarci l’occasione di arrivare in finale di BCL…».

– La sensazione è che la partecipazione alla Champions League vi abbia aiutato a crescere…

«Moltissimo, e credo che l’impresa con l’Ax Exchange sia stata figlia della rabbia e della frustrazione per l’eliminazione. La coppa ci ha aiutato moltissimo a crescere, in particolare i giovani che possono confrontarsi con ritmi e metodi d’arbitraggio diversi e situazioni particolari. Crediamo molto nell’importanza dell’Europa e crediamo che sia un ulteriore step per diventare un club di riferimento: aver sfiorato le Final Eight di BCL aiuta sul mercato stranieri. Ci riproveremo l’anno prossimo confermando l’iscrizione alla Champions League, competizione alla quale sono fortemente legato perchè quando ero presidente di Lega Basket feci parte del gruppo di lavoro per il suo lancio insieme al compianto Patrick Baumann».

– Vi aspettate che questa annata straordinaria si possa concludere con qualcosa di altrettanto straordinario?

«I giocatori sanno che stiamo facendo qualcosa di eccezionale e sono pronti a dare tutto per le loro carriere ma anche per la storia del club. Ora ci piacerebbe raccogliere qualcosa di concreto al termine di una stagione comunque memorabile: confido che la squadra riesca a tenere l’asticella alta il più a lungo possibile, facendo in modo che non resti una comunque memorabile incompiuta».

– Stagione da primi della classe nonostante la perdita estiva della stella Banks: significa che il modello Brindisi funziona a prescindere dagli interpreti sul campo?

«La ricetta vincente è la sintonia tra chi gestisce la società, l’allenatore, il general manager e il direttore sportivo. Vitucci e Giofrè – entrambi premiati da Lega Basket come i migliori della serie A 2020/21 nei rispettivi ruoli NdR – sono una coppia affiatata fin dai tempi di Varese, poi ci siamo io e Tullio che li abbiamo adottati: abbiamo un gran rapporto, ci parliamo e ci confrontiamo, a volte magari non siamo d’accordo ma la sintesi è sempre efficace. Questa unità di intenti è fondamentale: nelle nostre esperienze precedenti c’erano dei settori stagni e mancava questa chimica tra tutti i reparti. Ma si tratta di una strategia vincente per tutti: a Brindisi con il suo budget e in club più importanti ad alto livello».

– Dunque vale il detto “società forte uguale squadra forte”?
«E’ quello che stiamo provando a fare in 10 anni di serie A. Poi ci piacerebbe essere forti anche a livello economico dopo questo tsunami del Covid, ma il concetto di società forte è basato sul fatto che tutte le componenti, me compreso, sanno quello che debbono fare e si lavora tutti insieme per un unico obiettivo sul campo e fuori».

– Il pezzo forte è chiaramente la capacità di pescare nel sommerso giocatori a costo basso ma ad alto rendimento…
«I complimenti vanno fatti al settore scouting: Simone Giofrè lavora tantissimo, è sempre davanti al computer studiando già i giocatori per la prossima stagione. Però la forza di questo gruppo, da tre anni a questa parte, è la sintonia con cui le scelte vengono prese, portate avanti e difese in ogni situazione. Da qui nasce il successo di un club che non avendo un budget illimitato deve contare ogni anno su queste situazioni».

– Brindisi vola altissima, ma è rimasta l’unica rappresentante del Sud in una serie A che ha tre quarti delle sue partecipanti al di sopra della Linea Gotica…

«E’ un peccato perchè ricordo con piacere le trasferte a Caserta, Avellino, Capo d’Orlando o Montegranaro. Mi auguro che queste piazze storiche possano risalire in futuro, nel frattempo portiamo avanti volentieri la bandiera del Sud, e quel che più ci fa piacere è il ruolo di paladini della Puglia sportiva che siamo stati in grado di guadagnarci a suon di risultati. E’ una perla ed allo stesso tempo una responsabilità: in questo momento così difficile i messaggi più belli sono quelli che ci arrivano dai tifosi che sottolineano come siamo decisivi per il loro umore domenicale».

– Brindisi come una sorta di “Nazionale della Puglia”?

«Siamo arrivati a questi risultati anche grazie a tanti sponsor locali ed all’associazione “Brindisi a canestro”: non abbiamo aziende di livello nazionale, ma tante realtà locali che ci aiutano e sostengono col cuore, a partire da Happy Casa che è nata in zona prima della sua espansione notevole negli ultimi anni. Sotto il profilo economico il sostegno del territorio è basilare; inoltre godiamo del fatto che nella nostra regione non ci sono grandi realtà cestistiche e tutte sono vicine a noi, da San Severo in A2 a Taranto che sta facendo un bel lavoro. Speriamo che il movimento cresca, anche perchè questo potrebbe portare ad un progetto comune di valorizzazione dei giovani: potremmo pensare ad una cantera, programmare bene il futuro e farli giocare in zona. Il sogno sarebbe quello di una regione ricca di realtà vitali con Brindisi come capofila del movimento».

– Da ex presidente di Lega Basket come giudica il nuovo progetto delle licenze?

«E’ un processo dal quale bisogna passare se si vuole rendere più attrattivo il nostro campionato. In questo momento così difficile dare regole più restrittive in un mondo che sta pagando dazio in assenza di introiti da ticketing può essere complesso; forse serve un percorso più lungo per arrivare al compimento definitivo del progetto. Quel che preoccupa di più è la mancanza di certezze sul format e sui ripescaggi eventuali: cambiare regole troppo spesso penalizza il basket, il calcio è bello perchè da 50 anni ha le stesse regole, e quando tu investi sei certo che agisci in un contesto garantito».

– L’attualità fotografa una Brindisi capolista, ma il futuro del club passa attraverso la nascita del nuovo impianto?

«Due anni fa, alla fine di un’annata storica con la finale di Coppa Italia e il quinto posto, mi ero già preparato il discorso per annunciare il mio addio, perchè portare avanti un progetto del genere a Brindisi è difficile. Invece dall’amministrazione comunale su idea del presidente della Regione è nata la possibilità di creare una nuova casa attraverso fondi europei e un accordo di programma tra le due istituzioni. A quel punto abbiamo fatto una riunione di programma e abbiamo deciso di ripartire: il progetto sarà sostenibile soltanto avendo una struttura polifunzionale come la futura New Arena, che con i suoi 7mila posti sarà la casa del basket ma potrà ospitare anche eventi come la finale di Coppa Davis o gli spettacoli dei migliori cantanti internazionali e manifestazioni politiche e culturali».

– Insomma la New Arena sarà il vostro Juventus Stadium?
«Il modello è quello, per riuscire a generare introiti grazie ad una struttura che avremo in gestione per 40 anni. Una forma di autofinanziamento attraverso l’impianto, ma anche per qualificare il titolo: il club avrà il diritto di serie A, ma anche la certezza a lungo termine per amministrare una struttura virtuosa che aiuterà a sostenere il basket attraverso i ricavi che potrà produrre».

Fonte: Lega Basket.