Lele Molin, nuovo head coach della Dolomiti Energia Trento dopo gli anni da assistente, protagonista su l’Adige.
SULLA CHIAMATA
«Dal club ho sempre avuto segnali di stima e credito. Nessuno avrebbe voluto vivere quanto accaduto domenica sera e io stesso stavo soffrendo per la situazione. Quando ho parlato con Salvatore Trainotti e mi ha detto che la mossa della società non era una reazione emotiva, ma una decisione meditata, ho chiesto qualche ora per pensarci. Non dico che sapevo cosa sarebbe successo ma, insomma, un po’ mi aspettavo questa proposta».
SUI MOTIVI DEL SI’
«Due aspetti. Da un lato sapere che quelli “mollicci” e confusionari che si vedevano in campo non eravamo noi. Dall’altra il fatto di avere delle persone nel club chi mi danno fiducia e che si sono poste come componente attiva nel tentare di cambiare le cose».
SU NICOLA BRIENZA
«Forse avrei potuto fare qualcosa in più per aiutare Nicola. Trento è una società modello, in cui un allenatore può esprimersi al meglio, ma è anche un club esigente: non è semplice confrontarsi con un ambiente così. Se ho un’amarezza è quella di aver sottovalutato i tempi in cui un coach giovane, che è un amico, poteva digerire questa pressione. Non voglio trovare alibi, ma venire dopo Buscaglia non era facile».
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