Daniele Labanti firma sul Corriere di Bologna l’editoriale dal titolo: «Abolire il protezionismo che affossa l’Italbasket».
Leggiamo: «Nel basket la seconda decisione da prendere è togliere il protezionismo per gli italiani in serie A. Dal 1996, quando la Sentenza Bosman ha cambiato lo sport in Europa, nel basket esiste un tetto agli stranieri per garantire spazio ai giocatori italiani. Dopo varie formule (dal 2001: due extracomunitari e quattro comunitari, poi quattro extra e due comunitari, cinque stranieri senza vincolo di passaporto, divenuti sei con l’allargamento del roster a dodici giocatori) si può dire che questa normativa sia stata un fallimento: i risultati della Nazionale sono andati in picchiata, molti procuratori hanno ingrassato i loro portafogli e atleti mediocri hanno guadagnato più di quanto meritavano, drogando il mercato».
«Se è vero che nessun allenatore tiene un ottimo giocatore in panchina, bisogna problematizzare la giustificazione: nel basket e nel calcio non ci sono pochi italiani perché giocano troppi stranieri, bensì ci sono tanti stranieri perché mancano gli italiani competitivi. E questi si formano da ragazzini: è lì che bisogna lavorare, proteggere, investire. In queste discipline non basta il generico “coraggio” di lanciarli: occorrono denaro, programmazione, strutture, nuova visione dirigenziale, istruttori preparati, sacrifici in palestra. Una rivoluzione culturale che il nostro sport, intriso di interessi particolari, ha sempre mal digerito. E che molti ragazzini italiani, prodotto di questo tessuto sociale, forse non sono più disposti a interpretare».
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