Torna il punto di Sportando su LBA Serie A, al seguito di un decimo turno che ha fornito molto di cui parlare.
L’esonero di Meo Sacchetti
Fine avvilente, quanto inevitabile, di un rapporto. Banalità vuole che sostituire un allenatore sia più semplice di dodici giocatori, ma a ben vedere anche un portafogli non avrebbe visioni molto differenti.
Meo Sacchetti ha scelto la via del silenzio dopo aver sfoderato la “bacchetta” dal primo giorno, a conferma forse di un rapporto mai nato con la squadra, di una distanza.
Già, la distanza. Non ci spingeremo sui pericolosi terreni percorsi dal Corriere di Bologna di oggi, non sta a noi farlo, però la sensazione è che la società stessa abbia operato poco, o quanto meno non a sufficienza, per colmare quella distanza.
L’interventismo dei tempi dell’addio a Antimo Martino pare cosa di secoli lontani rispetto al silenzio di oggi (o a qualche storia condivisa su Instagram, al massimo), perpetrato anche nel drammatico dopo-gara di sabato. Qualcuno parlerà nel «Dalmonte-Day», ma l’era Sacchetti serva da insegnamento.
La rabbia di Jasmin Repesa
«Siamo più compatti e sappiamo reagire»
«Vuelle, vogliamo proseguire la striscia»
«Bello vedere la Vuelle così tanto in alto»
«Delfino e tanta euforia, Vuelle tra le prime otto»
I tifosi ci credono: «Un bel gruppo, non soffriamo più»
«La Vuelle vola su tutti i fronti, ma senza pubblico è difficile»
«Siamo pronti a ripartire»
«Vuelle a Treviso con un occhio alla Final Eight»
Questi alcuni dei titoli sulla stampa locale pesarese nell’ultima settimana. Opinioni? Nessuna, ma se Jasmin Repesa tuona: «Forse si crede di essere tornati ai tempi della vecchia Scavolini», evidentemente il riferimento è anche a questo.
Il Beli Day mancato
Qualche frecciata alla Virtus Bologna dalla stampa nazionale per il «Beli Day» mancato. Un riferimento, giusto precisarlo, non alla decisione di Sale Djordjevic, più che legittima, quanto alla mancata comunicazione “di assenza” per un evento nato spontaneamente e non celebrato.
Posizioni da rispettare, ma viene da chiedersi se in fin dei conti l’evento, per definizione collaterale alla gara in sé, non sia andato in scena ugualmente. E se oggi al nostro basket non serva la sostanza, più che il contorno.
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