In questo momento, confessando di sentirsi ancora un atleta, non un ex giocatore, a 38 anni di età, Kruno Simon gioca a basket in una squadra minore di Zagabria, ma siccome non è abbastanza gioca anche a calcio in una squadra ancora più… minore, “siamo in quinta divisione”, sorride. Simon aveva talento anche come calciatore, estro, fantasia, creatività. Le stesse che mostrava sul campo di basket. Per il resto oggi attende di decidere cosa fare da grande, accanto sempre al suono della palla che rimbalza come dice lui. Riguardando agli ultimi otto anni di carriera pensa che non avrebbero potuto essere più belli, così belli “che non sono sicuro di essermeli meritati, proprio come questi riconoscimenti individuali”.
Kruno Simon: cosa sapevi dell’Olimpia Milano quando sei arrivato qui nel 2015?
“Avevo sempre sentito parlare bene di questo club ed ero entusiasta di farne parte. Ho avuto la percezione fin dal primo secondo che si trattava di una grande società e che avrei vissuto in una città in cui sarei stato felice. Alla fine, sono rimasto solo due anni, ma la mia impressione fu molto buona e fu anche molto corretta. Sono stato bene dal primo all’ultimo secondo. Per me resta uno dei più grandi club d’Europa”.
Ti volle Coach Repesa.
“Credo sia stata una delle prime cose che ha fatto a Milano. Mi ha chiamato perché sapeva cosa avrei potuto dare alla squadra. E’ stato una delle ragioni del mio arrivo, ma anche quando andò via avevo la speranza di poter rimanere. Non ero legato a lui. Speravo di poter giocare ancora nell’Olimpia. Ma lo sport è così. Quando arriva un nuovo allenatore vuole fare le sue scelte. Così dovetti andarmene. Poi se guardi a come è stata dopo la mia carriera direi che non mi è andata male, ma quando me lo comunicarono fu un momento triste per me. Fu triste per mia moglie. È stato triste per tutti lasciare l’Olimpia e Milano”.
La prima stagione cominciò con qualche problema, la svolta ci fu più avanti.
“Fu una stagione strana, credo che avessimo una squadra migliore di quella che sembrava in campo. All’inizio perdemmo la Supercoppa a Torino contro Reggio Emilia. Non cominciammo bene, ma poi a metà stagione ci furono dei cambiamenti. Arrivarono alcuni giocatori nuovi a partire da Mantas. Sfortunatamente, andammo male in Eurolega, ma in Coppa Italia e in campionato giocammo bene. Penso sia stata una bella stagione, abbiamo vinto due trofei e così corretto la delusione per non essere entrati nelle Top 16 di Eurolega”.
In finale contro Reggio Emilia fu tuo il canestro dello scudetto.
“Per me fu il primo campionato vinto in carriera a parte uno conquistato a Zagabria. Avevo 29, 30 anni. Fu speciale. Poi battemmo Reggio Emilia che allora aveva una grande squadra, giocatori di talento e giocavano in un campo in cui era durissimo giocare. Vincemmo in Gara 6 ma le due precedenti partite a Reggio Emilia le perdemmo. Era una partita cruciale perché in una Gara 7 non sai mai cosa possa succedere. Ho visto accadere cose strane nello sport. Fu importante per me, per il club e segnare il canestro dello scudetto naturalmente fu bellissimo”.
Olimpia Milano Hall of Fame New Member
Kruno Simon 4⃣3⃣
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La seconda stagione cominciò con la Supercoppa vinta a Milano. Kruno Simon fu l’MVP di quel torneo.
“Giocammo qui a Milano, giocammo bene, tutto il weekend. Per me e la squadra fu il modo migliore di entrare nella nuova stagione. Il mio livello di fiducia era al top. Ero reduce da un buonissimo torneo olimpico a Rio de Janeiro, ero felice di essere ancora in Italia. E’ stata una grande, grande vittoria”.
In quella stagione tanti infortuni misero in difficoltà la squadra soprattutto nei playoff, forse anche la possibilità per te di rimanere ancora.
“Ero un pezzo importante di quella squadra. Quando un giocatore chiave è fuori è normale che cominci a chiederti quando tornerà, in quali condizioni, quali problemi abbia. Mi sono infortunato diverse volte, ho avuto strani problemi alla schiena. Ho tentato di ritornare cinque volte e tutte e cinque le volte mi sono fermato di nuovo. È stato frustrante, perché volevo giocare, è sempre duro stare fuori. E poi è vero la società a fine stagione guardandomi ha pensato che non dessi garanzie di essere al 100% in salute. Lo capisco, succede sempre. Hanno pensato di portare gente nuova, più affidabile, è quello che è successo a me. Io stesso non sapevo cosa sarebbe successo, anche io ero preoccupato per gli infortuni. Poi come ho detto alla fine è andata bene, ma in quel momento ero deluso e incerto su quello che ci sarebbe stato nel mio futuro”.
Alla fine, che ricordi hai di un periodo in cui l’Olimpia ha portato a casa quattro trofei consecutivi in Italia?
“Penso che l’Olimpia dovrebbe essere sempre al top anche in Europa. In quei due anni non ce l’abbiamo fatto e questo mi rattrista. Ma ho sempre giocato con passione, avevo un legame speciale con i tifosi, mi piaceva, mi divertivo. Se mi chiedi come valuto i miei due anni a Milano dico che sono stati due dei migliori della mia vita. Dopo sono andato all’Efes, ho vinto tanto e ho un legame speciale con quel club. Ma dopo otto anni, guardandomi alle spalle, dico che sono stati due anni belli, individualmente, dentro e fuori del campo. L’ho sempre detto, mia moglie è sempre stata felice qui, la nostra prima bambina è nata qui. Ho sempre avuto e sempre avrò un rapporto speciale con Milano”.
Da lontano ti abbiamo visto fare cose incredibili con l’Efes.
È stato come trasformare un sogno in una realtà. Trascorrere la parte finale della carriera ai livelli più alti, vincere l’Eurolega due volte è qualcosa di indescrivibile soprattutto se penso che la partenza fu negativa. Nessuno ricorda che nel mio primo anno finimmo ultimi. Poi è arrivato Coach Ataman, ha cambiato tantissimo, tenendo solo tre giocatori. Sono stato fortunato: ero uno di quei tre. Già dal primo allenamento potevo capire che le cose sarebbero state diverse, ero circondato da giocatori incredibili, tra i migliori della lega. Mi hanno fatto sentire bene in campo, è stato divertente giocare con loro, aiutarli, migliorare giorno per giorno. E siamo andati subito in finale perdendo contro una grande squadra come il CSKA Mosca, ma poi non ci siamo più fermati. Quando interruppero la stagione per il Covid eravamo al top, poi abbiamo vinto due volte, nelle mie due ultime stagioni. È incredibile, come ho detto abbiamo trasformato un sogno in realtà”.
Cosa c’è nel futuro di Kruno Simon?
“Oggi non lo so ancora, sono ancora fresco di carriera, anzi penso tuttora di essere un giocatore. Resterò nel basket, perché è ciò che so fare meglio, che mi diverte, non so se da allenatore, da manager, da agente, assistente, allenatore individuale, non lo so. Ma voglio rimanere vicino al campo, vicino alla palestra, sentire la palla che rimbalza. E’ la mia vita, è l’unica cosa che mi diverte davvero”.
L’Efes ha ritirato il tuo numero 44, l’Olimpia ti ha inserito nella Hall of Fame.
“È difficile descrivere cosa provo, alle volte ho come la sensazione di non meritarmelo. Non può accaderti nulla di più bello nella tua carriera. Quando chi ti ha dato una chance ti mette lassù, su un muro, o ritira la tua maglia come hanno fatto a Istanbul. Sono i riconoscimenti più belli che puoi ricevere in carriera. Significano che hai lasciato un bel ricordo non solo in campo ma anche fuori. Mi piace pensare di avere avuto una parte nella storia dei miei club, ma comunque per me più di tutto è una sensazione fantastica”.
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