Il Lobito Juan Fernandez, decisivo nel successo di Reyer Venezia con Trapani Shark, racconta l’ultima fase della sua vita a Tuttosport.
«In realtà non c’è stato un solo motivo specifico, ma una serie di cose a livello professionale e personale che si sono accumulate lungo il tempo e che non sono riuscito a gestire. Piano piano mi hanno portato senza accorgermi in un posto dove non stavo bene. E in quel momento non vedevo alternative a fermarmi e cercare di capire un po’ meglio lontano dalla pallacanestro a come lavorare, cosa fare per andare avanti»
«Mia moglie è cresciuta in America, abbiamo sempre pensato di viverci una volta che avessi finito di giocare, quindi ci siamo trasferiti in Florida, tutta la famiglia Per i miei figli che ora hanno 7 e 9 anni è stato un cambiamento grosso per lingua, scuole, un’altra cultura. Però alla fine le preoccupazioni sono un po’ più nostre che dei bambini»
«Stavo lavorando in una industria, fuori dallo sport. Poi mi è venuta la curiosità di capire che posto occupasse nella mia vita il basket, quale fosse il mio rapporto. Allora ho iniziato a lavorare come allenatore di basket in un’accademia in Florida, per un anno. E verso fine stagione, anche attraverso questi ragazzi, ho ritrovato la sensazione di gioia nel gioco. E attraverso conversazioni con gli altri allenatori e la famiglia, ho sentito di avere ancora un po’ di tempo dentro di me come giocatore e di poter tornare per chiudere poi la porta in un altro modo, più sano e pacificato. È stata la scelta giusta». Ed è stata subito Venezia. Volevo capire come avrebbe reagito il mercato al mio ritorno: si sono fatte avanti squadre di A2 e poi Venezia. A quel punto è stata subito la mia priorità. Avevo voglia di mettermi alla prova»
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