Italbasket, Niang: “Non voglio avere rimpianti”

Italbasket, Niang: “Non voglio avere rimpianti”

Saliou Niang dell'Aquila Trento ha parlato ai canali ufficiali della FIP riguardo il suo esordio con l'Italbasket ed il futuro.

Il primo quarto di Italia-Ungheria è stato un antipasto fedele al menu servito al PalaCalafiore: dieci minuti tosti, fisici, da battaglia contro i magiari arrivati a Reggio Calabria con l’obbligo di una vittoria che sarebbe valsa EuroBasket, vittoria islandese contro la Turchia permettendo. A trenta secondi dalla sirena della prima frazione, Nicola Akele commette il suo secondo fallo.

(FIP)

Dalla panchina si alza il numero 20. Due cifre insolite se abbinate, pensando al recente passato della Nazionale. Da quando non è stato più obbligatorio indossare dall’1 al 15 sulla schiena, il più rappresentativo ad essere associato a questo numero è stato Andrea Cinciarini, nelle edizioni 2015 e 2017 di EuroBasket. Nella prima uscita nel cammino di qualificazione verso il Mondiale 2023, anche Mattia Udom l’aveva sfoggiato in occasione del suo debutto in Azzurro.

Con 32.8 secondi sul cronometro, Saliou Niang si prende diversi applausi dagli spalti. Si avvicina all’area di competenza difensiva degli Azzurri, vista l’imminente rimessa ungherese. A dargli un cinque d’incoraggiamento ci pensa capitan Alessandro Pajola, anch’esso debuttante in una partita di qualificazione ad EuroBasket, contro l’Estonia a Tallinn nel novembre 2020.

A seguirlo, allungano il braccio anche Grant Basile e Dame Sarr. Veramente strano il mondo: fino a qualche mese fa, prima della trasferta al Laugardalshöll di Reykjavik e dell’abbraccio reggiano del PalaBigi di fine novembre, anche loro sognavano delle prime volte azzurre. Ancor più strano pensare al fatto che nei piani di Gianmarco Pozzecco anche lo stesso Niang non avrebbe dovuto attendere la seconda finestra di qualificazione della stagione per i suoi primi passi in Nazionale.

“Quando mi hanno chiamato a novembre, me lo aspettavo. Ero molto carico e felice. Poi è arrivato quell’infortunio,” ricorda il classe 2004 in merito a una fastidiosa distorsione alla caviglia rimediata contro Pistoia la domenica precedente al raduno autunnale. “All’inizio mi avevano detto che sarei riuscito a recuperare, e poi si è scoperto che non era così,” aggiunge.

Poteva essere un gran bel rimpianto. E invece, quella vissuta domenica 23 febbraio per Saliou Niang “è stata un’emozione grande,” una serata che aspettava da tanto. “Un giorno che ho sempre sognato. Sinceramente volevo dare un contributo più grande alla squadra, ma allo stesso tempo era una prima volta. Forse mi son fatto un po’ prendere dall’emozione,” aggiunge con smorzato orgoglio.

Avanzare guardandosi indietro

Da quel doloroso mancato debutto in Nazionale al telefono che ha squillato con “Gianmarco Pozzecco” sullo schermo a febbraio, ne sono successe di cose per Saliou. Ha vissuto una serata storta alla fase finale Next Gen Cup 2024 dopo aver dominato tutto e tutti qualche mese prima, ha continuato a guadagnare esperienza in Serie A ed EuroCup, ha vinto una Final Eight di Coppa Italia.

Niente di che, insomma. “Io ho continuato a fare il mio, ho continuato a lavorare con Trento, a crescere, e ora mi ritrovo qua,” diceva a poche ora dall’ingresso in campo al PalaCalafiore. Si ritrovava a Reggio Calabria dopo alcuni giorni che definire folli sarebbe limitante: ingranaggio fondamentale nella Trento di Paolo Galbiati, non ha fatto in tempo a festeggiare il primo titolo nella sua carriera da professionista – e il primo ai piani alti per i bianconeri – che si è imbarcato per un’altra sfida.

Qualche linea di febbre hanno rischiato di spostare le lancette dell’orologio ancor più in là. Chissà, magari per qualche amichevole pre-EuroBasket, o proprio in una delle sedi per la fase a gironi del torneo più atteso dell’estate, tra Lettonia, Finlandia, Polonia e Cipro. Invece, non c’è stato bisogno di mordersi troppo la lingua: il numero 20 con “Niang” sul retro della maglia azzurra era in campo.

“Sono dispiaciuto per la sconfitta, ma esordire e vestire la maglia azzurra è comunque bellissimo. Ho cercato di capire cosa servisse per dare una mano alla squadra, a maggior ragione con persone con cui non avevo mai giocato. È stata un’esperienza che mi aiuterà più avanti.” Tutto fa brodo.

Il turbinio di emozioni vissute da Saliou Niang nel febbraio 2025 è uno di quei regali che l’anno nuovo sembra farti quando cerchi di prometterti fedele ai buoni propositi, e visti i risultati non si può dire che l’ala italiana con origini senegalesi non si sia sforzato per guadagnare karma positivo. Al suo primo tentativo alla Final Eight di Coppa Italia, un torneo tanto intenso quanto imprevedibile e spietato, ha chiuso alzando sia il trofeo che il premio di Miglior Italiano. Senza aspettarselo.

“Non mi aspettavo molto di fare così bene, sinceramente. Ma alla fine sono partite secche: se non dai il massimo non va bene. In partite del genere devi solo dare il massimo perché, se sbagli, torni a casa. Rischi solo di avere dei rimpianti, e non è bello,” dice. La sottolinea con fermezza, questa cosa: Saliou Niang odia i rimpianti. E se ha un obiettivo per ciò che verrà, è non averne.

“Quello che voglio è arrivare alla fine della mia carriera senza rimpianti: lo dico sempre. Vorrei dare il mio massimo per poi guardarmi indietro ed essere consapevole di aver dato il massimo. Ho giocato in Serie C? Bene. Ho giocato in Serie A? Bene. Ho debuttato in Nazionale? Bene. Sogno di giocare in NBA, ma se non dovessi arrivarci e raggiungere “solo” l’altro sogno, che è giocare in EuroLega, senza avere rimpianti andrà bene ugualmente.” Fa 21 anni a maggio, sembra di sentir parlare un trentenne.

Difficile dire quale sarebbe stato il rimpianto di Saliou Niang nei giorni trascorsi a Torino. Uscire subito con Reggio Emilia, ai quarti di finale? O forse sprecare l’occasione in semifinale, a un passo da quaranta minuti da dentro o fuori. Oppure farsi il fegato amaro proprio in finale, partendo da sfavoriti ma consapevoli di non aver scritto la storia per pochi dettagli. Non se lo deve chiedere, per fortuna.

12.0 punti e 6.3 rimbalzi di media, energia, schiacciate, lungo nei quintetti small-ball e coltellino svizzero: ha fatto tutto. “Giochiamo un basket che penso sia perfetto per me, perché sono uno a cui piace correre, muoviamo bene la palla: è un tipo di pallacanestro veloce, che mi sta aiutando molto. [A Torino] mi sono ritrovato anche a fare un ruolo che non ho fatto sempre. Ma è andata bene, e mi sono trovato benissimo soprattutto con Quinn Ellis,” sottolinea. Senza rimpianti.