Ci sono serviti un po’ di giorni per metabolizzare tutto il bello della serata di Bologna.
La vittoria, certo, che è servita per rimettere in piedi una classifica deficitaria dopo il ko in Islanda, ma nei nostri occhi è rimasto soprattutto il sorriso diffuso dei 3.000 e passa del PalaDozza.
La sintesi? Il 60% di capienza, il 50% da tre, il 110% di voglia di stare insieme sotto un enorme ombrello Azzurro.
In giorni così complicati, tra la pandemia che ancora ci condiziona e la guerra che ci genera sgomento solo a nominarla, il pomeriggio di Piazza Azzarita ha rappresentato una boccata di ossigeno che per due ore ci ha alleggerito le mille difficoltà di un periodo complicato, anzi complicatissimo.
Non è stata una serata banale: la prima uscita di Ita Airways, che accompagnerà gli Azzurri in giro per il mondo nei prossimi anni, l’occasione per ricordare Franco Lauro, uno che alla pallacanestro e alla nostra Nazionale voleva un mondo di bene.
A bordo campo il “Naismith Trophy”, che si porterà a casa chi vincerà la FIBA Basketball World Cup 2023: è stato bello poterla accarezzare e chiederle di fare un selfie, sognando ad occhi aperti Pippo Ricci che la bacia a poi la passa a Nico Mannion.
Bologna non ha tradito neanche stavolta, come nel 2018 in occasione del fondamentale successo sulla Polonia: l’avversario non era insormontabile ma dopo lo scivolone in Islanda sulle spalle dei ragazzi di Sacchetti c’era un orango-tango travestito da vichingo, non una semplice scimmia. Al punto che il primo tempo è vissuto sul filo dell’equilibrio, prima che il PalaDozza spingesse gli Azzurri verso un successo mai in discussione dopo l’intervallo lungo.
Non c’era un posto vuoto, tra quelli disponibili per rispettare il limite di capienza al 60%, e non c’era un solo spettatore che non fosse felice di essere lì. Anche solo per ringraziare gli Azzurri per la splendida estate 2021. Anche solo per scacciare i cattivi pensieri. Anche solo per onorare l’etichetta di Basket City che Bologna si è guadagnata sul campo dalla notte dei tempi.
La Fortitudo sta lottando per non retrocedere, la Virtus era reduce da una Final Eight di Coppa Italia non esaltante, eppure al PalaDozza l’elettricità era tangibile.
E’ sempre stato così, all’ombra delle Due Torri. Sempre. Già dal 12 settembre 1956, quando la Nazionale inaugurò i legni del PalaDozza battendo la Polonia 70-54. Fino a quel giorno gli Azzurri avevano giocato in Salaborsa, quando erano stati ospitati da Bologna.
Un posto in cui ci si sente sempre a casa, se hai a cuore il Basket e la Maglia Azzurra.
Torneremo, Bologna.
Intanto, grazie per i sorrisi che ci hai regalato in una domenica di febbraio tutt’altro che semplice.
Il finale lo lasciamo a una tua Stella.
“Troppo sangue qua e là sotto i cieli di lucide stelle
Nei silenzi dell’immensità
Ma chissà se cambierà oh non so
Se in questo futuro nero buio
Forse c’è qualcosa che ci cambierà
Io credo che il dolore è il dolore che ci cambierà
Oh ma oh il dolore che ci cambierà
E dopo chi lo sa se ancora ci vedremo e dentro quale città
Brutta fredda buia stretta o brutta come questa
Sotto un cielo senza pietà
Ma io ti cercherò anche da così lontano ti telefonerò
In una sera buia sporca fredda
Brutta come questa
Forse ti chiamerò perché vedi
Io credo che l’amore è l’amore che ci salverà
Vedi io credo che l’amore è l’amore che ci salverà”
Henna, Lucio Dalla
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