Intervistato da “La Gazzetta dello Sport” e “Tuttosport” alla vigilia della sfida mondiale inaugurale contro l’Angola, Simone Fontecchio ha sottolineato con parole da leader il momento che sta vivendo il gruppo: “Sono contento di come la squadra è arrivata a questo appuntamento. Siamo pronti, abbiamo lavorato per un mese con la giusta intensità e penso che abbiamo creato dei buoni presupposti per questo torneo. La pressione? No, non percepisco questa sensazione. Sono felice che il Poz, lo staff e la squadra mi riconoscano questo ruolo e mi diano questo tipo di occasione per dimostrare il mio valore. Sono super orgoglioso di questo e farò di tutto per fare le cose giuste in campo e aiutare la squadra”.
Negli ultimi Europei ed Olimpiadi l’Italia si è fermata ai quarti di finale: “È normale che fare un gradino in più è il nostro pensiero, il nostro sogno. Credo sia giusto ma in questo torneo ci sono squadre molto attrezzate a cominciare dagli Usa quindi dovremo essere bravi e un pochino fortunati”.
Dopo una prima stagione in NBA abbastanza altalenante, questo Mondiale può essere il trampolino di lancio per Fontecchio: “Assolutamente sì. Ogni occasione per migliorare il proprio bagaglio tecnico e di esperienza è utile per la mia carriera. A questo torneo ci sono presenti più di 50 giocatori appartenenti a franchigie Nba. Nonostante qualche defezione importante, chi per infortuni chi per recuperare dopo una lunga stagione, mi fa piacere far parte di questo “contingente” e continuerò a lavorare per farne parte”.
Le prime impressioni su Manila come città? “Un caos incredibile invivibile, non si va nessuna parte con questo traffico. Però la gente è stupenda, ha questa cultura dell’accoglienza e della disponibilità straordinaria, son super fan della pallacanestro. Sarà un gran mondiale”.
La seconda annata in NBA sarà centrale per capire se ci sarà ancora spazio per lui oltreoceano: “Poi è il mio ultimo di contratto. Ma ho esperienza adesso, di questi tempi l’anno scorso non sapevo nulla, Mi aspettavo che sarebbe stata difficile, non così però. Sapevo che prima o poi avrei avuto spazio, ho lavorato, pazientato. Ero sereno, era tutto bello e nuovo, comunque mi aggrappavo a questo convinto che se mi avessero concesso spazio, avrei trovato continuità. il momento difficile è stato in dicembre e gennaio, anche infortunato. Ma sono contento di come è andata, me lo porto dentro”.
La NBA è un momento molto diverso dalle squadre europee e dai club nazionali: “Si vive la squadra in maniera completamente diversa, Si creano relazioni, però non è mai come quello che si viene a creare, nella Nazionale, tutti i giorni, le ore assieme. È più difficile creare legami forti. Però c’è davvero un bell’ambiente, molto professionale. E c’è tanto rispetto”.
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