Guglielmo Caruso è stato ospite della puntata di “Deejay Chiama Italia”, trasmissione radiofonica condotta da Linus e Nicola Saviano, partendo subito dal racconto della sua esperienza universitaria a Santa Clara, in California: “Ho fatto tre anni di college negli USA. Lì c’è un gran attaccamento alla propria università, non solo dal punto di vista sportivo. È una cosa di cui vanno molto orgogliosi. Ci sono molte differenze nel loro modo di giocare e all’inizio è stato difficile adattarmi al loro sistema e alle loro regole (come, ad esempio, lo shot clock a 30 secondi).
Entrambi i miei genitori mi hanno accompagnato la prima volta quando ho girato e visitato le varie università per capire quale scegliere, poi quando mi sono trasferito ufficialmente sono stato da solo. Ho scelto Communication, simile a Scienze della Comunicazione ma un po’ più ampio. Loro vogliono che tu completi gli studi ma sanno che da sportivo possono presentarsi delle occasioni quindi ti danno comunque la possibilità, nel momento in cui firmi un contratto pluriennale da professionista, di ritornare al college e finire gli studi. Hai, se non sbaglio, dieci anni a disposizione dal momento in cui vai via e la borsa di studio rimane attiva in tutto quell’arco di tempo. In base ai credits, direi che a me mancano 3-4 esami quindi magari volendo un’estate o due, appena potrò, andrò lì per darli perché sarebbe un peccato non terminare il percorso. Le amicizie al college sono quelle che ti rimangono di più. Qualcuno di loro ha fatto strada? Si, c’è Jalen Williams, un ragazzo del 2001 che adesso sta facendo molto bene in NBA, e poi Josip Vrankic (il mio migliore amico ai tempi) che gioca in Italia, a Ravenna, in A2, sfruttando il suo passaporto croato.
I genitori di Guglielmo Caruso geneticamente alti e questo fatto lo ha poi instradato verso il basket:”Mio padre è alto 1.92-1.93, mia madre supera l’1.80 ma da buon napoletano quale sono ho iniziato subito col calcio. Avevo sempre il pallone tra i piedi, poi crescendo d’altezza ho conosciuto ragazzi che giocavano a basket e quindi, anche spinto da mia mamma (lei, più di mio papà, ha un passato sportivo ma nessuno dei due aveva mai giocato a pallacanestro), mi sono affacciato a questo sport. Da lì mi sono appassionato e ho capito che potevo anche farlo diventare un lavoro“.
Caruso ha anche parlato di quello è secondo lui il suo punto di forza: “Sono un lungo atipico meno grosso e un po’ più agile e tecnico”.
Il centro dell’Openjobmetis ha anche raccontato cosa c’è dietro al suo numero 30: “Da piccolo era uno dei pochi numeri disponibili, anche perché andavano in base alla taglia. Quindi o XXL o niente (ride, ndr).
Infine, Caruso ha raccontato di come procede la sua vita a Varese: “È una piazza piena di storia, dal punto di vista della città ne sono rimasto sorpreso perché si vive bene e c’è tanto calore e affetto”.
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